la Repubblica, 26 marzo 2024
Sulla strada d’Europa il cammino azzurro lo decide la Spagna
Delle quattro nazionali che nel nuovo secolo hanno fatto bene, soltanto quella campione del mondo nel 2006 conteneva campioni in quantità: da Buffon a Cannavaro, da Pirlo a Totti e Del Piero, gli azzurri di Marcello Lippi erano fra le squadre di maggiore qualità complessiva. L’impresa di Cesare Prandelli, che a Euro 2012 raggiunse la finale, fu estrarre il meglio da due talenti lunatici come Cassano e Balotelli: gli riuscì per un mese soltanto, ma fu uno spettacolo. Quattro anni dopo, a Euro 2016, Antonio Conte costruì con pochissimo – il meno di sempre – un’Italia discretamente competitiva: se avesse passato la Germania ai rigori nei quarti, chissà. Roberto Mancini, infine, ha vinto nel 2021 superando quasi tutti i migliori: in partenza l’Italia non era accreditata di un simile cammino, ma il modo in cui quella nazionale seppe stare assieme colmò ogni lacuna.La morale di questi bei ricordi è che i bravi commissari tecnici sanno far lievitare le squadre, trasformandole in qualcosa di più della somma dei loro componenti. È quello che ci si aspetta anche da Luciano Spalletti, cui va riconosciuta una difficoltà supplementare, il minor tempo a disposizione – la sua è stata una chiamata d’emergenza – per assemblare il gruppo. Dopo aver prodotto la qualificazione senza spareggi, e non era scontato, Spalletti ha avuto i giocatori per questa settimana americana, alla quale aggiungerà una quindicina di giorni prima dell’Europeo. Ogni esperimento, riuscito o meno, risulta quindi prezioso perché gli indica la direzione in cui muoversi in relazione alle ore di lavoro che potrà metterci. Soltanto lui può valutare se la costruzione dal basso, nefasta nel primo tempo col Venezuela, possa raggiungere un grado di sicurezza sufficiente entro il 15 giugno, data del debutto con l’Albania. E la sua risposta sul tema – «costruzione dal basso sì, ma non fino all’incoscienza» – è un modo per prendere tempo, perché il limite verrà fissato appunto dagli allenamenti. Le lezioni americane sono servite a promuovere alcuni singoli: Bellanova e Vicario sono stati debuttanti convincenti, Retegui ha fatto uno scatto deciso verso la maglia di centravanti, a Pellegrini è riuscito anche in azzurro il salto di qualità ammirato nella Roma, abbiamo rivisto la versione lussuosa di Jorginho e Zaniolo ha riempito di cose – tutte buone tranne il tiro in porta – le sue partecipazioni. Più in generale l’Italia ha un ottimo trio di centrocampo, perché a Barella e Pellegrini può aggiungere il redivivo Jorginho (in mancanza di Tonali, che sarebbe stato il terzo elemento). È la nostra forza, alla quale va aggiunto il totem Donnarumma e l’efficacia dei difensori laterali. E qui tocca parlare di modulo, perché se è vero che l’atteggiamento più o meno offensivo decide l’intonazione della squadra, una cosa sono Di Lorenzo (o Bellanova) e Dimarco terzini di una difesa a quattro, un’altra esterni di uno schieramento a cinque. Nella prima opzione, l’Italia aggredisce. Nella seconda, è più probabile che riparta. È saggio quindi che Spalletti sviluppi sia il 4-3-3 sia il 3-4-2-1: per quanto i moduli siano fluidi, la differenza consiste tra un difensore centrale e un attaccante laterale, e non è la stessa cosa. Correndo un po’ con la fantasia immaginiamo un modulo per cercare il vantaggio e un altro per conservarlo, ma le sfumature tattiche sono infinite. Decrittando le parole del ct, il gruppo per l’Europeo è questo, con un paio di aggiunte al massimo (Calafiori, Cristante, forse un altro Under) e l’incognita Scamacca, che non è ben chiaro se sia stato rimandato oppure bocciato.Una valutazione onesta sul valore di quest’Italia vede nei quarti di finale le colonne d’Ercole della spedizione. Fermarsi prima sarebbe deludente, arrivare fin lì è il traguardo più realistico, oltrepassarli sarebbe un risultato eccellente. E qui sarà bene cominciare a studiare il tabellone a eliminazione diretta, perché non è bilanciato. Francia e Inghilterra, favorite con parecchio margine sulle altre, in caso di (probabile) vittoria nel girone sono destinate allo stesso lato del tabellone, che è tennistico e dunque una volta qualificati si conosce il proprio percorso sino alla finale. Da quella parte andrà la seconda del girone contenente gli azzurri. Il che significa che se a Spalletti riuscisse il colpo di vincere il gruppo, il cammino ne sarebbe molto agevolato. La partita chiave diventa quindi Italia-Spagna del 20 giugno a Gelsenkirchen, secondo match del nostro calendario. Dando per scontato che gli azzurri battano l’Albania nella prima gara – non per mancanza di rispetto, ma senza quei tre punti non ha senso fare calcoli – una seconda vittoria sarebbe un jackpot col quale controllare il terzo match, con la Croazia. La Spagna, che secondo i bookmaker è la terza favorita, se ne andrebbe dal lato forte con le prime due, e tanti saluti. Successe più o meno nel 2016: guerre stellari tra Francia, Germania, Italia e Spagna dalla stessa parte, e Portogallo in finale dall’altra (e poi campione) dopo aver liquidato Croazia, Polonia e Galles. Se di ciascun girone prendiamo le tre nazionali meglio piazzate nel ranking Fifa, il nostro B è di gran lunga il più impegnativo (Spagna 8, Italia 9, Croazia 10, totale 27): seguono il D (Francia 2, Olanda 6, Austria 25, totale 33) e il C (Inghilterra 3, Danimarca 21, Serbia 32, totale 56). Vincendo il girone possiamo immaginare Ungheria o Scozia negli ottavi e Germania nei quarti: i tedeschi hanno appena vinto in Francia riguadagnando consensi, ma restano la cruna dell’ago più larga da passare per andare a Berlino. Se arriviamo secondi la strada pare scritta: Svizzera negli ottavi, Inghilterra nei quarti. Un terzo posto qualificante (quattro gironi su sei promuoveranno anche la ruota di scorta) potrebbe voler dire Portogallo e poi Olanda, ma qui prevedere confina con indovinare. Battiamo la Spagna, e poi godiamoci il panorama.