La Stampa, 26 marzo 2024
La scalata delle donne Capriati tra usura, spaccio e minacce
Dodici luglio 2001. Largo Amendoni, Bari vecchia. La mamma di Michele Fazio, 16 anni, aspettava il figlio adolescente a casa con la pizza in forno. Michele lavorava già in un bar, frequentava le scuole serali per non abbandonare gli studi: non voleva tradire le attese del padre Pinuccio, ferroviere emigrato per lavoro in Lombardia, su di lui. Era in ferie quel giorno, Michele. Alle 19 era passato a casa della mamma: le aveva dato l’ultimo bacio. Poi era uscito con gli amici sul lungomare. L’ultimo messaggio del giovane è alle 22.40: «Sto arrivando, apparecchia la tavola», scriverà. Poi, nei vicoli lastricati di bianco che si snodano attorno al dedalo di vicoli della città antica, si sentono 10 colpi in serie, rombi di motorini che si inseguono. Echi di pistole della faida di mafia tra i clan Strisciuglio e Capriati per il controllo delle piazze di spaccio. Michele si accascia per terra. È stato ucciso per sbaglio perché con quella storia di pusher e di rivalità tra gruppi di malavita non c’entra nulla. Né lui, né la sua famiglia. Uno dei killer lo dice urlando dopo aver capito che il proiettile sparato ha attinto alla nuca la persona sbagliata: «Sim accis o uagnon bun». Tradotto: «Abbiamo ucciso un bravo ragazzo».
Quattro anni di buio. Nel 2003 sul fascicolo si appone il timbro più doloroso per i familiari: archiviazione. Sembra finita senza giustizia, ma nel 2005 le indagini svoltano. Il commando che ha ammazzato il sedicenne per sbaglio è composto da Raffaele Capriati (considerato esecutore materiale) e Francesco Annoscia, all’epoca appena diciottenne. È quest’ultimo il figlio di Emanuella “Lina” Capriati, la donna al centro dell’intricata vicenda che scuote la politica di Bari dalla quale – secondo il racconto di Emiliano – l’ex governatore avrebbe portato il sindaco Decaro, anni fa, quando il primo cittadino rivestiva la carica di assessore, “per affidarglielo” dopo che qualcuno del clan gli aveva (così ricostruisce Emiliano smentito da Decaro) puntato una pistola alla schiena per le iniziative sulla viabilità e la riqualificazione di Bari vecchia.
Nel 2011 Annoscia scrive una lettera alla famiglia della vittima. Chiede perdono «per quanto possa valere». I genitori di Michele Fazio lo incontrarono in una località segreta e iniziano un tour nelle scuole per parlare di Michele che non c’è più. Scarcerato da anni, Annoscia è tornato a casa. L’altro killer, Raffaele Capriati, è uscito dopo 19 anni nell’agosto del 2022. Un tripudio: fuochi pirotecnici e video su Tik Tok. Una parente in un video – si legge su vecchi articoli on line – lancerà un avvertimento a chi decidesse di avvicinarsi a lui con intenzioni sbagliate: «Ti spenno come una gallina». E a ben vedere la storia delle donne della famiglia Capriati – ognuna non per forza con gradi di responsabilità penale – è però permeata da questi toni paramafiosi. Alcune di loro hanno anche retto il clan negli anni più bui – mafiosamente parlando – quelli, per intenderci, in cui gli uomini erano rinchiusi in carcere dalle ripetute inchieste della magistratura pugliese. Lo racconta una sentenza di Cassazione del 2010 datata 4 maggio 2011. A Bari vecchia le chiamavano le donne usuraie. In testa a questo “direttorio mafioso” declinato al femminile c’era la moglie del boss Antonio, Maria Faraone, cognata della Lina che oggi dice di non aver mai ricevuto a casa sua Emiliano e Decaro. Teneva la cassa del sodalizio perché il marito era ristretto in carcere dal 1991 condannato all’ergastolo.
Nel lungo elenco (dieci) di donne condannate finirono anche quattro sorelle. Si chiamavano Antonia, Domenica, Lucia e Nicoletta De Benedetictis, una famiglia considerata dagli investigatori il braccio contabile del clan. C’era ancora Grazia Spagnuolo, compagna di Giorgio Martiradonna, e Domenica Monti, figlia del boss Domenico. Lina non c’entra. Nel 2022 i giudici le hanno inflitto una condanna per furto. Ha dovuto pagare 300 mila euro per le spese processuali alla cassa delle ammende. Sui social gira una foto – pubblicata da Il Giornale – in cui il sindaco Decaro è a braccetto nel maggio 2023 con la presunta sorella del boss Capriati, tale Elizabeth, e una donna giovane. Il commento di un contatto social della donna, Vincent Capriati, recita: «Roba nostra».