il Fatto Quotidiano, 24 marzo 2024
Sul caso Juan Jesus
Ora che Juan Jesus, il brasiliano del Napoli finito nell’occhio del ciclone per l’ultimo caso di razzismo esploso nel calcio italiano (Acerbi dell’Inter gli avrebbe detto: “Vai via nero, sei solo un negro” per poi scusarsi a fine partita dicendogli: “Per me negro è un insulto come un altro”) sta diventando il mostro della situazione, un po’ come le donne vittime di violenza che “con la minigonna se la sono cercata”; adesso che per screditarlo le si tentano tutte, come riportare alla luce una sua denuncia fatta dopo un Brasile-Argentina del 2012 a proposito di Higuain che dopo un contrasto gli disse: “Vattene da qui neretto, vattene scimmietta”, come a significare che JJ è il piromane col vizio di appiccare incendi (leggi: scandali) non riuscendo a tenere a freno l’irresistibile impulso a salire sul palcoscenico; ora che la Gazzetta lo ha crocifisso senza pietà indicandolo al pubblico ludibrio (“Jesus ha sbagliato tre volte. La prima quando si è limitato a confessare all’arbitro il fattaccio, la seconda quando per stravincere da Re Magnanimo ha preteso di assolvere l’eventuale peccatore dopo averlo denunciato, alias nascondere la polvere sotto il tappeto nel nome della vecchia regola mafiosetta ‘sono cose di campo’. La terza quando ha raccontato nei social, evidentemente stizzito dalle reiterate negazioni di Acerbi, quello che avrebbe dovuto dire la sera prima davanti alle telecamere”); ora che non abbiamo perso l’occasione di riconfermarci il paese delle banane, è forse il caso di dire due cose in più sul conto di questo calciatore di 32 anni – o meglio, sulla persona – che è in Italia dal 2012 e ha vestito le maglie di Inter, Roma e oggi del Napoli, squadra con cui l’anno scorso ha vinto lo scudetto. Non per portare acqua al mulino della sua innocenza nel caso di cui si parla ormai da una settimana (c’è la Procura federale che indaga e sulla scorta di questa investigazione il giudice sportivo emetterà a giorni il suo verdetto), ma solo per far capire che uomo è, davvero, Juan Jesus, ammesso che a qualcuno interessi saperlo.
E per farlo, basta raccontare un episodio. Un episodio capitato recentemente, nel corso del campionato scorso, e passato del tutto inosservato perché alla gente – lo sanno tutti – interessa l’uomo che morde il cane e non il suo contrario. Davvero buffo però: perché quel che fece Juan Jesus costituisce in tutto e per tutto un’eccezione alla regola, purtroppo per l’umanità. Brevemente: è domenica 23 ottobre 2022, il Napoli di Spalletti ha appena vinto 1-0 in casa della Roma rafforzando ulteriormente il suo primato in classifica e la squadra ha raggiunto in pullman la stazione Termini da dove in treno farà ritorno a Napoli. Il clima è di grande euforia, si ride e si scherza. C’è un po’ di attesa da riempire in attesa della partenza e c’è chi telefona a casa, chi si dà allo shopping; tutti sono invasi dalla gioia della vittoria e non c’è spazio per altri pensieri. E però, qualcuno a un certo punto nota Juan Jesus staccarsi e defilarsi dal gruppo, scomparire per qualche minuto alla vista di tutti e riapparire di lì a poco tenendo in mano alcuni sacchetti ricolmi di cibo: che Juan, lontano da occhi indiscreti, ma non da tutti: c’è infatti qualcuno che lo riconosce e che lo filma – e il filmato gira ancora oggi nel web – va a distribuire ai senzatetto che ha notato entrando a Termini accatastati in ogni dove. Una busta a te, un’altra a te, un’altra ancora a te. Un minuto, poi Juan Jesus è di nuovo nel gruppo.
Domanda: se la Gazzetta l’avesse visto, quanti errori gli avrebbe rimproverato?