La Stampa, 24 marzo 2024
Dalai, assolto, parla delle motivazioni della sentenza, del ruolo della Mondadori e del suo prossimo libro
Ricevo oggi le motivazioni della sentenza del 21/12/2023 che dopo dieci anni dal fallimento della mia casa editrice, la Baldini Castoldi Dalai S.p.A. (BCDE), permettono di fare luce sulla sentenza di assoluzione dall’accusa di bancarotta fraudolenta con la formula più ampia “perché il fatto non sussiste”.Le venti pagine redatte dal giudice Ghinetti riportano la vicenda sulla terra e rendono finalmente intellegibile lo svolgimento degli accadimenti.Dunque si è perpetrata la cancellazione dal mercato editoriale italiano di una delle 10 più importanti case editrici del momento, con un forte ruolo di Mondadori, forte della sua posizione dominante (era anche il nostro distributore). La chiusura dei magazzini dei libri, circa 4 milioni di copie, ha influito in modo determinante sul fallimento, mentre a nostra insaputa Mondadori continuava a rifornire le librerie con i titoli BCDE.Sono vicende impensabili nel mercato editoriale mondiale, ma qui è potuto succedere anche questo, per via della poca tutela, del poco controllo e del silenzio dell’antitrust. Da consulente del ministro dei beni culturali ho fatto presente questa situazione di eccesso di posizione dominante. In tutto il mondo i processi editoriali e la distribuzione sono nettamente separati, ma pare che in Italia lo status quo vada bene a tutti, un plebiscito politico-istituzionale.Dunque a più di undici anni da quel 10 gennaio 2013, quando la valanga che ha travolto Baldini&Castoldi è diventata inarrestabile, la giustizia italiana ha fatto il suo corso, e io continuo a rileggere la frase: «Se questa riportata è stata la successione degli eventi non si può ritenere dolosamente dimostrata una condotta dell’imprenditore successiva al 31/12/2012 come contestato, avendo Alessandro Dalai proceduto con ragionevole sollecitudine e tempestività a cercare il salvataggio della società, se pure già in una situazione di tensione finanziaria e una congiuntura difficile per l’editoria nazionale».Questo ti ridà l’onore dei tuoi comportamenti di fronte a tutti, e mette a tacere quella fastidiosa e continua opera di calunnia posta in essere dai grandi facilitatori del fallimento. Quello che in sostanza è successo e che al di là delle dichiarazioni di circostanza e delle minacce di cause per diffamazione Mondadori sa bene, è che molto lucidamente i manager che la guidavano ai tempi hanno impedito la permanenza sul mercato di BCDE chiudendo il magazzino e impossessandosene, non permettendo ai curatori del fallimento di entrare nella valutazione qualitativa e quantitativa dello stesso, valutazione che si colloca tra i 3 milioni e i 5 milioni di pezzi, che esprimono un fatturato da 60 a 80 milioni di euro di fatturato a prezzi di copertina.Sono felice, affaticato e libero da un fardello falso e intollerabile. Le motivazioni sono chiarissime, altri hanno provocato il fallimento della BaldiniCastoldiDalai, altri spero verranno portati in tribunale per rispondere delle loro colpe. Io chiedo solo che chi ha sbagliato paghi, e che fatti del genere non si ripetano mai più.Ho passato questi anni in solitudine, con pochi affetti e nessun comprensione da parte di quelle persone con cui avevo rapporti di familiarità, men che meno dalla schiera di autori e collaboratori, che passati dalla casa editrice e soprattutto grazie alla casa editrice sono divenuti famosi, la riconoscenza non è di questa terra, la solidarietà men che meno. E poi è iniziato il revisionismo: io non avrei mai partecipato come amministratore delegato ed editore al rilancio dell’Einaudi, come pure Oreste del Buono e Piero Gelli: cancellati. Nella storia einaudiana, a sentire i revisionisti, non ci siamo. Lo stesso nella narrazione della nuova Baldini+Castoldi, quello che conta nella vita è aver fatto cose importanti, poi se fossero anche riportate sarebbe meglio, ma i revisionisti di solito muoiono sotto il ridicolo del loro scritti. Ho iniziato a scrivere il racconto della mia vita da editore, si chiamerà Io ti uccido. Il titolo me lo dovevo, anche come memoria storica di fatti e vicende che non voglio vadano persi, perché il mondo dei libri, tanto duro e ingeneroso, è anche, in fondo, bellissimo. —