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 2024  marzo 24 Domenica calendario

Bari secondo Lagioia. Il ministro sembra voler comunicare al mondo che sia una città soffocata dalla mafia ma dalla gestione Vendola in poi la Puglia è diventata tra i posti più attrattivi d’Italia

La folla che sabato scorso a Bari è scesa in piazza Ferrarese a sostegno del sindaco Antonio Decaro, in una bella giornata di primavera, soleggiata e ventilata (verrebbe da citare Tabucchi), arriva da lontano. Non rappresenta solo la città, e non rappresenta credo nemmeno solo la sinistra, ma ciò che è successo negli ultimi trent’anni in una regione, la Puglia, che ha saputo tirarsi fuori da un secolare cono d’ombra. Piatendosi non si aspettava una reazione simile. Le piazze sono un po’ l’incubo dell’attuale governo di destra, ma rischiano di diventare un cortocircuito per la stessa opposizione che le convoca se poi Michele Emiliano fa una dichiarazione come quella che ha fatto a proposito della sorella di Antonio Capriati, smentita dallo stesso Decaro.
Alessandro Laterza ha giustamente notato che l’iniziativa del ministro sembra voler comunicare al mondo che Bari è una città completamente soffocata dalla mafia e dalle organizzazioni criminali, «io da una parte posso rispondere che non lo so perché non faccio il magistrato», ha detto Laterza interpretando un pensiero diffuso, «se la domanda è se percepisco questa stretta criminale, io non la percepisco. E se mi si domanda se l’amministrazione comunale si è adoperata contro la criminalità, su questo non ho dubbi». Quello del ministro potrebbe essere un allarme a orologeria. E quindi il sospetto di mafia si confonde con quello di voler alterare da Roma l’esito delle prossime elezioni a Bari. Staremo a vedere. Ma come dicevo la folla di piazza Ferrarese viene da lontano.
A inizio Novecento la Puglia era la terra del “cafone all’inferno”, la storia riportata da Tommaso Fiore il cui protagonista era un bracciante che, dopo morto, andava all’inferno e lo trovava un posto più confortevole della masseria nel Tavoliere dove lui si massacrava di lavoro, sfruttato dai latifondisti. Negli anni Cinquanta Domenico Modugno da Polignano a Mare si fingeva siciliano perché l’idea di un artista pugliese la cui fama varcasse i confini regionali era poco contemplata dal resto degli italiani. Fino alla fine degli anni Ottanta, nella città vecchia di Bari (oggi centro turistico internazionale) non era possibile entrare senza venire rapinati, il Cep e Japigia (due quartieri cittadini) erano un supermarket della droga a cielo aperto.

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È cambiato quasi tutto. Bari e la Puglia sono diventati tra i posti più attrattivi del paese. In Valle d’Itria ci arriva un turismo tra i più sofisticati d’Europa. Il Salento ha un problema di gestione del successo. Taranto si prepara a rinascere in vista dei XX Giochi del Mediterraneo. Il prossimo giugno a Borgo Ignazia ci sarà il G7, una cosa inimmaginabile fino a pochi anni fa, e non è chiaro a questo punto se Meloni dirà a Biden di averlo portato tra la pace incantata dei trulli o in un romanzo di Mario Puzo.
Decaro ha fatto a Bari un lavoro molto importante, che buona parte della cittadinanza gli riconosce, e per cui gli è grata. Questa trasformazione è stata tuttavia innescata all’inizio – bisogna ricordarlo e riconoscerlo – da uomini politici come Nichi Vendola e Guglielmo Minervini, da intellettuali come Franco Cassano e Alessandro Leogrande, a cui (più o meno vicini, più o meno dissonanti a seconda delle stagioni) devono molto oggi sia Decaro che Emiliano. All’epoca, lo ricordo, si andò creando un movimento (esiste ancora? È così forte? Si è già disperso?) capace di prendere il meglio di un certo pensiero socialista (Giuseppe Di Vittorio), cattolico (don Tonino Bello), liberale (la stessa casa editrice Laterza), meridionalista (Gaetano Salvemini), imprenditoriale, con l’intenzione di scagliare tutto questo nel futuro.
Il lancio avanti è stato fatto. Ma a che punto di quel futuro siamo? In attesa di capire cosa dirà la commissione nominata dal Viminale, e quindi in attesa di comprendere se il ministro Piantedosi ha fatto un del suo potere più che spregiudicato, è questa la vera domanda da fare agli eredi di quella stagione.
Venuti al sole, cosa c’è dopo? Cosa saranno la Puglia (e Bari) nei prossimi anni? Qual è il progetto, la visione? Vogliamo per esempio trasformarci definitivamente in Puglia-shire, uno dei turistifici più oleografici e redditizi del Sud Europa? Oppure aspiriamo a diventare un laboratorio culturale, economico e magari politico a beneficio dell’intero paese, l’eccezione di cui l’Italia ha bisogno con urgenza? La gente scesa in piazza sabato scorso credo possa legittimamente aspirare a questa seconda strada.