la Repubblica, 24 marzo 2024
Il vino rosso piace meno del bianco
«Il vino è come un semaforo. Quando è rosso bisogna fermarsi». Alessandro Pipero, del ristorante stellato di Roma che porta il suo nome, uomo di sala e sommelier, con una metafora sottolinea che un grande rosso ha bisogno di uno stop, di una pausa perché merita tempo, riflessione, concentrazione. Va da sé allora che i vini bianchi siano percepiti come meno impegnativi e che riescano a mettere tutti d’accordo, complice anche una diffusa sensazione del bianco come di vino spesso più leggero e di minor gradazione alcolica. E il tempo non è solo quello della degustazione, ma anche quello che serve a una bottiglia per respirare. Un Barolo, solo per fare un esempio, ha bisogno di venir aperto 15-20 minuti prima per ossigenarsi. Al ristorante non sempre si ha la voglia di attendere.
Non stupisce che il mercato certifichi un vistoso sorpasso dei bianchi sui rossi. Dal confronto tra le tendenze del 2023 e quelle del 2019 si evidenzia in generale un calo dei consumi di vino dell’8%, con un vero e proprio crollo dei rossi (-15%). Peccato, perché sono proprio brand come Brunello di Montalcino, Amarone della Valpilcella o Barolo i simboli della produzione enologica. La crisi non riguarda solo gli italiani: anche i rossi francesi hanno subito una frenata del 15% nelle esportazioni e nei consumi interni. E gli americani sono meno rossisti che in passato. I dati dell’Oiv, Organizzazione internazionale della vigna e del vino, parlano dell’aumento del consumo globale di bianchi e rosati (rispettivamente del 10% e del 17%), registrando poi un boom degli spumanti, trainati dal successo del prosecco, in Germania, Stati Uniti e Regno Unito.
Il sempre maggior apprezzamento dei bianchi è confermato nell’alta ristorazione. Cristiana Romito, maître del 3 stelle Michelin Reale e general manager di Casadonna a Castel di Sangro, in Abruzzo, progetto che condivide col fratello chef Niko, testimonia come, mentre prima il cliente che voleva scegliere una grande etichetta pensava di default a un rosso, oggi sempre più facilmente opta per un bianco, «anche perché la proposta gastronomica è congeniale a sorsi di bella acidità e freschezza» e ilwine pairing (abbinamento) è quasi esclusivamente in bianco. «Peraltro la grande evoluzione delle tecniche di vinificazione –spiega Romito– fa si che oggi molti bianchi possano offrire struttura, complessità, longevità».
Certo anche i costi fanno la loro parte. Come dice Dominga Cotarella, dell’azienda vitivinicola Famiglia Cotarella e presidente nazionale di Terranostra (Coldiretti), «se la capacità di acquisto si è contratta, è chiaro che una bottiglia di Brunello non sia pertutti, mentre parlando di fascia alta i bianchi molto costosi sono più rari». Anche Cotarella conferma la tendenza alla ribalta dei bianchi, soprattutto degli spumanti: «Sì, sia in Italia sia sui mercati internazionali, per diversi motivi. Un po’ perché anche nel cibo si va verso sapori ed esperienze senza tante sovrastrutture. E poi perché si pensa ai bianchi come più leggeri e, se vogliamo, con meno calorie. In effetti nei rossi, ed è il loro valore, c’è una struttura tannica e polifenolica, mentre i bianchi giocano di più sulle acidità e quindi sulla freschezza». Anche se, sottolinea, il discorso vale per un pubblico mainstream, «mentre gli esperti continuano a mantenere un interesse più alto per i grandi rossi». Cotarella vuole puntare sempre più sulla formazione dei giovani, che bevono meno vino, non apprezzandone il valore culturale, e si indirizzano suspiritse birra.
Luca Cuzziol, amministratore unico di Cuzziol GrandiVini ha forte il polso della situazione in qualità di presidente di Excellence, che raggruppa 21 società e rappresenta 2500 aziende vitivinicole: «Cambiamento climatico e nuove abitudini nello stile di vita hanno trasformato in modo netto il mercato. Trent’anni fa si andava in osteria a bere un bicchiere di vino, per lo più rosso. Oggi la convivialità è un incontro per aperitivo o apericena e allora si comincia con una bollicina per poi proseguire con un bianco. Peraltro, i bianchi sono vini su cui c’è stato un grande sviluppo a livello di competenze e tecnologie». Inoltre, pesano le giornate sempre più calde. «Un marzo con 20-22 gradi – chiosa Cuzziol – porta più a bere un bianco servito freddo, che un corposo rosso».