il Fatto Quotidiano, 24 marzo 2024
Intervista a Debora Ergas (figlia di Sandra Milo)
Oggi (spesso) ci si definisce resilienti o sopravvissuti. Debora Ergas, rispetto a se stessa, preferisce il termine highlander, “immortale”, perché “non ho paura di niente; ho vissuto le botte, la povertà assoluta, la fuga da un regime, l’abbandono, i tribunali. Eppure nessuno mi ha mai abbattuto, anche grazie alla presenza di mamma”.
Debora Ergas è figlia di Sandra Milo e Moris Ergas, produttore di capolavori come Il generale Della Rovere e Adua e le compagne: rispetto alla madre non esiste (quasi) alcun “se” né “ma”; col padre, però, il vento cambia e gli aggettivi diventano improvvisamente dispregiativi (“Un uomo terribile. Mi ha sempre ripetuto: ‘Da grande diventa quello che vuoi, ma non attrice’”).
E lei?
Non avevo il sacro fuoco della recitazione, ma per dispetto ho partecipato a due tournée teatrali e a due film; (pausa) papà è stato uno dei più grandi produttori d’Italia.
Figlia con entrambi genitori sotto i riflettori.
Da piccolissima ci sono finita anche io: ero la famosa figlia contesa, in un Paese in cui non esisteva il diritto di famiglia. La legge è arrivata solo nel 1975.
E…?
Aggiungo: entrambi i miei erano già sposati, con matrimonio non annullato, quindi sul mio documento c’era scritto “figlia di Moris Ergas e di madre che vuole restare ignota”. Esattamente il contrario del Mater semper certa est. La vicenda è durata qualche anno.
Fino a quando?
Mamma scrisse una lettera aperta a Pietro Nenni, poi pubblicata su l’Avanti!; in quella lettera denunciava la situazione assurda e da lì venne fuori una realtà sottaciuta: tantissime donne vivevano la medesima situazione.
Sua madre un’eroina.
Conservava un biglietto di Nenni: ‘Come vede abbiamo approvato la legge. Non è perfetta. Ma come tutte le leggi è frutto di un compromesso’. Finalmente nel 1975 ho avuto una mamma ufficiale; (pausa) non ho mai amato mio padre.
Mai?
Lo considero un essere terribile, un vero dottor Jekyll e Mr. Hyde: di giorno, in pubblico, era il produttore osannato, scopritore di talenti, sorridente; in casa diventava di una cattiveria incredibile, ma non tanto fisica, piuttosto psicologica. Mi ripeteva: ‘Non combinerai niente. Sei stupida come tua madre. Per mantenerti al massimo potrai fare la puttana’; un giorno mi mise le mani addosso, avevo quattro o cinque anni, allora lo guardai e scandendo le parole replicai al suo gesto: ‘Non avrai mai la possibilità di vedermi piangere’. Così è stato.
A sua madre lo disse?
Mai, lo avrebbe ammazzato.
Da piccola ha vissuto il cinema?
No, stavo più con mia madre, poi lui era talmente cattivo che ogni tanto mi rapiva e nascondeva; (pausa) ero in Grecia durante il colpo di Stato dei colonnelli (21 aprile 1967) e mamma non sapeva dove sbattere la testa. Venne lì, scappammo di notte da Atene verso il Pireo e ci imbarcammo sull’ultima nave italiana. Tutta la traversata nascoste in una cabina, lei era famosa. A Brindisi eravamo senza una lira, tutti i soldi li aveva impiegati per il viaggio, quindi chiamò Ottavio De Lollis (futuro marito, ndr) che venne a prenderci.
Quando ha capito che sua madre era una diva?
Da subito, i fotografi erano sempre in casa, infatti ero gelosa e perciò mi destreggiavo tra i dispetti.
Tipo?
Mi truccavano, vestivano, sistemavano le luci e quando era tutto perfetto, al momento dello scatto, regalavo un’espressione tremenda.
È nata sotto i riflettori.
Mamma ha girato 8 e 1/2 incinta di me con nausee tremende per tutto il periodo; campava con due patate lesse al giorno, obbligata a continue pause. Un giorno Fellini prese un pendolino, glielo piazzò sulla pancia, e decretò che ero maschio. E il maestro non poteva sbagliare.
Per carità.
Allora mamma comprò la culla, la carta da parati, il corredo tutto celeste, oltre ai soldatini, al plastico della locomotiva e alla macchina di Batman.
E quando ha visto lei?
Dopo il parto si sono precipitati nella stanza di mamma tutti i protagonisti de La dolce vita e hanno iniziato a ballare e cantare, compreso Nino Rota.
Sì, ma quando ha scoperto che era femmina?
Per tre giorni non mi ha voluto vedere, era convinta che avessero scambiato il bambino: ‘Voglio il mio!’.
Fellini cosa disse?
L’ho chiesto varie volte, mamma non ha mai risposto.
Fellini lo ha vissuto?
Ero troppo piccola, però lei ne parlava: 17 anni di amore.
Anche in casa?
Con mamma ho sempre avuto un rapporto da sorella o da amica: mi raccontava tutto, compresi gli amanti; (sorride) era fissata con la biancheria intima, particolare, quindi calze o corsetto. E li teneva nel mio armadio. Quando doveva uscire, magari per incontrare Fellini, si vestiva da me; (pausa) mamma era sempre bellissima, curata.
Sempre in tacchi.
Indossava i tacchi a spillo anche quando tagliava l’erba in giardino o curava le sue palme: saliva sulla scala e via; un giorno in un vivaio trova una bellissima palma, chiede il prezzo, troppo alto per le nostre finanze, poi il proprietario la riconosce: ‘Per lei è un regalo’.
Avete passato periodi di bassa…
Tantissimi: per ottenere il mio affido fu costretta a smettere di lavorare, perché per il giudice il ruolo di madre non era compatibile con quello di attrice.
Le cronache del tempo raccontano che smise dopo le critiche a Venezia per Vanini Vanini…
Quelle critiche la ferirono tantissimo, piangeva, credeva fosse chiusa la carriera; però in casa non ne parlavamo tanto, oltre l’uscio diventava una casalinga qualunque.
Esempio.
Caricava la lavatrice, stendeva, cucinava, andava a fare la spesa, ci aiutava con i compiti.
Presente.
Fino a un anno prima della morte, se mi chiamava e scopriva che non stavo bene, correva da me, citofonava, aprivo la porta e la trovavo con una gallina tra le mani. Il problema è che sono vegetariana e l’odore di quel brodo mi uccideva.
In quasi tutte le interviste ripeteva che per lei la famiglia veniva prima di tutto.
Amava il lavoro, ma era nata per essere mamma; (cambia tono) con noi figli non resisteva al contatto fisico: parlava e nel frattempo ci accarezzava, sistemava i capelli, toglieva un pelo dal maglione.
Cosa non sopportava di sua madre?
Era troppo generosa, godeva nel donare, nel rendersi utile, anche se chi riceveva non lo meritava.
La infastidiva il gossip intorno a lei?
Spesso era mamma a generarlo: si divertiva come una pazza.
Tipo il giovane sposo cubano…
Non so neanche se si fossero sposati; (ride) era una sorta di sceneggiatura in cui cascavano pure i direttori di giornale.
Anche per questo la storia di “oddio Ciro!” è stata spesso bollata come falsa.
Invece è vera, tanto che la polizia riuscì a risalire al posto dal quale è partita la telefonata.
A scuola i compagni le chiedevano di sua madre?
Ero una bambina abbastanza sola; gli altri ragazzi mi tenevano da parte, forse perché i loro genitori mi bollavano come figlia di un’attrice e lei era veramente bella, poteva suscitare gelosie nelle mogli.
(Prende il tablet e mostra una serie di scatti, compreso quello di Sandra Milo prima di morire: “Ancora bella”).
È una fan di sua mamma.
Sì, come donna. Le femministe la invitavano sempre perché avevano capito un dato sostanziale: era una donna che aveva combattuto. E lei mi portava ai cortei: da quello sulla legge per il fine vita al sostegno per i figli drogati. Durante il lockdown, a 89 anni, è scesa in piazza per i lavoratori dello spettacolo. ‘Mamma c’è il Covid!’. ‘Metto la mascherina’.
Qual è il film in cui riconosce sua madre?
Nella malinconia del personaggio de La visita: la provinciale che pubblica un annuncio per cuori solitari. Lei ha vissuto per amare ed essere amata.
Sempre?
Da Fellini a Craxi, non li ha mai considerati amanti ma grandi amori.
Craxi lo ha conosciuto?
Da giovane, ma sono troppo egocentrica per restarne colpita.
Mamma le ha mai dato una sculacciata?
Neanche una. Anzi, non mi ha proprio rimproverata.
L’accompagnava sul set o alle prime?
Da piccola no, poi da grande è cambiata la liturgia: un tempo le prime erano veri eventi.
La Milo ha scisso la sua vita.
Quando la invitavano negli show, e la venivano a prendere verso le sette e mezzo di sera, come sempre passava tutto il giorno tra le faccende di casa, poi alle sei si chiudeva in bagno e viveva la sindrome di Cenerentola: da stracciata, riemergeva truccata, con i tacchi, vestita da sera. Un’altra persona.
Era molto amata.
Il giorno del funerale non ho visto i suoi amici in chiesa, solo persone con rapporti di lavoro; con me è stato carino Alberto Matano e il gruppo con cui lavoro (Debora Ergas è giornalista in Rai a La vita in diretta, ndr).
A due mesi dalla morte cosa ha capito del vostro rapporto?
Negli ultimi tempi soffriva veramente troppo, in certi momenti temo si sia sentita umiliata dalla sua condizione di malata non autosufficiente: dirle addio è stato liberatorio; (cambia tono, scandisce) mamma era finalmente libera, lei era nata libera, aveva lottato sempre per non dipendere da nessuno, per lei l’indipendenza era la ricchezza più grande: ‘Meglio pane e cipolla, ma libera’, ripeteva.
E lei?
Sono andata a vivere da sola a vent’anni e tutto quello che c’è nella mia casa, tutte le bollette, tutte le spese sono state pagate con i miei sforzi.
I suoi non l’hanno aiutata?
Alla morte di mio padre, io e le altre sue figlie abbiamo rinunciato a tutto.
Come mai?
Quando ha saputo di stare male è andato al casinò a sputtanare non so quale cifra. Era un habitué, abbiamo rinunciato nel timore di trovare qualche sorpresa amara.
Il giorno della morte si è riconciliata con lui?
È stata una festa.
Pure sua madre non l’aiutava?
Ripeto: mamma spesso se l’è passata male e appena incassava qualcosa distribuiva a tutti; (cambia tono) mamma era fissata con le scarpe, le dovevamo sempre avere in ordine. Un pomeriggio porta me e i miei fratelli in un negozio, e mentre le proviamo entra un bambino rom con le ciabatte rotte. Lei lo guarda. Poi si rivolge al commesso: ‘Un paio anche per lui’. Ed eravamo in una di quelle fasi di povertà vera.
In un’intervista al Fatto , Milo non ha parlato benissimo di Sordi.
Perché nel suo primo film, Lo scapolo, siccome era vissuta a Milano la chiamava la “milanesina”; (pausa) all’inizio aveva soggezione di Totò, in assoluto non era espansivo, in particolare con lei; poi la troupe le spiegò che dietro le spalle ne parlava benissimo, allora trovò il coraggio e diventarono amici.
Casa vostra era frequentata da artisti?
No, mai. C’era solo mamma; (sorride) avevo tre anni ed ero pazza di Gianni Morandi: allora mi portò a Cinecittà mentre girava un musicarello. Una volta lì entrai in una roulotte e, quando lo vidi, svenni.
È contenta della sua vita?
Anche se è iniziata con grandi sofferenze, sono riuscita ad andare avanti come volevo.
La lezione di sua madre.
È così. Sono libera come lei.