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 2024  marzo 24 Domenica calendario

I test per i giudici


Nella visione manichea che attanaglia e permea il dibattito politico italiano non esistono sfumature: i test psico attitudinali per i magistrati da un lato sono una clava usata dal governo di centrodestra per imporre un controllo e delegittimare la categoria, dall’altro sono uno strumento di verifica a tutela dei cittadini. Bianco o nero. In medio non stat virtus. E così, nel Belpaese del derby non stupisce che l’Anm metta subito le cose in chiaro parlando di una specie di screening di massa e di tentativi di screditare la magistratura con l’unico effetto di indebolire la fiducia dei cittadini nella giustizia. Si potrebbe sindacare che la fiducia dei cittadini nella giustizia sia già debole di suo anche a causa del sempreverde ostracismo che domina le toghe, ma questa è un’altra storia. Giorni fa, la commissione Giustizia del Senato ha approvato il parere presentato da Pierantonio Zanettin di Forza Italia mettendo nelle mani del Governo la valutazione sulla previsione di prove psicoattitudinali per i candidati all’ingresso in magistratura. Il diretto interessato, contattato dal Giornale, ha spiegato che la sua idea non è nulla di rivoluzionario ma al contrario è molto simile a quella già ben presente in altri settori pubblici e privati. Si chiama Minnesota multiphasic personality inventory ed è il test più usato per le selezioni in ambito della psicologia del lavoro e della psicologia giuridica: permette di scoprire patologie di natura psichiatrica, nevrosi, psicosi. Circa 600 affermazioni per cui indicare vero; falso; prevalentemente vero; prevalentemente falso. Ogni risposta, per gli psicologi e gli psichiatri unici abilitati a somministrare il test, ha un significato che determina poi la valutazione. Lo fanno alle forze dell’ordine, ai militari, al personale della Pubblica Amministrazione, ai piloti di aereo e lo usano persino nelle perizie svolte nell’ambito dei processi.
Insomma, un test come quello non dovrebbe far gridare allo scandalo, eppure ogni volta che si sfiora il tema, le toghe insorgono. È successo col ministro Castelli, poi col ministro Bongiorno, poi con Berlusconi e succede anche adesso. Domani la novità dei test, inserita nella riforma dell’ordinamento giudiziario, sarà all’esame del Cdm. E ieri circolava una bozza del testo di legge che prevede l’introduzione dei test realizzati da «esperti qualificati» e «da svolgersi dopo il completamento delle prove orali». Naturalmente la giunta esecutiva dell’Anm si è subito detta «sconcertata» e ha parlato di «attacco alla Costituzione». Tra le toghe il fronte è unito più che mai e non ammette voci stonate. Nicola Gratteri nel 2019 sosteneva che non vi sarebbe nulla di male a sottoporsi ai test in quanto «ci possono essere dei magistrati che fanno militanza attiva, che hanno un modo loro di ragionare e può accadere che uno perda di lucidità». Oggi ha cambiato idea e nella difesa della corporazione ha lanciato pure una provocazione: «Facciamoli anche a chi governa e facciamo pure i narcotest sulla positività alla cocaina».
Opinione opposta a quella dell’avvocato Giulia Bongiorno che afferma: «I futuri magistrati devono essere misurati non solo sulla base della preparazione tecnica ma anche per la capacità di autocritica, per integrità morale, attitudine a lavorare in team». Ma uscendo dai confini nazionali, come funziona negli altri paesi? Siamo davvero gli unici che osano pensare di misurare la stabilità psichica delle toghe? La risposta è no e anzi non sono poche le nazioni che sottopongono la magistratura a questo genere di esami.
In Austria, dal 1986, per i candidati sono previsti test psicologici eseguiti da uno psicologo indipendente e somministrati per determinare se il candidato ha le adeguate capacità e qualità intellettuali. In Olanda, nella fase di selezione è previsto un test analitico/cognitivo scritto, somministrato da una società di consulenza psicologica oltre a un colloquio personale con un membro del comitato di selezione e uno psicologo, in cui viene testato l’equilibrio e la personalità del candidato. Come se non bastasse, affinché un pubblico ministero possa avanzare di carriera, è necessario che sostenga un test di selezione psicologica. Anche in Portogallo tra le prove di ammissione c’è un colloquio condotto da uno psicologo e l’esame di assunzione si conclude con un test orale con uno psicologo. I test psico-attitudinali sono in vigore anche in Ungheria. La situazione della Francia è molto particolare perché dal 2009 al 2017 c’erano i «test di attitudine e personalità», soppressi a pochi giorni dall’elezione di Macron. Erano stati introdotti per individuare tendenze narcisistiche e smanie di protagonismo. 240 domande alle quali rispondere in tre ore e un colloquio di mezz’ora con un magistrato e uno psicologo. Dopo le pressioni del sindacato delle toghe, alla fine si decise per l’abolizione ma la figura dello psicologo non è scomparsa del tutto. «Qui c’è lo psicologo che fa delle sedute con il magistrato proprio per vedere la reazione che ha di fronte a casi che gli vengono proposti all’improvviso e, si valutano le sue reazioni», ha ricordato il vice presidente della Camera Giorgio Mulè. E in Germania? I test psico-attitudinali ci sono e nessuno si scandalizza. Non sono nazionali né obbligatori bensì a discrezione dei singoli Land, ma il loro utilizzo non è raro e a volte unisce anche altre prove, come giochi di ruolo o brevi presentazioni. In Belgio, al concorso di ammissione al tirocinio giudiziario, nell’ambito della prova scritta i candidati sono sottoposti a test psicologici affidati ad esperti esterni e a colloqui di validazione con uno psicologo. Inoltre, è previsto un test-intervista sulla personalità con lo scopo di valutare le 9 competenze di base che ci si aspetta da un magistrato (Decisione, Integrità, Facoltà di adattamento, Capacità di pianificare e organizzare/capacità di stabilire le priorità, Empatia, Socievolezza, Resistenza allo stress, Collaborazione, Collegialità, Dominanza (corretta gestione del potere), Autoriflessione (autocritica)). In Australia, nel 2019 fu condotta per la prima volta un’indagine sul benessere di giudici e dei magistrati, indagine che ha rivelato come il sistema giudiziario fosse a rischio di esaurimento o di traumi derivanti dal dover affrontare costantemente carichi di lavoro elevati e i dettagli strazianti di crimini gravi. A seguito di ciò, molti tribunali australiani hanno implementato una serie di programmi e iniziative per gestire lo stress giudiziario e supportare i giudici nel loro lavoro. L’indagine comprendeva una serie di test psicometrici convalidati.
È tutto un equilibrio sopra la follia, cantava la Mannoia. Ma un test per i giudici sarebbe solo una verifica e non un esame psichiatrico col risultato già predefinito