la Repubblica, 24 marzo 2024
Delitti
TORINO – «Era posseduto, aveva il diavolo dentro». Tutti in famiglia credevano che Khalid Lakrouti, 43 anni di origine marocchina, fosse diventato aggressivo per colpa di quei demoni che dovevano essere cacciati via. E per questo ogni volta chiamavano lo zio Abdelrhani Lakhrouti, l’imam di Cuorgnè, che arrivava con il Corano in mano e procedeva a un rito di esorcismo. «Gli leggevo la prima Sura del Corano, tenendogli il pollice e il mignolo sulla fronte» spiegherà il religioso ai carabinieri. La lettura dei versetti durava almeno mezz’ora, mentre il fratello di Khalid, ex poliziotto da pochi mesi arrivato in Italia, gli spruzzava dell’acqua benedetta sul viso.
Qualcosa però, il 10 febbraio, in quella casa a due piani a Salassa, piccolo comune del canavese, non è andato come previsto. Khalid è morto soffocato. L’hanno legato per le mani e per i piedi nella sua camera da letto. Gli hanno premuto qualcosasul viso, forse un cuscino. E lui, mentre si agitava e provava a liberarsi da quella pressa mortale, gli è finito in gola un piccolo bottone marchiato “Guess”. Anche da questo dettaglio, i carabinieri hanno capito che l’uomo, assuntore di droga, non poteva essere morto per un’overdose o per un malore, come i parenti avevano fatto credere. Qualcosa di violento era successo.
Interrogatori pieni di contraddizioni, intercettazioni, analisi di tabulati e delle telecamere di sorveglianza, hanno portato la procura di Ivrea a capire che Khalid, che nella vita sgomberava garage e cantine, era stato ucciso dai suoi stessi parenti durante l’esorcismo con rito islamico. Per questo sono stati fermati la moglie Sara Kharmiz, 35 anni (ai domiciliari), il fratello Nourddine Lakhrouti, 45 anni, e lo zio imam di 51 (entrambi in carcere). L’accusa è omicidio volontario con dolo eventuale. «L’imam per ora si è avvalso ma si dichiara estraneo ai fatti» ha detto il suo difensore, l’avvocato Alessandro Dimauro.
La sera del 10 febbraio era stato lo zio a chiamare i soccorsi alle 22. Khalid era privo di vita. E lo era, secondo l’autopsia, già da un paio d’ore. «Hodetto a mio fratello di scendere per cena, ma non rispondeva – aveva detto Nourddine ai carabinieri – L’ho trovato sul letto con gli occhi socchiusi e la bocca aperta con del sangue dentro, privo di coscienza. Ho subito chiamato mio zio e insieme l’abbiamo portato di sotto». Il letto era senza lenzuola, sul comodino farmaci antidepressivi e antidolorifici. L’imam invece aveva raccontato di aver trovato il nipote «con gli occhi aperti, faceva rumori, si mordeva la lingua e la guancia. Gli ho chiesto se voleva che chiamassi l’ambulanza e mi ha detto di no. Ma l’ho chiamata lo stesso perché poi non respirava più». Non era la prima volta però che i familiari gli facevano un esorcismo. Già il 22 gennaio i carabinieri erano stati chiamati da una vicina che sentiva gridare «aiuto». In quel mese i riti erano stati almeno tre. Tutti violenti. Tanto che il 23 l’uomo era andato in ospedale per una distorsione a una spalla. E aveva chiamato il 112 dicendo: «Se mi succede qualcosa sappiate che è stato mio fratello».