Corriere della Sera, 24 marzo 2024
Selfie, sorrisi, baci, canti I «fantastici quattro» e il potere degli abbracci(spolverati di ipocrisia)
Benvenuti alla fiera dell’ipocrisia. Va bene che nella vita, a nostre spese, incontreremo tante maschere e pochi volti, e chi siamo noi per metterci a discutere con Pirandello. Ma, come dire, anche un po’ meno, che il troppo stroppia. Eccoli allora i Fantastici quattro della politica italiana: Giorgia e Matteo, Elly e Giuseppe, tutti quanti dotati di superpoteri. Una che si allunga fino a dismisura, fino a mettere le mani su tutto. L’ altro che, ogni due per tre, minaccia di spaccare tutto, al grido di: «È tempo di distruzione». Una che, quando gira male, attiva il campo di forza e diventa invisibile. L’altro che si veste che pare di stare a Eaton, e poi prende fuoco che manco una supernova. Ma questo è niente, perché il superpotere più grande non ce l’ha nemmeno Superman, ce l’hanno solo loro: i sorrisi, i baci gli abbracci, i colpetti di gomito complici, pure le canzoncine intonate insieme, come sui pullman delle gite.
Montecitorio, banchi del governo, dibattito sull’Europa. Salvini, che per una volta c’era, si siede accanto a Meloni. È lei che fa il primo passo e gli stampa cinque dita sulla spalla. Lui sorride piacione e l’abbraccia, lei lascia fare, appoggiandogli la testa al petto, che nel linguaggio del corpo sta per sottomissione (sì, vabbé). Lui, Matteo, aveva da poco detto che sulla morte di Navalny bisogna sentire i medici, che, se si scopre che si tratta di un caso di malasanità, mica si scherza. E poi aveva aggiunto che, quando il popolo vota, ha sempre ragione. Pure Medvedev era stato più sobrio. Verona, ancora abbracci e sorrisi, e pure battute. Lui, gigione: «Eccoci qua, siamo belli come il sole». Lei, che se l’è preparata: «Ci hanno paragonato a Romeo e Giulietta, ma posso giurarvi che non faremo la stessa fine». Roma. Lui si è appena esibito in un accattivante «Daje!», e pazienza per la pronuncia, e aggiunge: «Eccola la vostra dichiarazione silenziosa». La cinge, lei lo stringe, chiude pure gli occhi. Ancora Roma, selfie sorridente, si abbracciano, lui la solleva, pure. Messina, come sopra.
Non che Schlein e Conte siano da meno. Certo, lui è un po’ più timidone. Roma, manifestazione dei 5 Stelle, lei in maniche corte gli arriva un po’ tra capo e collo, parlottano, lui cerca di chiudere con una stretta di mano di circostanza, ma Elly gli schiocca il classico bacio per guancia. Accuse reciproche di tranello. Roma, manifestazione del Pd, lui a baci e abbracci si è ormai rassegnato, ma gli arriva pure una doppia stretta delle mani a pugno. Cagliari, vittoria della Todde, ormai si sbraca, baci, abbracci, mirto e cannonau, canti sardi e Bella ciao, sorrisoni. Lei dice che si consolida l’alleanza, lui che a vincere è stata la sua candidata. Firenze, manifestazione antifascista, ancora baci, ancora sorrisi, ancora abbracci. C’era stato pure un aperitivo a Campobasso prima che alla fine arrivasse la doccia gelata dell’Abruzzo, il pasticcio sulla Basilicata, la rissa del Piemonte.
Le differenze
Meloni e Salvini coesi nelle fasi cruciali. Conte e Schlein si lasciano e si riprendono
Che poi, se si potesse usare la nuvoletta dei fumetti, quella dei pensieri segreti, quella del «mumble mumble», chissà che verrebbe fuori. Giorgia: figuriamoci se mi faccio fare fessa da uno che viene dalla montagna del sapone, uno che per andare in doppia cifra alle elezioni europee deve fare un mutuo, e che solo poco poco prova a togliere l’appoggio al governo rimane con mezzo parlamentare, se ci arriva. Matteo: dovrai inciampare tu pure, bulla di borgata, che ti sei approfittata di quando sostenevo Draghi. Tanto se vuoi il premierato di qui devi passare. Elly: se ti illudi di fare da solo resti nell’angolo, col voto utile ci sbatti la faccia, non ti salva manco padre Pio. Giuseppe: alle Europee facciamo i conti, ti sto col fiato sul collo, di segretari del Pd ne ho già fatti fuori due.
Pensieri inventati, ovviamente, ché baci, abbracci e moine stanno lì proprio a dimostrare il contrario, anche se qualche maligno potrebbe pensare che siano pensieri sbagliati per difetto. Certo che a volte verrebbe la voglia di rivalutare le parole e la mimica del corpo di Matteo Renzi e Carlo Calenda, che ormai si mandano a stendere senza tanti complimenti, salvo poi ritrovarsi nel sostegno al candidato del centrodestra in Basilicata.
Una differenza però resta: nei fatti, da anni, Meloni e Salvini hanno dimostrato di saper essere coesi, quasi sempre, nei momenti che contano. Nonostante tutto. Schlein e Conte, per ora, si lasciano e si riprendono e non si sa come finirà.