Corriere della Sera, 23 marzo 2024
S. Giorgio a colori, un caso la maglietta della Nazionale
Londra È diventato un affare di Stato il caso del logo della nazionale di calcio inglese stampato sulle magliette dei giocatori: sia il primo ministro Rishi Sunak che il leader dell’opposizione laburista, Keir Starmer, sono scesi in campo per condannare il rifacimento «multicolore» della croce di San Giorgio.
Il simbolo tradizionale della squadra inglese – e soprattutto dei suoi tifosi – è la croce rossa su sfondo bianco: ma la Nike ha fornito alla Football Association (la Lega calcio locale) nuove magliette sul cui colletto la croce di San Giorgio è stata ridipinta a mo’ di arcobaleno, con il blu, l’azzurro e il violetto. Un rifacimento che è stato considerato un cedimento «woke», ossia una strizzata d’occhio al politicamente corretto.
Immediate le reazioni: «Quando si tratta delle nostre bandiere nazionali – ha detto Sunak – non dovremmo pasticciare con loro, perché sono una fonte di orgoglio, di identità, di chi siamo, e sono perfette così come sono». Anche la ministra della Cultura, Lucy Frazer, è intervenuta su X per dire che «è chiaro che non è quello che i tifosi vogliono: il nostro patrimonio nazionale – inclusa la croce di San Giorgio – ci fa stringere assieme. Giocarci è senza senso e non necessario».
Ma ancora più significativa è forse la presa di posizione del leader laburista: «Quella bandiera è usata da tutti – ha detto Starmer – è qualcosa di unificante, non ha bisogno di essere cambiata. Dobbiamo essere orgogliosi di essa. Dovrebbero tornare indietro».
Il 2 maggio si svolgono importanti elezioni amministrative e conservatori e laburisti si contendono in particolare il voto dei ceti popolari del Nord dell’Inghilterra, per i quali il patriottismo è un articolo di fede: ecco perché governo e opposizione sono corsi ad ammantarsi nella bandiera di San Giorgio.
La croce rossa in campo bianco ha per di più un particolare significato nazionalista: non è la Union Jack, la bandiera britannica «inclusiva», ma esprime un orgoglio specificamente «inglese» che si è fatto sempre più forte negli ultimi anni, soprattutto nei ceti popolari, e che è stato fra le molle propulsive della Brexit. Un elettorato che nessuno, nè a destra nè a sinistra, può permettersi di ignorare.