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 2024  marzo 23 Sabato calendario

Uno stipendio al pensionato Brunetta L’opposizione: “Scandalo al Cnel”


ROMA – Per ora rimane un ex professore universitario, pensionato e presidente del Cnel a titolo gratuito. Ma grazie al comma 4 dell’articolo 10, inserito nel decreto Pnrr all’esame della Camera, Renato Brunetta potrebbe presto cumulare la pensione con uno stipendio da 240 mila euro lordi, quello del Presidente della Repubblica, il massimo consentito nello Stato.
La norma, spuntata nel decreto di Fitto, prepara la strada giuridica al ritorno della retribuzione al presidente del Cnel e ai suoi consiglieri, anche se pensionati. Ma per ora si limita solo a far saltare il divieto di cumulo tra stipendio e pensione. Senza stanziare risorse o fissare una cifra per la busta paga. Questo perché il Cnel è un organo di rilievo costituzionale. E ci sarà bisogno di altri passaggi, prima nell’assemblea interna e poi a Palazzo Chigi. Ma la strada è segnata.
D’altro canto Renato Brunetta ci aveva provato subito, all’indomani della sua nomina un anno fa, ad essere un presidente retribuito. Pensava di sfruttare la norma studiata proprio allora per l’ex presidente dell’Istat Giancarlo Blangiardo, anche lui docente universitario in pensione, alla cui riconferma il governo Meloni ha ormai rinunciato, per mancanza dei due terzi dei voti necessari nelle commissioni parlamentari.
Ma non bastava. Per il Cnel occorrono altri passaggi normativi. Ed ecco l’articolo 10 del decreto Fitto. Al comma 1 si prevede che il Cnel entri nella cabina di regia del Pnrr. Al comma 3 ci sono nuove assunzioni: tre dirigenti, otto funzionari, sette assistenti. Costo: 339 mila euro per quest’anno e 1,2 milioni dal 2025.
Al comma 4, come detto, spunta la specifica deroga per i vertici Cnel al divieto di cumulo tra stipendio e pensione. Come spiega la relazione tecnica al decreto Pnrr, la norma “non comporta nuovi o maggiori oneri” per il bilancio dello Stato. Per ora. È un primo step.
Insorgono le opposizioni. «Per il governo l’urgenza è assicurare uno stipendio a Brunetta, la casta torna ai vecchi privilegi», tuona l’ex premier e leader M5S Giuseppe Conte. I parlamentari del Movimento hanno messo da tempo nel mirino il numero uno del Cnel per la sua avversità al Reddito di cittadinanza. E soprattutto per il suo no al salario minimo legale, con tanto di contestatissimo Rapporto consegnato alla premier.
«Uno schiaffo alle famiglie che non arrivano alla fine del mese», dice il deputato pd Emiliano Fossi. «Il governo Meloni ha perso il contatto con la realtà». Aggiunge Nicola Fratoianni (Avs): «Il Cnel non è riuscito a risolvere il problema degli stipendi bassi dei lavoratori, ma certamente ha dato uno stipendio. A Brunetta. Siamo tutti più sollevati». E Angelo Bonelli (Avs): «Nove euro lordi all’ora erano troppi per Brunetta come salario minimo legale. Ma lui può cumulare stipendio e pensione».
Il Cnel ripiomba dunque nella bufera. Organo inutile da abolire via referendum per il governo Renzi nel 2016. Poi tornato alla sua centralità di “parlamentino” delle parti sociali con Tiziano Treu, presidente a zero euro per cinque anni. E ora, costola di Palazzo Chigi.
Il primo atto del presidente Brunetta è stato proprio il dossier sul salario minimo. C’era una proposta di legge di tutta l’opposizione (tranne Iv) sui 9 euro lordi all’ora sotto cui non scendere. Per affossarla la premier ha finto di affidare al Cnel una ricognizione, dall’esito in linea con il suo pensiero. «Il salario minimo non serve», sentenziò. Vediamo cosa dirà sullo stipendio massimo di Brunetta.