il Fatto Quotidiano, 23 marzo 2024
“Anche M., sta qua davanti a me… è a zero ore. So’ tutti a zero ore… te ti sei messa in regola e però magari hai messo in difficoltà l’azienda, bastava ne parlassi con noi
“Anche M., sta qua davanti a me… è a zero ore. So’ tutti a zero ore… te ti sei messa in regola e però magari hai messo in difficoltà l’azienda, bastava ne parlassi con noi. Adesso non è che possiamo renderli all’Inps perché sarebbe come ammettere…”. Parole di Dimitri Kunz in una telefonata del 12 novembre 2021. All’epoca il compagno di Daniela Santanchè, ministro del Turismo, le era appena subentrato come presidente e Ad di Visibilia, la disastrata società quotata fondata dalla senatrice di FdI. Kunz veniva registrato insieme al tesoriere Paolo Concordia da Federica Bottiglione, responsabile delle relazioni con gli investitori. Il Fatto ha pubblicato larghi estratti di quelle telefonate il 5 novembre 2022, due settimane dopo il giuramento del governo Meloni: per la Procura di Milano quei file sono la “pistola fumante” che dimostra la consapevolezza di Santanchè e dei manager di aver commesso truffa aggravata ai danni dell’Inps quando Visibilia fece lavorare i dipendenti nonostante ricevesse i contributi per tenerli in cassa integrazione Covid a zero ore. Ipotesi di reato per la quale ieri sono state chiuse le indagini a carico della ministra, di Kunz, Concordia, Visibilia Editore e Visibilia Concessionaria. La conclusione del filone di inchiesta, solo uno di quelli del “pacchettò Visibilia”, prelude alla richiesta di rinvio a giudizio.
In quelle telefonate, che Bottiglione ha consegnato agli inquirenti, la superteste lamentava di non aver avuto alcuna informazione dall’azienda sulla cassa integrazione Covid nella quale era stata posta da aprile 2020 sino al novembre 2021: solo quand’era andata da un Caf aveva scoperto di essere in Cig pur avendo sempre lavorato. L’impiegata del Caf le aveva detto “lei non deve lavorare” perché c’era il rischio del “reato di truffa aggravata allo Stato…”. In un’altra telefonata, Concordia rispondeva “che hai lavorato, lo sappiamo io, noi e te… l’Inps non sa che tu hai lavorato”. Nonostante fosse in Cig a zero ore, Visibilia aveva dato a Bottiglione la differenza tra il suo stipendio e gli aiuti pubblici della cassa integrazione sotto forma di “rimborsi chilometrici” durante il lockdown
Ma non basta: il 20 ottobre 2021, alla sua richiesta di sapere quando sarebbe scaduta la Cig, un manager di Visibilia le aveva risposto che era necessario “avere conferma dalla dottoressa”. “La dottoressa”, in Visibilia, era il soprannome di Santanchè.
La stessa senatrice da ottobre 2019 a novembre 2021 aveva collocato Bottiglione a lavorare negli uffici del Senato del gruppo di FdI per Ignazio La Russa, formalmente come addetto allo staff del politico di Fratelli d’Italia, ma concretamente per l’azienda della Santanchè, con un contratto di collaborazione a fattura pagato dalle casse di Palazzo Madama.
Passo dopo passo, per 14 mesi il Fatto ha continuato a documentare questa vicenda. Come quando, l’8 giugno scorso, lo stesso disastrato gruppo editoriale-pubblicitario ha ammesso le furbate sulla cassa integrazione Covid. Nella loro memoria depositata al tribunale di Roma nella causa di lavoro della Bottiglione, gli avvocati di Visibilia scrivevano che l’ex dirigente “è stata collocata in cassa integrazione in coincidenza con la contemporanea sospensione dei colleghi durante la pandemia. È un fatto, tuttavia, durante la sospensione, in sia pur informale accordo con la datrice di lavoro, ha svolto limitate attività (senza mai mettere piede nei locali aziendali), ricevendo e inviando email. Visibilia – viste le contestazioni mosse con il ricorso – ha ritenuto opportuno ridefinire la posizione sotto i profili retributivo e contributivo, come se il lavoratore avesse svolto integralmente la prestazione secondo gli accordi contrattuali. Il che è avvenuto nel marzo 2023” con l’invio a Bottiglione della busta paga con arretrati retributivi e contributivi per 37 mila euro.
Sulla Cig Covid, nella sua autodifesa in Senato il 5 luglio scorso Santanchè ha affermato che “la contestazione di una dipendente di Visibilia di aver lavorato a sua insaputa mentre era in cassa a zero ore è tardiva e infondata”. Evidentemente i pm non la pensano così.