La Stampa, 22 marzo 2024
L’altra camorra
Feroci come i Corleonesi degli anni Ottanta, dotati di fiuto per gli affari. Ma l’ultimo upgrade criminale della mafia di Bari ribattezzata “Camorra pugliese” senza avi campani – intendendo con questa una delle tre articolazioni del crimine di quella regione che affianca la Sacra Corona e la Società foggiana – è quello del modello ‘ndrangheta di cui non condividono solo riti e gradi ma anche il percorso di metamorfosi da mafia rurale a holding del crimine.Con la crescente ossessione di affiancare all’ancestralità un profilo di evoluzione quasi darwinistico che la proietti nelle relazioni esterne, nei rapporti col mondo dei professionisti. Che parli a pezzi della politica, alle amministrazioni dei territori, che garantisca supporto elettorale per eleggere candidati pronti a soddisfare le proprie ambizioni di guadagno e di potere. Il fine – ça va sans dire – è infiltrarsi progressivamente nell’economia legale per reinvestire gli enormi flussi di denaro generati con il traffico di cocaina e hashish sulla rotta albanese. L’anelito è un salto, insomma, per non morire violenta e familistica cosi come si è concepita ormai decenni fa.Bari non è la quarta mafia foggiana, ma segue a ruota il percorso di emancipazione dallo splendido isolamento delle pistole e della droga. Perché «da un lato – riferiscono fonti investigative autorevoli – si sviluppa in autonomia, non è gerarchicamente collegata ad essa, si ferma nei propri confini e non subisce invasioni orizzontali» degli altri gruppi, «e dall’altro – come si legge nei documenti dell’intelligence dell’Antimafia datati 2022 – ha saputo sviluppare una politica di consolidamento e di espansione caratterizzata da una penetrante e pervasiva capacità di controllo militare del territorio e da una spiccata vocazione relazionale finalizzata all’attuazione di un più evoluto modello di mafia degli affari». Lo dicono più fattori al netto delle risultanze dell’ultima operazione della polizia con 137 arresti e di tutta la vicenda legata alle due consigliere dell’assise civica finite nella bufera Maria Carmen Lorusso e Francesca Ferri. È il caso dei primi scioglimenti di Comuni nell’area della provincia come avvenuto a Valenzano nel 2019. Lo dicono ancora le sei interdittive emesse dalla Prefettura di Bari non più tardi di 8 mesi fa: le aziende si occupavano di armamento ferroviario, settore agricolo e zootecnico, autotrasporto per conto terzi e commercio di rottami metallici. Avevano chiesto l’iscrizione alla whitelist per partecipare agli appalti pubblici. Lo dice ancora l’inchiesta “Corona” del Ros, oggi guidato dal colonnello Massimo Corradetti, che ha smascherato le infiltrazioni dei clan nel mercato della pale eoliche e altre che hanno acceso un faro sul mercato del pesce e sulle aziende di confezionamento collegate.Tutti sono consapevoli di questa metamorfosi in atto. Che non cancella le frizioni interne ai gruppi al governo di diversi quartieri di Bari, ma che per volontà del vertice e cioè degli storici boss del clan Parisi cerca di sotterrare l’uso della violenza pubblica a partire dal 2017, dalla sanguinosa faida per il controllo delle piazze di spaccio di Bari vecchia. Lo ha sottolineato il giorno del blitz il procuratore Roberto Rossi che parlando della camorra barese l’ha dipinta come «pericolosa non solo per l’aspetto militare ma anche per la tendenza a cercare di penetrare dentro la società civile e politica al fine di raggiungere maggiori profitti». Vi è stata, secondo Rossi, «una parziale e circoscritta attività di inquinamento del voto all’interno delle comunali su cui l’amministrazione ha saputo rispondere».I numeri di Avviso Pubblico diramati a novembre nel dossier “La Linea della Palma” disegna la Puglia come la quarta regione per enti locali sciolti per mafia «con 26 amministrazioni coinvolte dal 2001 al 2023». Negli ultimi 18 mesi tre sono finite sotto la scure delle Prefetture, di cui due a Foggia (Trinitapoli e Orta Nova). La prima volta nel 2015: assise civica di Monte Sant’Angelo. Ma già il consiglio comunale dello stesso capoluogo era stato sciolto per infiltrazioni mafiose il 5 agosto 2021 (secondo solo a Reggio Calabria nel 2012). Nella relazione finale i commissari scrivono come «dalle indagini conseguenti ai fatti corruttivi traspare un quadro inquietante della realtà amministrativa dell’Ente, che attesta uno sviamento del munus pubblico in favore degli interessi della criminalità organizzata». Tra gli episodi contestati anche frequentazioni, parentele e legami affettivi da parte dei consiglieri comunali con esponenti locali della criminalità organizzata. Dagli appalti al sistema di videosorveglianza, all’assegnazione delle case popolari ad affiliati ai clan all’assenza di certificati antimafia per alcune imprese che hanno gestito servizi pubblici, è lunga la lista di esempi delle nuove mire delle cosche. Di quella trasformazione che a Bari, sulla scorta di Foggia, cercano di entrare nella zona grigia. —