il Fatto Quotidiano, 22 marzo 2024
“La voce” di Indro e il suo naso
Il 22 marzo 1994, esattamente trent’anni fa, nasceva La Voce diretta da Indro Montanelli, che aveva scelto il nome della testata in omaggio a Giuseppe Prezzolini, ovvero per tornare alle origini. Il primo numero del quotidiano venne atteso a notte fonda nella redazione di via Dante in un clima euforico; il direttore, alla venerabile età di 85 anni, era tornato un ragazzino. Alle 10 del mattino la tiratura era già esaurita, si dovette ristampare; quel primo numero vendette oltre 400 mila copie. Nemmeno un anno dopo però, La Voce chiuse per ragioni mai chiarite fino in fondo, per non riaprire mai più. I sogni muoiono all’alba, come Montanelli sapeva perfettamente, e a ripensarci oggi questa fu la breve vita della Voce: il sogno di un quotidiano di opinione editato da una public company senz’altro padrone che non fosse il lettore. Si tende a leggere quella parabola come un fallimento, ma chi ne ha fatto parte sa che quell’anno compreso tra nascita e caduta del primo governo Berlusconi fu un esempio destinato a rinascere – vedi il Fatto Quotidiano –, e per Montanelli un vero canto del cigno. Per vent’anni, gli ultimi con Berlusconi azionista di maggioranza, Montanelli si era sentito dare del “fascista” da mezza Italia; ora che il suo editore divenuto capo di una forza politica lo aveva costretto ad andarsene, poteva resistere alla tentazione di sentirsi dare del “comunista” dall’altra metà? Basti questo a proposito dell’eterno conformismo tricolore, e per l’istinto di Montanelli nel fiutarne i venti, e muoversi controcorrente. Oggi controcorrente si proclamano tutti, è questo il nuovo conformismo; ma trent’anni fa era una questione di naso, quel naso per cui Indro era leggendario (l’olfatto, il senso più importante del giornalismo, e quello che più rischia l’estinzione). La Voce è stato il sogno di un grande giornale nazionale: libero, colto, con le pagine da toccare e sfogliare lentamente, come usava nel secolo scorso. Per questo nacque al momento giusto; e soprattutto morì al momento giusto, che è sempre la cosa più difficile.