Domenicale, 17 marzo 2024
Sul bestseller
Quando ero adolescente, sono stato affascinato dal mondo dei libri soprattutto per via di certi poeti che non andavano mai la oltre la prima edizione. Poi il mio primo titolo l’ho pubblicato con Vanni Scheiwiller, editore dalla distribuzione inesistente che, se esauriva una tiratura di 500 copie, si domandava dove avesse sbagliato. Nel frattempo, i libri avevo anche iniziato a collezionarli, passione in cui l’oggetto più amato e ricercato è quello che ha venduto meno in assoluto. Con queste tre premesse, è ovvio che ho sempre guardato con una certa incomprensione di fondo agli editori che vivono con l’ansia delle vendite a tutti i costi, e, conseguentemente, non sono il recensore più allineato a Operazione bestseller, il libro che Valentina Notarberardino manda ora in libreria con Ponte alle Grazie. Tuttavia l’ho letto, e anche apprezzato, soprattutto per un motivo: al di là dell’ansia da prestazione che assilla molti addetti ai lavori, gli sforzi per vendere che quasi tutti loro fanno vanno nella direzione giusta – cercare di far leggere di più un Paese che di leggere non ha voglia. Compito sacrosanto, che troppo spesso, quando è lasciato nelle mani dello Stato, diventa un generico e melenso appello alla bontà della lettura in astratto, senza mai preoccuparsi dell’efficacia del messaggio.
Cosa che invece gli editori hanno ben presente, nel tentativo di far sopravvivere i loro titoli in mezzo a un’offerta sterminata: in Italia vengono pubblicati 84.000 (ottantaquattromila!) libri ogni anno, e il loro tempo è sempre più breve. Profetico, a questo proposito, Valentino Bompiani già nel 1981: «La durata di un libro diventerà quella del suo passaggio in libreria».
Nel suo excursus, Valentina Notarberardino si avvale di testimonianze di molte persone che hanno lavorato l’intera vita nella filiera del libro, come il pluricitato Romano Montroni, oppure osservatori attenti come Paolo Di Stefano. Usando come bussola le loro e tante altre testimonianze, Operazione bestseller offre una descrizione puntuale dei diversi strumenti che aiutano il libro a farsi strada in mezzo agli altri che gli fanno concorrenza dagli scaffali delle librerie. Ma, come sanno tutti quelli che ogni tanto pubblicano qualcosa, l’attività promozionale va ben al di là dei punti vendita estendendosi per esempio alle recensioni sui giornali, all’ambitissima televisione o ai premi letterari, “croce e delizia”. Fin qui, niente di troppo nuovo; ma negli ultimi anni il panorama si è infittito, con la crescita delle tendenze emergenti della rete: blogger, youtuber e tiktoker in gran spolvero. Un’indagine di un paio d’anni fa, citata dalla Notarberardino, dice che «le segnalazioni social sono il secondo fattore che influenza l’acquisto di libri: lo cita il 14% dei lettori; solo lo sconto, con il 17% di citazioni, è più determinante». Pur nelle novità, un posto d’onore continua a essere tenuto, com’è giusto che sia, da due attività tradizionali come le presenze ai festival e le presentazioni singole. Qui le mie simpatie, per i motivi che elencavo all’inizio, vanno tutte a Gaia Manzini, per la volta in cui si trovò a presentare un suo libro in una grande isola italiana in una sala con 80 posti e due sole spettatrici: la figlia del presentatore e una sua amica. A me, tra i tanti bestseller nominati con aggettivi entusiasmanti, è subito venuto l’irrefrenabile desiderio di comperare quel libro negletto e abbandonato.