Domenicale, 17 marzo 2024
Un dizionario della cucina italiana
Piaccia o non piaccia – e di solito piace parecchio –, la cucina è uno dei principali vettori di diffusione della lingua italiana nel mondo. Certo, contano anche la cultura musicale, quella artistico-architettonica o – in misura minima, almeno da qualche secolo in qua – quella letteraria. Ma l’arte di preparare il cibo ha dato all’italiano la diffusione che le è mancata per l’assenza d’un imperialismo coloniale in età moderna (quando l’Italia non era unita) e dalla riuscita breve e ingloriosa di quello recente. Lingua senza un impero e perlopiù disarmata nella sua diffusione globale, l’italiano è stato portato in giro per il mondo piuttosto da emigranti che da conquistatori, e piuttosto da tranquilli cuochi che da bellicosi generali.
Così, sulla copertina di un volumetto dedicato da Giovanna Frosini e Sergio Lubello all’Italiano del cibo, c’è l’illustrazione dell’opera di Bartolomeo Scappi, cuoco di Pio V. Uno Sperone da pasticiero, un grata noci, un cortel da pasticier: le armi con cui l’italiano ha pacificamente conquistato il mondo. La storia dell’italiano in cucina è storia di ricettari, cioè di testi che a partire dal Medioevo raccontano il cibo nella lingua di tutti i giorni. Proprio la spigliata naturalezza di alcuni di essi è – si capisce leggendo queste pagine – il punto d’arrivo di un lungo percorso in cui non mancano capolavori, come i sontuosi Banchetti di Cristoforo Messi Sbugo, cuoco del Rinascimento. Tutto era iniziato ai tempi in cui i ricettari del Tre e del Quattrocento dovevano misurarsi con la tradizione dei grandi cucinieri latini e con quella delle ricette d’altra natura (mediche, alchemiche, magiche). Poi arriverà l’epoca in cui la laboriosa cucina francese influenzerà anche il modo di scrivere di tanti maestri italiani. Il trionfo della tradizione culinaria italiana e la sua consacrazione linguistica è La scienza in cucina di Pellegrino Artusi, opera di un romagnolo divenuto cuoco per passione e autore, nel 1891, di un long seller. Raccogliendo esperienze in mezza Italia durante una vita da commerciante viaggiatore, Artusi racconta le ricette della tradizione con tono semplice, schietto, adatto a tutti i palati. E con il suo libro sistema come in un’enciclopedia gastronomica non solo conoscenze e tecniche, ma anche parole e modi di dire dell’arte di mangiar bene. L’italiano della cucina non è solo pizza (parola d’origine molto controversa!) e spaghetti. Arricchitasi nei secoli di materiali provenienti da tutti i dialetti della Penisola (dal pesto genovese alla fontina piemontese, dalla ribollita fiorentina al cannolo siciliano), ma anche dalle molte lingue con cui è entrata in contatto (bistecca, pasticcio e cotoletta sono parole d’importazione), la gastronomia italiana meriterà un grande vocabolario di cui gli autori del volume annunciano la preparazione. Abbiamo già l’acquolina in bocca.
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Giovanna Frosini,
Sergio Lubello
L’italiano del cibo
Carocci, pagg. 128, € 13