Domenicale, 17 marzo 2024
Elogio della bocca chiusa
L’esistenza umana sarebbe certamente molto più felice se negli uomini la capacità di tacere fosse pari a quella di parlare. Ma l’esperienza insegna fin troppo bene che gli uomini non governano nulla con maggior difficoltà che la lingua.
Per campare, dopo essere stato bandito dalla sinagoga con l’accusa di eresia, il celebre filosofo olandese secentesco Baruch Spinoza fu costretto a esercitare il mestiere di pulitore di lenti per cannocchiali e microscopi. Eppure il suo capolavoro, l’Ethica more geometrico demonstrata, a cui si dedicherà per tutta la sua breve vita di soli 45 anni, ha segnato un crocevia del pensiero occidentale moderno. Quell’opera complessa e rigorosa quanto un trattato di geometria, offre spesso spunti molto concreti che potrebbero reggere anche l’esistenza di persone che non s’azzarderebbero mai ad ascendere lungo i sentieri d’altura della filosofia.
È il caso del tema che abbiamo proposto, espresso da Spinoza in un linguaggio e attraverso un monito nitido e incisivo che può essere riassunto nell’invito a essere capaci di parlare in modo pari alla capacità di tacere. È questa, una lezione costante nell’etica di tutti i tempi perché è più facile pentirsi di aver parlato che non di aver taciuto. Ironicamente Woody Allen doveva sospirare: «Dio tace. Ah, se si riuscisse a far chiudere il becco all’uomo!». Già il grande Cervantes nel Don Chisciotte ci ricordava che «nella bocca chiusa non entrano mosche».