Corriere della Sera, 20 marzo 2024
La battaglia del prof Spalletti
«Per me i calciatori sono creature speciali, ma da loro voglio risposte speciali». Il c.t. della Nazionale, Luciano Spalletti, spiega le regole per far parte del gruppo degli Azzurri. Non vuole atteggiamenti eccessivi ed esasperazione del look. Ma pretende «totale sacrificio, pensando a chi i sacrifici li ha fatti davvero». Una sfida umana che va di pari passo con quella tecnica.
Libri, regole, studi scientifici, anche divieti se necessario, come quello appena annunciato della playstation e di altri dispositivi video dopo la mezzanotte nel ritiro azzurro. Nella valigetta del professor Spalletti non manca nulla per provare a ricostruire un gruppo all’altezza del ruolo di campioni d’Europa in carica: «Perché per me i calciatori sono creature speciali, ma da loro voglio risposte speciali».
Nell’estate magica di Mancini il richiamo alle regole non era così ossessivo, perché dopo anni di lavoro i principi chiave erano condivisi e anche i leader probabilmente avevano più peso di oggi. In due ritiri su quattro nella sua nuova avventura da c.t., Spalletti ha già dovuto fronteggiare due emergenze: quella legata alle scommesse a ottobre, con i carabinieri a Coverciano e la coppia Zaniolo-Tonali esclusa dal ritiro, e lunedì scorso la rinuncia ad Acerbi, che come età e ruolo dovrebbe essere un senatore di questa squadra, per il caso imbarazzante delle offese a Juan Jesus. In un contesto già agitato, Spalletti invece di omettere la «questione playstation» l’ha rilanciata anche lunedì, dopo averla messa sul banco in una intervista alla Gazzetta dello Sport a fine febbraio. Perché tre-quattro giocatori prima della sfida fondamentale di novembre contro l’Ucraina hanno giocato fino a notte inoltrata: «Se uno vuole sputtanarsi il tempo che ha, faccia come gli pare, ma non viene nella mia Nazionale – ha attaccato Luciano —. Sarebbe stata la stessa cosa se avesse visto una fiction: è una dipendenza e dormire fa bene, lo dicono i dottori».
Quest’ultima chiosa non è casuale, perché Spalletti, come la maggior parte dei coach di alto livello, si aggiorna, studia, ascolta gli specialisti di ogni settore. E, se è vero che non mancano gli approfondimenti sul ruolo positivo dei videogiochi per l’allenamento dei riflessi e per intensificare la capacità decisionale, qui stiamo parlando di un abuso che comporta un’alterazione del ciclo del sonno, fondamentale per chiunque, figurarsi per un atleta professionista. Il mix di sano buon senso e di solida preparazione rende Spalletti da sempre un maestro credibile: i decaloghi dei «giusti comportamenti», con annesso tariffario delle multe, li distribuiva già alla Roma, più di quindici anni fa. Nel frattempo il mondo è cambiato e nei lunghi momenti di tempo libero nei ritiri, come dimostra il caso scommesse, le tentazioni per i calciatori sono tante. Tanto da far rimpiangere le fughe notturne dei loro predecessori. Fin da subito Spalletti ha dovuto martellare sulla questione dell’atteggiamento e dell’attaccamento alla maglia azzurra («con me gioca solo chi si sbatte»), alla Nazionale, alla lunga tradizione gloriosa del nostro calcio. A costo anche di apparire stucchevole. Significa che non tutti potrebbero aver chiara la faccenda all’interno del gruppo, come dimostrano certi riferimenti espliciti: «Non si viene ridacchiando o a camminare con le cuffie come ebeti».
Tanto che come regalo di Natale per i suoi azzurri, Spalletti aveva promesso un libro sugli All Blacks, la mitica nazionale di rugby neozelandese: in inglese, il volume di James Kerr si intitola «Legacy», ovvero «eredità». Mentre in italiano (è edito da Mondadori) il titolo è diventato «Niente teste di c...». E se a prendere la decisione editoriale fosse stato Spalletti, avrebbe scelto la stessa frase a effetto, dietro alla quale ci sono principi di leadership e di vita di gruppo vissuti dall’interno, nel cammino preparatorio al Mondiale 2011 poi vinto dalla Nuova Zelanda «con l’ego sempre al servizio del gruppo». A quell’epoca non c’era ancora la dittatura social, fuori e dentro gli spogliatoi: Spalletti non vuole atteggiamenti eccessivi e esasperazione del look. Ma pretende «totale sacrificio, pensando a chi i sacrifici li ha fatti davvero». Una sfida umana che va di pari passo con quella tecnica. E come quella è una gara a ostacoli.