la Repubblica, 20 marzo 2024
Scorsese e la fede
Nel corso degli ultimi otto anni, Martin Scorsese e Antonio Spadaro hanno intessuto un dialogo intimo, fitto e di straordinaria intensità che ha toccato vari temi, e in particolare sulla fede. La conversazione, tuttora in corso, è avvenuta nei luoghi più disparati: la casa del regista a New York, l’ufficio della sua casa di produzione, l’albergo nel quale risiede a Roma, la sede della Civiltà Cattolica che Spadaro ha diretto per dodici anni e anche il Vaticano, dove Scorsese ha incontrato ripetutamente Papa Francesco.
La trascrizione di questa conversazione mai interrotta ha generato Dialoghi sulla fede, che si conclude con la prima bozza di una sceneggiatura su Gesù scritta sulla suggestione della prefazione del pontefice a un precedente testo di Spadaro, Una trama divina: «La prefazione mi ha dato molto da pensare» gli scrisse quando ancora si davano del lei «tanto che ho deciso di darle una risposta, di aggiungere qualcosa, solo che io sono un regista, non un filosofo».
Allo stato attuale Scorsese sta completando la sceneggiatura con il progetto di trasformarla in un film. Col tempo tra i due è nata un’amicizia sincera e profonda, e il dialogo si è sviluppato attraverso riferimenti iconografici, cinematografici, ma soprattutto letterari. Chi conosce Scorsese sa quanto sia irresistibile la conoscenza entusiasta ed enciclopedica che ha del cinema, ma in questo caso prevalgono i riferimenti a scrittori che hanno un ruolo fondamentale all’interno del suo percorso artistico ed esistenziale: Flannery O’Connor, Sh?saku End?, Fedor Dostoevskij e Marilynne Robinson.
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Il cinema appare piuttosto il risultato di un itinerario nel quale la base di partenza è in una dimensione puramente spirituale e i punti cardinali trascendono la scelta espressiva: nonostante la passione febbrile e il folgorante talento registico che esalta il linguaggio della settima arte, il cinema per Scorsese è un mezzo e non un fine. Illuminante in tal senso questo passaggio: «Ho cercato per molti anni di capire come Gesù viva nel mondo intorno a me, e come la sua presenza possa vivere in me ed essere espressa da me. Per molto tempo ho commesso l’errore di pensare che stavo esprimendo Gesù, quando in effetti stavo facendo un gran pasticcio: l’orgoglio, l’ego, essere il “grande regista”».
L’itinerario è stato per Scorsese una vera a propria Via Crucis, dove tuttavia, per citare Flannery O’Connor, la grazia riesce a splendere nel territorio del diavolo, e quando il regista parla dell’esperienza di chierichetto, Spadaro annota: «ne esce un miscuglio di legami di sangue, violenza e sacro. Per Martin i riti in chiesa erano drammatici, le liturgie bellissime. I ricordi in chiesa si fondono con quelli di ragazzino che, inconsapevolmente fa della strada il suo primo set cinematografico: quello della sua immaginazione, dei suoi sogni e dei suoi incubi, dove tra i personaggi c’erano gangsters e preti».
È il periodo in cui Scorsese fa l’incontro fondamentale con un sacerdote di nome Francis Principe, grazie al quale si rende conto che la sua vocazione religiosa poteva esprimersi anche attraverso il cinema. Ma sin da allora ha cominciato a chiedersi al termine di ogni funzione liturgica: «perché il mondo non viene scosso dal sangue e dal corpo di Cristo?».
Questo tormento rappresenta la forza propulsiva di un cinema nel quale l’elemento spirituale, presente sin dai primi film, è venuto oggi alla luce e lo vede individuare la grazia anche quando racconta personaggi che si macchiano di crimini orribili come il protagonista di The Irishman, che chiede «lasci aperta la porta» al prete con cui non ha avuto la forza di confessarsi. Nel suo viaggio, Scorsese ha bisogno di compagni e punti di riferimento: definisce Taxi Driver il suo Memorie del Sottosuolo, libro prediletto di papa Francesco, con il quale ha discusso del rispettivo amore per Dostoevskij.
Ha vissuto invece Silence, tratto da Sh?saku End?, come un passaggio imprescindibile, nel quale il personaggio apparentemente più lontano da Cristo è in realtà il più vicino. Lungo la sua Via Crucis Scorsese è stato ripetutamente al limite dell’autodistruzione, e quando cita «siamo brillantemente creativi e altrettanto brillantemente distruttivi», da Absence of Mind di Marilynne Robinson, Spadaro riflette: «Questo rende l’uomo inspiegabile, cioè irriducibile a spiegazioni: è “il mistero grande, stupefacente, del nostro mero esserci, del vivere e morire”. Per Martin mi pare che ci sia una differenza radicale tra un problema e un mistero: nel mistero la risposta non esaurisce la domanda. E i misteri non si devono trasformare in problemi».
Il dialogo trova il suo momento epifanico nella decisione di scrivere la sceneggiatura su Cristo, dopo aver rivelato di aver abbandonato il progetto in gioventù quando ha visto Il Vangelo Secondo Matteo: «cercavo l’immediatezza di Gesù qui, ora, non come una figura bella e perfetta, capace perciò di ispirare l’edificio di una bella chiesa, di una basilica come di una cappellina. Gesù non esiste solo lì. Gesù è con noi, sempre (…) Se guardi il Cristo di Pasolini, non è qualcuno che entra nella stanza e la illumina. E a volte se ne sta proprio lì, nell’angolo dell’inquadratura, è uno a cui non presti immediata attenzione: il primo è l’ultimo, l’ultimo è il primo».
Il dolore è sempre presente in questo viaggio tormentato, ma Scorsese sa che al termine della Via Crucis c’è la resurrezione, e il dialogo lascia nel lettore una luce catartica, che finisce per illuminare tutti i suoi capolavori, realizzati tenendo a mente il brano evangelico secondo cui è la verità a renderci liberi. Questo magnifico libro costringe a rileggere tutta la sua cinematografia alla luce di quanto confida all’amico sacerdote: «il cambiamento sarà sempre guidato dalle parole, dalle azioni e dalla presenza di Gesù», ed è impossibile non pensare alla citazione del vangelo di San Giovanni che ha voluto apporre nel finale di Toro Scatenato: «Se sia un peccatore, non lo so; una cosa so: prima ero cieco e ora ci vedo».
Il libro
Dialoghi sulla fede di Martin Scorsese e Antonio Spadaro (La nave di Teseo, pagg. 160, euro 16). Dal 22 marzo in libreria