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 2024  marzo 19 Martedì calendario

Il libro che fece l’Italia


Cos’è una nazione? Mai domanda appare più attuale oggi, con tanti nazionalismi e sovranismi risorgenti, sbandierati nella maniera più incongrua. Cosa è e come nasce una nazione lo si capisce avendo per le mani un libro incredibile, che al pari di Pinocchio e di Cuore contribuì a creare davvero il carattere degli italiani. Sto parlando de Il Bel Paese dell’abate Antoni Stoppani che Einaudi ripubblica nei Millenni in una edizione finemente curata da Walter Barberis (comprensiva di tavole illustrate e incisioni della prima edizione). Uscì nel 1876 e divenne subito un bestseller e poi un longseller di culto tanto noto che la Galbani usò il titolo per il suo formaggio, come garanzia di qualità. Il Bel Paese si inserisce nel filone della divulgazione scientifica positivista dell’Ottocento, quando un manipolo di illuminati pensava che per fare una nazione fosse necessario anche e soprattutto creare un popolo colto e in grado non solo di leggere, ma di capire cosa stesse leggendo e di apprezzare l’amore per la scienza e le scoperte che avrebbero migliorato la vita di tutti. Per rintuzzare, insomma, l’affermazione di Metternich secondo cui l’Italia non era altro che “una espressione geografica” e anche l’idea della penisola come terra di conquiste straniere, luogo di fazioni e tradimenti, di briganti e pericolosissima (vedi tante pagine dei vecchi Gran Tour).
Stoppani è stato scienziato, viaggiatore e patriota, sostenitore dei moti insurrezionali risorgimentali, posizione che bloccò la sua carriera ecclesiastica. Nato nel 1824, milanese di elezione, entrato in seminario a 11 anni, aveva studiato grammatica, retorica, filosofia e teologia. Ma la sua grande passione erano le scienze, in particolare geologia, e geografia, paleontologia, poi anche esperto di minerali e glaciologo. Nel 1861 ebbe a Pavia la cattedra di geologia. E per venti anni viaggiò in Italia, Europa e Medio Oriente, per soddisfare la sua curiosità per i fenomeni della natura e i segreti del creato (era pur sempre un religioso). Nasce da questa brama di sapere e di conoscenza il materiale che darà vita a questo libro, il cui titolo richiama il «bel Paese là dove ‘l sì suona» di Dante e a quello del Canzoniere di Petrarca: «bel Paese, ch’Appennin parte, e ‘l mar circonda et l’Alpe».
Stoppani pensò non tanto a un trattato accademico, ma piuttosto a una narrazione che potesse raggiungere il più ampio numero di persone possibile. L’intento pedagogico era chiaro, in linea con le leggi (Coppino e Casati) che favorivano l’alfabetizzazione dopo l’Unità d’Italia, con l’innalzamento dell’obbligo scolastico e la formazione di operai, impiegati pubblici e anche la classe dirigente della nazione. Fatta l’Italia andavano fatti gli italiani. E l’abate Stoppani si inventò uno zio scienziato e viaggiatore che in 29 serate racconta agli increduli nipoti le meraviglie d’Italia che ha visto. I personaggi si ritrovano ogni giovedì, davanti al caminetto nel salotto borghese di una casa milanese, per queste Conversazioni sulle naturali, la geologia e la geografia d’Italia. Ci sono molte serate (e capitoli) dedicati alle montagne (Alpi e Appennini), perché Stoppani era un grande camminatore e alpinista, tra l’altro primo presidente del Cai di Milano. I preti alpinisti sono stati una particolarità tutta italiana e con una grande tradizione valdostana (si pensi all’abate Carrel o a Pierre Chanoux), tutti esperti naturalisti, studiosi di geologia, mineralogia e meteorologia. Era un alpinismo al servizio della scienza, che si proponeva anche di educare i giovani alla disciplina, al godimento della natura e all’igiene del corpo e della mente. Scrive Stoppani: «L’uomo che sfida la fatica e i pericoli è un uomo che si fa conoscere. Gl’Italiani educati alla scuola del Club Alpino diverranno forti e l’Italia diverrà quindi un popolo di forti». Lontanissimo da quello che sarebbero poi stati i fondamenti dell’ardire fascista, la ginnastica alpina proposta da Stoppani e dal Cai di Quintino Sella erano invece un’esortazione a aspirare all’Excelsior ("più in alto"), non solo come motto ma anche come culto del progresso e rimandano al celebre Ballo Excelsior messo in scena alla Scala, che proponeva la vittoria della scienza sull’oscurantismo e magnificava la pila di Volta, la lampadina di Edison, il battello a vapore di Papin, il traforo del Frejus e il canale di Suez.
Montagne, ma anche scorci del Lago Maggiore, paesaggi marini e giù fino ai crateri del Vesuvio e dell’Etna (con un occhio alla vulcanologia e alla mineralogia): le bellezze naturali diventano elemento fondante dell’identità nazionale. Gli italiani dovevano puntare in alto, uniti, più istruiti e migliori, secondo Stoppani che scrive: «Ognuno deve anzi tutto fare i conti in casa propria: ché cercare d’altrui, mentre di possiede del proprio, è vergognosa mendicità». E anche: «Una buona di inerzia, una dose anche maggiore d’ignoranza, ci fa tributari degli stranieri».
L’attualità di questo libro non sta solo nell’analisi del carattere nazionale, ma anche in intuizioni che si rivelano oggi ancora più folgoranti, come i primi segni dello scioglimento dei ghiacciai e i pericoli del turismo di massa, dove già allora notava l’aumentare di gente ignorante che va nei luoghi senza rispetto. Letto oggi, con gli occhi dell’analfabetismo di ritorno che affligge anche quella che prima si chiamava borghesia (oggi ceto medio impoverito, forse) Il Bel Paese resta un’opera considerevole».