la Repubblica, 18 marzo 2024
Garrone sostiene che poteva vincere
«Per vincere bisogna aver fatto campagne di promozione lunghe e costose, sostenute da distributori importanti, e non era il nostro caso. Nessuno ci ha detto che avremmo dovuto iscrivere il film in tutte le categorie: non si parte tutti dalla stessa posizione, ci sono diecimila votanti nell’ultima fase, ed era impossibile farlo vedere a tutti, mentre nella categoria del film internazionale lo vedono solo in millecinquecento. E c’è chi mi ha chiesto perché non avevamo candidato tra gli attori Seydou Sarr». Le critiche sono rivolte al distributore americano del film, la Cohen Media Group, che è entrato nella partita tardi, ha seguito negli anni diversi candidati, ma tra le vittorie recenti nella categoria vanta sul suo profilo solo quella di Il cliente di Asgar Farhadi, nel 2017. Anche l’ad di Rai Cinema Paolo Del Brocco conviene che «la mancanza di un distributore americano adeguato e importante» ha pesato meno nella campagna. La potenza, la bellezza di Io capitano l’hannoportato nella cinquina in un’annata formidabile, ma gli ostacoli che il film ha superato sono stati molti. A partire dal fatto che il favorito Jonathan Glazer aveva una base di 900 votanti britannici, contro i cento italiani. Sbagliati, poi, i tempi di uscita, sia in Gran Bretagna che soprattutto negli Stati Uniti, dove è arrivato in sala a pochissimi giorni dalla fine del voto, uscito mesi dopo i concorrenti. «Io capitano è un film comunque strano», ha detto Garrone, «e alcuni festival (come Londra, Toronto, Telluride, New York ndr) così come i distributori europei di Euroimages – che in genere hanno sempre sostenuto i miei film – stavolta hanno detto no. Non c’è stata una motivazione scritta ma quando l’ho chiesto mi hanno risposto “perché trattava un tema così drammatico in modo avventuroso”». A Repubblica la regista franco-senegalese Mati Diop aveva detto: «Non vedrò il film, non posso accettare l’idea di mettere la telecamera su unbarcone e rievocare quei momenti. Non penso di poter sopportare l’esperienza da spettatrice. Per me quell’attraversamento appartiene a quelle persone, che salendo su quelle barche vanno oltre il coraggio. Penso che questo non sia rappresentabile. Non dubito della sincerità e del diritto di Garrone, ma è un’idea che mi disturba». Oltreal fatto che molti distributori avevano scelto i loro titoli al Festival di Cannes, mesi prima rispetto alla Mostra di Venezia, non bisogna sottovalutare che nell’attuale sensibilità cinematografica potrebbe aver pesato il fatto che a raccontare il viaggio dei due giovani africani fosse un regista non senegalese, ma italiano. Del Brocco lo avevasottolineato, alla vigilia degli Oscar: «Il film ha vinto le iniziali reticenze, si temeva l’appropriazione culturale, invece la critica afroamericana lo ha premiato ( l’African American film critics association, ndr). Il budget è stato forse il più alto per una campagna Oscar italiana e ha fatto un viaggio straordinario».