la Repubblica, 18 marzo 2024
Un sistema che si fonda sul “se magna”
Segnalato già dal solito Longanesi come carattere italiano, il “se magna” è oggi l’economia che segna e spiega, molto più delle pigre analisi sull’eterno ritorno del fascismo, il passaggio dai fasti del berlusconismo, che aveva come miti l’imprenditore e il manager, alle modestie del melonismo, che ha come miti il ristoratore e lo chef. In dieci anni, ha scritto il Sole 24 Ore, hanno chiuso 140 mila imprese, la metà solo in Piemonte e nelle Marche, al punto che la zona di Biella, che fu per decenni simbolo di modernità, sembra il sud del sud. E nelle Marche si è estremamente ridotto il prestigioso distretto industriale di Macerata, Fermo e Ascoli. I luoghi più diversi del Nord e del Centro subiscono la deindustrializzazione e, in apparente controtendenza, crescono le imprese al Sud, che non sono, però, fabbriche di satelliti. Sono ristoranti, agriturismi, b&b. Il mercato alimentare è d’importazione, ma le vendite all’estero dei prodotti “identitari”, a cominciare dalla pasta, valgono il 63,5% del nostro export. La tavola, già luogo fisico di ogni mediazione, che sempre finiva – ricordate? – “a tarallucci e vino”, ha cambiato davvero l’identità e forse pure l’antropologia italiane, proprio come profetizzava Prezzolini, che trovava più cultura nazionale nella pasta che in Dante, e fu l’ispiratore dei mille aforismi sugli spaghetti come speranza dell’avvenire. Ecco, l’avvenire è arrivato e la riconversione dell’industriale in oste ha funzionato soprattutto nel Piemonte: Eataly, il vino di Gaja, la carne fassona, le nocciole, la cioccolata, il tartufo, la vocazione di Alba a paesino-capitale delle meraviglie enogastronomiche dove gli stranieri comprano la seconda casa e per la strada incontri il re del Belgio e Brad Pitt. Friggono nell’olio d’oliva i deliri del sovranismo alimentare che mentre sventola la bandiera-cotoletta rifornisce di carne e parmigiano i settecento McDonald’s d’Italia, con il condimento in stampatello di Lollo, il ministro-cognato: «LA NOSTRA ALIMENTAZIONE È LA MIGLIORE DEL PIANETA». La pizza è il nostro orgoglio, il se magna e “l’attovagliarsi”, che è il neologismo politico-alimentare imposto da Dagospia, diventano l’orizzonte della comunicazione. Il bauscia berlusconiano, che era entrato in scena come un mangiafuoco, è uscito dolcemente come una nuvola dal paesaggio e ha ceduto il posto d’onore all’influencer: cibo e vestiti, dolcetti e belletti. Chiara Ferragni, che era la regina d’Italia, ha perso lo scettro e il trono trafficando con il pandoro e con le uova di Pasqua.