Corriere della Sera, 18 marzo 2024
La biografia di Charles Spencer. Un conte traumatizzato
LONDRA Un’infanzia vissuta all’insegna della crudeltà, dell’abbandono, dei soprusi fisici e mentali. Charles Spencer, nono conte dell’antico casato di cui porta il nome, fratello di Diana, figlioccio della regina Elisabetta, proprietario di una tenuta sterminata nei pressi di Northampton, con un libro testimonianza toglie il velo da quello che considera il flagello della classe benestante del Regno Unito – le sevizie sofferte per mano di presidi ed insegnanti nelle scuole private – e pone a sé stesso e ai suoi lettori una domanda: quanti esponenti del governo hanno sofferto come lui e hanno «una visione del mondo plasmata dalla violenza?».
«Sullo sviluppo del cervello i maltrattamenti subiti a scuola hanno lo stesso impatto di essere tolti ai propri genitori ed affidati ad altri», ha spiegato il conte alla Bbc. «Ti senti completamente solo ed abbandonato». Il suo libro, A Very Private School, una scuola molto privata, lascia poco all’immaginazione: racconta di bambini che dopo cena aspettavano in fila di entrare nell’ufficio del preside ed essere puniti per infrazioni, spesso insignificanti, del codice di comportamento dell’istituto, punizioni corporali, sadiche, che hanno lasciato cicatrici difficili da eliminare. Nel suo caso, la violenza si verificò a Maidwell Hall, il collegio dove venne mandato a 8 anni e dove rimase sino a 13, ma, sostiene il libro, si tratta di un problema sistemico, nel quale la scuola veniva considerata come il modo migliore per «forgiare i figli dell’impero, cauterizzando le emozioni di questi giovanissimi allievi affinché potessero servire ovunque senza sentire malinconia di casa».
I suoi traumi sono emersi grazie a diverse sedute di psicoterapia. Ci sono voluti cinque anni per scrivere il libro, un periodo durante il quale Spencer si è trovato ad affrontare i sintomi che provava da bambino: «Le emicranie, le palpitazioni, i sudori, gli incubi». «Ripensando a quegli anni credo di aver sofferto di bulimia», ha precisato, lo stesso disturbo alimentare della principessa Diana. «Vomitavo per attirare l’attenzione e per chiedere di non essere rispedito a scuola, ma purtroppo non ne ho mai parlato con mia sorella». Kate è soggetta allo stesso scrutinio di Diana: «Non credo», ha risposto, aggiungendo però che di fronte alla vicenda della foto truccata viene naturale chiedersi «dove sia finita la verità».
Sui social il conte sta condividendo le tante lettere che riceve da lettori che hanno sofferto come lui. C’è chi scrive che leggendo il volume ha risentito la stessa nausea che provava di fronte alla porta del preside, chi si complimenta. «Spero che questo libro aiuti altri a liberarsi dei demoni che si portano dentro». È un trauma collettivo che troppo a lungo è rimasto avvolto nel silenzio: «La grande congiura delle upper classes. Eravamo come agnelli portati al mattatoio».