Corriere della Sera, 18 marzo 2024
Il quinto mandato di Putin
L’Operazione elettorale speciale è finita. Vladimir Putin ha completato la sua trasformazione in zar di guerra, alla guida di un Paese al quale lui stesso ha disegnato un destino di eterno conflitto.
A questo serviva il plebiscito annunciato, al quale il Cremlino ha comunque dimostrato di tenere molto, perché un sistema politico sempre più autoritario e personalistico necessita di una riconferma periodica della popolarità del proprio leader. Altri sei anni di potere assoluto, da aggiungere ai precedenti ventiquattro, tenendo conto del fatto che la riforma della Costituzione da lui voluta gli garantisce anche un sesto mandato, consentendogli di rimanere presidente fino al 2036.
Il futuro
La Russia ha davanti a sé un futuro che somiglia molto al suo recente passato. A due anni dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina, il Comandante in capo si è sempre mostrato molto sorridente. Al fronte, le cose vanno bene, con la presa della città di Avdiivka e l’inferiorità non solo numerica ma anche bellica dell’esercito di Kiev. Nonostante le sanzioni occidentali, nessuno dei membri dell’élite russa ha disertato. L’economia cresce del 3,6 per cento, in virtù di una riconversione bellica dell’intero comparto industriale, al quale è destinato il 40% del budget federale. Anche se quest’ultimo è un dato che pone una serie ipoteca sulla fattibilità di eventuali riforme. Quanto all’opposizione, la sua fine è nota. «Perché cambiare la strada che stiamo percorrendo?» si è chiesto Putin durante l’ultima intervista televisiva prima del voto. Non era una domanda, ma una dichiarazione programmatica. Il Cremlino ha trasformato queste presidenziali in una sorta di rito civico a cui la popolazione doveva adempiere. Gli sfidanti ancora più finti del solito servivano a far passare il messaggio che non può esistere spazio per l’opposizione, quando un Paese vive sotto la minaccia costante delle potenze occidentali.
Le promesse
La politica interna non esiste. Putin non ha neppure pubblicato un programma elettorale. Durante il suo annuale messaggio all’Assemblea federale dello scorso 29 febbraio, ha parlato di alcune linee guida nazionali che sembrano andare tutte nella direzione di una società russa modellata in chiave antioccidentale. Dio, patria e famiglia tradizionale, con la donna ridotta ad angelo del focolare cui spetta il dovere della procreazione. Le regioni dove gli indicatori della natalità sono più bassi rispetto alla media nazionale riceveranno finanziamenti supplementari; il mutuo agevolato per l’acquisto di un appartamento per famiglie con più figli sarà prolungato fino al 2030, e il cosiddetto «capitale materno», il pagamento una tantum per la nascita del secondo e di ulteriori eredi, durerà per altri sei anni.
«La nuova ideologia che serve alla Patria è quella di una Russia con prole numerosa, alla quale potremo un giorno tramandare le nostre tradizioni». A tale proposito, esiste il piano «Giovani della Russia» dedicato alla scuola, che provvederà a realizzare «un saldo e omogeneo legame» tra tutti i livelli dell’istruzione, dalle primarie all’università.
La proposta sulla quale Putin ha più insistito durante i suoi viaggi per il Paese è stata quella di affidare posti di comando in tutti i settori alla «vera élite della Russia», ovvero i soldati dell’Operazione militare speciale e non a coloro che si sono riempiti le tasche negli anni ’90. I veterani del conflitto in Ucraina dovranno occupare le posizioni guida nella pubblica istruzione, nelle compagnie statali, nell’imprenditoria e negli enti pubblici. Il programma che riguarda la loro promozione sociale si chiama «Il tempo degli eroi».
Guerra per sempre
Subito dopo ogni rielezione, Putin cambia qualche pedina nella sua scacchiera. Si sta facendo avanti una generazione ancora più fedele e spregiudicata di quella precedente. Gli asset confiscati alla francese Danone stanno per essere ceduti al ventinovenne Mintimer Mingazov, mentre si vocifera che il prossimo capo del governo potrebbe essere l’ancor giovane Dimitry Patrushev, ministro dell’Agricoltura e figlio di Nikolaj, uno degli uomini più vicini allo Zar. Il circolo ristretto, il cosiddetto clan di San Pietroburgo, invece non subirà modifiche. Tutti coloro che fanno parte della verticale del potere putiniano sanno bene che le loro fortune dipendono dal mantenimento del ruolo attuale. Fedeli allo Zar. Anche perché non se ne intravede la fine politica. L’unico vero tema sul tavolo di queste cosiddette elezioni era la convalida delle scelte strategiche in materia di politica estera. Le autorità stanno cercando di evitare una nuova mobilitazione parziale, dopo che quella del settembre 2022 si era rivelata molto impopolare. Ma adesso, dopo il grande concerto di oggi sulla Piazza Rossa, che coincide con la celebrazione del decimo anniversario dell’annessione della Crimea, Vladimir Putin avrà le mani ancora più libere di prima.