Corriere della Sera, 17 marzo 2024
Intervista a Tiziana Panella
Q uando ha tirato un sospiro di sollievo?
«Quando mi ha stretto la mano e ho capito che mi sentiva. Ma ho respirato davvero solo quando lui è uscito dalla terapia intensiva».
Lei è Tiziana Panella, giornalista, conduttrice di «Tagadà» tutti i giorni su La7; lui è il professor Vittorio Emanuele Parsi, noto politologo. Panella poco prima di Natale ci aveva raccontato di sé: la sua vita, il lavoro, i suoi affetti, la figlia Lucia e il compagno Vittorio. Che il 27 dicembre viene sottoposto d’urgenza a un intervento chirurgico delicatissimo. Resta in coma per giorni, vivo per miracolo. Ora la lenta guarigione. E anche la vita di Tiziana è stata in stand by. Tutto fermo, bloccato. Poi è ripresa la vita. E ci siamo risentite.
Dobbiamo aggiornare il nostro incontro... Fino a Natale andava tutto benissimo, poi quel tremendo 27 dicembre.
«Sì, io e Vittorio saremmo dovuti partire il giorno dopo, andare al caldo per le vacanze. Lui era a Cortina per la presentazione del suo libro. E mi ha chiamato che stava male. Poi il 28 mattina la notizia del trasporto in elisoccorso verso Treviso per l’operazione. Sono corsa e quando sono arrivata da Roma, era in sala operatoria».
Poi la terapia intensiva. Lei sempre lì.
«Sì sempre, con le sue figlie e l’ex moglie».
Momenti di...?
«Di grande amore, perché ho toccato con mano quanto amore c’era attorno a lui. Ma mi porto dietro la paura devastante».
Cosa faceva la notte con quella paura?
«Gli scrivevo tutte le sere, un breve diario della giornata, via WhatsApp. E poi stavo con le sue figlie e la sua ex moglie: prima non avevo rapporti con loro, ma la conoscenza e l’amore per lui ci hanno fatto diventare una famiglia unita. Ciascuno con il suo dolore»
Tiziana Panella è una donna del Sud: solare, generosa, affettuosa. È cresciuta a Caserta, un fratello, una sorella, i genitori, tutti ancora lì. «Una famiglia bella, grande, unita».
Lei che rapporto ha con la sua bellezza? Lo sa che parlano di lei come una giornalista molto in gamba e molto bella?
«I miei fratelli erano quelli belli, io quella intelligente... quando l’ho capito, che ero una ragazza piacente, era troppo tardi. Ma davvero non l’ho mai considerato un punto di forza e questo mi ha aiutato perché mi ha evitato di distrarmi e di confidare sul mio aspetto fisico. Direi che sono più consapevole oggi di essere piacevole, che a 20 anni».
Perché ha scelto il giornalismo e non la danza, sua grande passione?
«Perché sono troppo alta. Ho una struttura fisica mediterranea che non ha mai aiutato. Ma essendo testarda, amavo a tal punto la danza classica che ho lavorato sul mio corpo per costringerlo ad essere compatibile. La danza è rigore in tutto: orari, abbigliamento, capelli. Se non eri perfetta ti sbattevano fuori».
Un’autodisciplina forzata. Perché?
«Era il posto dove stavo meglio e mi piaceva chiedere al mio corpo un sacrificio. Un obiettivo verso la perfezione. Un’autodisciplina che ho dovuto interrompere a 21 anni perché avevo sottoposto il mio corpo a uno stress incredibile. Ho dovuto scegliere e fermarmi».
Quando è nato il sacro fuoco del giornalismo?
«È cominciato in seconda media. Ho avuto una prof di italiano fuori dal comune. A 12 anni mi ha portato a visitare il carcere di Caserta e questo mi ha consentito di aprire il cuore e lo sguardo sul mondo. Mi disse: “Andiamo a vedere cos’è la libertà”. E da allora ho capito che è sano non dare le cose per scontate».
Nel ‘94 arriva in Rai. E per un periodo lavora e conduce «Chi l’ha visto?». Cosa le ha dato quella esperienza?
«Non dimentico la disperazione dei genitori. Essendo madre capisco molto bene che non sapere dov’è tuo figlio è devastante. Credo che sia il livello estremo di sofferenza che possa esistere, probabilmente peggio della morte».
Poi arrivano «Il raggio verde» e «Sciuscià» con Michele Santoro
«Per me è il Maestro. Con lui ho sperimentato una grande libertà. Ricordo quando mi ha assegnato un servizio sull’emergenza rifiuti in Campania: “Parti domani, e fai tu”. Io vado, giro, torno, monto il servizio. Poi in sala montaggio, lui guarda l’intero filmato e fa solo minuscoli spostamenti o tagli che sono dei veri tocchi da Maestro. Un senso televisivo e giornalistico incredibili. Con lui sperimentavi la fiducia. Il messaggio era: “Non ti do indicazioni, mi fido”».
Neppure una sgridata, una sfuriata?
«Beh, il giorno dopo il programma si analizzava la curva degli ascolti tutti insieme e lì non c’erano sconti per nessuno. Ti diceva in modo diretto quello che non andava, e lo diceva anche a se stesso».
Oggi quando Santoro va ospite in tv sembra arrabbiato col mondo, talvolta perfino rancoroso. Lei che lo conosce, che ne pensa?
«Non so... diciamo che la televisione che ha fatto lui, io non la vedo quasi più in giro e per me è una grande perdita. Credo che questo sentimento di ingiustizia sia molto forte in lui. Non è rancore».
Lei si commuove spesso: la pagella delle elementari di sua figlia, i balletti a teatro. Ma vedendola in tv non si direbbe. È sempre così controllata.
«In tv ho un’autocensura incredibile, un pudore fortissimo. Specie quando racconto storie dure: se c’è il dolore di un altro, non posso essere io a piangere. È una forma di rispetto».
Come arriva a La7?
«Mi ha chiamato Gad Lerner per fare il Tg della sera. Tutto è durato come un gatto in tangenziale perché è cambiato subito il direttore, ma non ho mai avuto il rimpianto di aver lasciato la Rai. Il bilancio è più che positivo».
Ballerina mancata
Avevo la grande passione della danza classica, ma ero troppo alta e ho dovuto smettere. Sono più consapevole oggi di essere piacente rispetto a quando ero una ragazza
Ora tutti i giorni è in onda con «Tagadà», un programma di approfondimento.
«Da 15 anni conduco un programma quotidiano. È una bella fatica fisica. Questa è la nona edizione di “Tagadà” e l’aspetto più bello è che siamo una squadra.
Deve ringraziare qualcuno a La7?
«Le chiacchierate con il direttore di rete Andrea Salerno sono state fondamentali. Mi ha detto: “Fai quello che ti diverte”. E devo dire grazie anche a Marco Ghigliani, l’amministratore delegato. Se non sto bene, la prima telefonata è sempre la sua».
Per lei la squadra è fondamentale vero?
«Assolutamente. Alcune persone di “Tagadà” sono lì dal primo giorno, persone di rara qualità e quasi tutti hanno ricevuto altre offerte di lavoro e non se ne sono andati perché stare a “Tagadà” è anche un modo di stare insieme».
Ha un atteggiamento materno con i suoi collaboratori: non la si vede mai indispettita.
«Se salta un collegamento non me la prendo mai. Io amo lavorare con persone per bene, non amo chi vuole solo farsi notare».
Con i colleghi de La7 vi frequentate anche fuori? Siete amici?
«Stimo moltissimo Alessandra Sardoni, ho delle piacevoli frequentazioni con David Parenzo, Diego Bianchi mi fa molto ridere; ho un buon rapporto con Formigli e con Floris con cui ci rubiamo il pesce crudo. Sono affezionata a loro, non so proprio vivere nel conflitto».
È vero che tanti anni fa si è rotta la schiena e si è innamorata del chirurgo che l’ha operata?
«Verissimo. Ci siamo innamorati e sposati nel giro di pochissimo».
E poi?
«E poi dopo un po’ è finita».
E nella sua vita è entrato un collega.
«Sì ci siamo conosciuti nel 2001 a La7, entrambi arrivavamo dalla Rai».
Come vi siete innamorati?
«Mi ha invitato fuori con la moto, salgo e andiamo al mare a mangiare. Nel tragitto lui si mette a cantare “Jeeg Robot d’acciaio” e io penso che voglio fare un figlio con lui».
Ed effettivamente è nata Lucia.
«Sì. Prima ero molto impegnata con il lavoro, poi ho cominciato a pensare alla maternità e quando è nata Lucia ho scoperto una vocazione. Avevo già 35 anni: se ne avessi avuti 20 avrei fatto una squadra di calcio. È certamente il viaggio più bello della vita. Con Lucia mi si è accesa la vita. Ma sul serio».
In che senso?
«Quando è nata mia figlia ho scoperto una malattia degenerativa. Mi hanno detto: “Salutala”. L’ho tenuta stretta per mano, per tre mesi, in ospedale. Devastata. Nel frattempo la mia salute migliorava. A tutt’oggi l’evoluzione della mia malattia è considerata un miracolo. Il mio rapporto con Lucia è particolarmente speciale».
Ne parla con molto pudore e non ne aveva mai parlato
«È così. Mia figlia ha scelto di fare Medicina. Vuole salvare vite, specializzarsi in chirurgia d’urgenza. Del resto cos’altro poteva fare? Penso che davvero sia il suo mestiere. Salva le vite da quando è nata...».
E lei e Parsi, anche lui volto noto in tv, come vi siete conosciuti?
«Galeotta è stata la guerra in Ucraina, due anni fa. Lui è stato molto spesso mio ospite e abbiamo cominciato a sentirci... poi lentamente, pendolari dell’amore: lui a Milano, io a Roma».
Adesso lui vive a Roma con lei?
«Sì, e la notte controllo che respiri bene. Lui mi ha regalato la capacità di essere felice».
Prima di Natale, alla domanda «È innamorata adesso?», rispose: «Sì, felicemente. Sto vivendo un amore in pace, senza nessun tormento. È un professore, è il mio compagno da un anno e mezzo, dopo un lungo periodo di sofferenza e assenza». Conferma tutto?
«Sì, tutto».
Cosa vi siete detti, dopo lo «tsunami»?
«Una cosa meravigliosa. Ma non la dico».