Corriere della Sera, 17 marzo 2024
L’inchiesta su Unabomber Per 15 ex sospettati chiesto il test del Dna
C’è una novità nell’inchiesta bis su Unabomber aperta dalla Procura di Trieste nel novembre 2022, a quindici anni di distanza dall’ultimo dei 34 attentati messi a segno tra Veneto e Friuli dal 1994 al 2007. Sotto la lente, oltre agli undici indagati, sono finite quindici persone alle quali viene chiesto di sottoporsi volontariamente al prelievo del Dna. La novità è emersa perché a un anno dall’incarico conferito dal gip di Trieste al comandante del Ris di Parma Giampietro Lago, e alla professoressa Elena Pilli, antropologa molecolare all’Università di Firenze, di analizzare dieci reperti recuperati sui luoghi di altrettanti attentati e di compararli con il profilo genetico degli 11 indagati, i due periti, che domani avrebbero dovuto presentare l’esito del loro lavoro, hanno chiesto il rinvio dell’udienza al 30 aprile. Proprio per avere il tempo di procedere con i test genetici su questo secondo gruppo di soggetti, residenti tra Udine, Pordenone e il Veneto.
«Un anno fa abbiamo avviato l’incidente probatorio e la duplice richiesta ai periti di effettuare il prelievo del Dna sugli indagati e su una quindicina di persone che nella prima inchiesta erano state poste sotto indagine dalle Procure di Udine, Pordenone, Treviso e Venezia – spiega Antonio De Nicolo, procuratore di Trieste —. Al tempo i fascicoli sui sospettati erano confluiti alla Procura di Trieste, che ha finito per coordinare l’inchiesta con Venezia, ma che non ha ritenuto di doverli nuovamente iscrivere sul registro degli indagati perché i riscontri sul loro conto non avevano portato a nulla. Nemmeno oggi sono indagati ma poiché disponiamo di nuove tecniche investigative abbiamo scelto di non lasciare nulla di intentato».
Due mesi fa Lago e Pilli hanno concluso l’esame sul Dna degli indagati: ciò che emerge dalle indiscrezioni è che non ci sarebbero, al momento, riscontri rilevanti. Il gip ha chiesto di procedere sul secondo gruppo di persone, del quale però non si sapeva più nulla: la polizia ha appurato che sono ancora tutti in vita. Avvisati dagli investigatori rispetto alla richiesta di farsi prelevare volontariamente il Dna, a breve saranno contattati dai periti. Ma potrebbero rifiutare di collaborare. «E allora bisognerà capire cosa potrà fare il gip per imporre il prelievo coattivo, visto che non sono indagati – completa De Nicolo —. Il loro profilo genetico sarà comparato con i dieci reperti rimasti, perché gli altri sono stati distrutti durante le attività tecniche d’esame. È stato svolto un lavoro certosino, sono stati rivisti reperto per reperto». Per ora tra gli indagati restano i fratelli Elvo e Galliano Zornitta, di Azzano Decimo (Pordenone) e Belluno. Il primo è stato il grande sospettato della prima inchiesta ma la sua posizione fu archiviata nel 2009 perché il difensore Maurizio Paniz dimostrò l’alterazione della prova regina, il lamierino trovato in un ordigno inesploso, da parte del poliziotto Ezio Zernar, condannato a due anni. E poi ci sono i gemelli Lorenzo e Luigi Benedetti di Sacile; i fratelli Claudio e Dario Bulocchi di Fontanafredda; Luigi Favretto di Tarcento; Angelo La Sala di Lestans di Sequals; Cristiano Martelli di Azzano Decimo; Giovanni Fausto Muccin di Casarsa della Delizia e Luigi Pilloni di Gaiarine di Treviso, estraneo alla prima inchiesta e segnalato agli inquirenti dai carabinieri il 26 dicembre 2022.
Il problema è che 24 attentati sono prescritti e in giugno il procuratore De Nicolo andrà in pensione.