Corriere della Sera, 17 marzo 2024
Intervista a Sônia Guajajara, la ministra brasiliana per i Popoli indigeni: «Grazie a Lula»
ROMA La prima cosa che si nota di lei è il cocar, il copricapo di piume che Sônia Guajajara porta con fierezza per rimarcare l’appartenenza alla terra indigena dell’Arariboia, nel cuore della foresta Amazzonica, dove è nata 50 anni fa. La ministra per i Popoli indigeni del governo Lula, la prima al mondo a ricoprire quest’incarico, ci riceve seduta su uno dei divani della sontuosa ambasciata brasiliana in Italia, a Piazza Navona. La sua è una missione importante, quella per cui combatte da quando a 10 anni ha dovuto cominciare a lavorare per prendersi cura dei genitori, analfabeti: «Ho passato tutta la mia vita a lottare contro l’invisibilità delle popolazioni indigene. L’elezione del presidente Lula ha dato una nuova speranza al popolo brasiliano perché siamo tornati ad essere una democrazia e abbiamo messo i popoli indigeni al centro del dibattito politico. Sono orgogliosa di questo».
A che punto è la mappatura nazionale delle terre?
«Abbiamo già demarcato otto terre indigene e siamo riusciti a liberarne altre quattro da chi le abitava illegalmente. Ora ci sono altre 30 zone in cui dobbiamo combattere per far sloggiare chi viene a cercare oro, a tagliare alberi, ad allevare bestiame. È l’unico modo per raggiungere l’obiettivo di eliminare la deforestazione entro il 2030».
Il Congresso Nazionale sembra essere contrario alle nuove delimitazione delle terre e agli sgomberi che il governo sta portando avanti. Come se ne viene fuori?
«Non sono io che devo risolvere questo problema ma i cittadini che devono votare chi rappresenta questa diversità presente in Brasile. I proprietari terrieri sono molto forti in Parlamento e detengono la maggioranza. La tematica indigena è sempre motivo di dispute politiche ed economiche. Di sicuro noi continueremo a pretendere che sia rispettato il diritto nazionale degli indigeni alle loro terre».
Un anno fa avete dichiarato l’emergenza sanitaria nella terra indigena Yanomami proprio a causa dell’estrazione illegale dell’oro. Com’è la situazione ora?
Dobbiamo combattere per far sloggiare chi viene a cercare oro, a tagliare alberi, ad allevare bestiame È l’unico modo per raggiungere l’obiettivo di eliminare la defo-restazione entro il 2030
«Quando ci siamo insediati abbiamo trovato un popolo totalmente debilitato con situazioni croniche di denutrizione. Abbiamo stabilito nell’area un ufficio permanente del governo per garantire l’evacuazione di minatori e cercatori d’oro illegali, certo ci vorrà tempo per sanare la situazione ma siamo sulla buona strada».
Il governo ha fermato la deforestazione sulla terra indigena Apyretewa. Come?
«È stato fatto un lavoro intenso per far andare via più di 2000 persone che vivevano lì illegalmente, sono stati anche spostati 60mila capi di bestiame che venivano allevati senza alcun permesso in quel territorio. Ora dobbiamo continuare questo lavoro per altre terre che devono essere liberate dai cercatori d’oro, dai minatori, da chi vuole utilizzare il legname e da chi si è appropriato abusivamente della terra».
Qual è la situazione delle donne nelle terre indigene?
«In Brasile ci sono 305 diversi popoli indigeni, ognuno di loro ha la propria cultura, la propria tradizione e ogni popolo ha un modo diverso di rapportarsi con le donne. Tuttavia ci sono donne che sono già riuscite a rompere moltissime barriere e queste sono da esempio alle altre. Le indigene non vogliono essere sottomesse e cercano di partecipare alla vita pubblica anche fuori dalla tribù, è ovvio che c’è un tentativo di impedire che questo accada perché il Brasile è un Paese maschilista».