Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2024  marzo 17 Domenica calendario

Parla il nostro capo di stato maggiore: «I russi non vinceranno»

La Russia non sta vincendo la guerra. «Sono passati due anni e tutti i suoi obiettivi strategici sono falliti»: l’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, capo di stato maggiore della Difesa analizza il conflitto in Ucraina. E sui missili a lunga gittata spiega: «Andrebbero utilizzati con criterio. Occorre evitare il rischio di un effetto escalatorio e il coinvolgimento della popolazione».
ROMA Con l’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, 67 anni, il capo di stato maggiore della Difesa, è arrivato il momento di fare un punto sulla grave situazione internazionale e sui rischi che corre il nostro Paese.
Partiamo da qui, ammiraglio: la Russia sta davvero vincendo la guerra?
«Direi proprio di no. Quello che Putin voleva ottenere, cioè una vittoria in tre giorni, arrivare a Kiev e sovvertire la governance ucraina, non è accaduto. Sono passati due anni e tutti i suoi obiettivi strategici sono falliti. Addirittura Finlandia e Svezia sono entrate nell’Alleanza atlantica che ora può contare su 32 Paesi. È vero, adesso è in corso un contro-contrattacco di Mosca, ma fa parte della dinamica degli eventi. L’importante è che non si affievolisca il sostegno internazionale, perché la resistenza e il coraggio del popolo ucraino non sono cambiati, sono gli stessi di due anni fa».
Vuole dire che l’Europa dovrebbe fare di più per aiutare l’Ucraina?
«Sì, lo deve fare per aiutare gli ucraini ma non solo, anche per difendere i nostri valori, il nostro stesso modo di vivere. Perciò è necessario potenziare gli investimenti, essere coesi e lavorare sul multidominio, attrezzarci cioè per essere pronti su un ventaglio di arene: lo spazio, il cyber, la disinformazione. Sono queste le nuove frontiere».
Il presidente francese Macron ha offerto di inviare le sue truppe a Kiev, il ministro Crosetto lo ha escluso. C’è preoccupazione tra i nostri militari?
«No, il governo è stato chiaro, i nostri militari non andranno, anche se – fatemelo dire con orgoglio – sarebbero preparati a intervenire in un simile scenario».
Nel vertice di Weimar si è parlato di missili a lunga gittata da mandare in Ucraina: quanto sarebbero importanti per raddrizzare le sorti del conflitto?
«Non c’è dubbio che sarebbero importanti, ma andrebbero utilizzati con criterio. Occorre evitare il rischio di un effetto escalatorio e il coinvolgimento indiscriminato della popolazione».
Il ministro Tajani ha sottolineato il pericolo nucleare. Quant’è grande?
«Beh, io credo che lo stesso Putin sia consapevole che l’uso del nucleare sarebbe una sconfitta anche per lui. Il mondo intero non avrebbe un domani».
E per questo, forse, papa Francesco ha parlato del «coraggio della bandiera bianca»…
«La bandiera bianca nel mondo militare significa resa, ma penso che il Papa avesse in mente altro: il suo era un vero e proprio appello alla diplomazia per trovare una via negoziale che porti alla pace e salvaguardi l’essenza stessa della vita umana».
Il ministro Crosetto nei giorni scorsi ha escluso il ritorno della naja obbligatoria ma ha parlato anche del problema dell’età media sempre più alta tra le nostre forze armate. Ne potrebbe risentire l’operatività?
«Lo escludo, anche perché il governo sta già lavorando a un nuovo modello di sistema difesa-sicurezza integrato. L’ipotesi dei riservisti per esempio ha una sua validità».
E, da ammiraglio, che pensa della missione Ue Aspides ma soprattutto del ruolo guida dell’Italia?
«La situazione nel Mar Rosso è degenerata e la missione quindi è necessaria: ricordo che il 40% delle nostre merci passa per il canale di Suez. Per quanto riguarda la guida italiana credo sia il riconoscimento al valore e all’impegno negli anni delle nostre missioni: in Iraq, in Kosovo, in Libano, nel Golfo Persico».
La preoccupano le minacce degli Houthi all’Italia?
«Fanno parte della narrazione, ma non ci fanno paura. Abbiamo già reagito due volte ai loro attacchi, se capiterà la terza reagiremo ancora. Quando la nave Duilio ha abbattuto il drone, nel primo attacco, ho provato l’orgoglio di essere stato un marinaio e di essere un militare italiano. Il comandante Quondamatteo e il suo equipaggio sono stati bravi».
Come vede il futuro?
«L’Italia ha bisogno che l’Alleanza atlantica faccia attenzione non solo al fianco Est ma anche al Sud, dove i cambiamenti climatici, i fenomeni migratori incontrollati, il rischio di infiltrazioni terroristiche, le mire di Russia e Cina, perfino gli idrocarburi e le terre rare dell’Africa usate come armi di ricatto, costituiscono una minaccia alla stabilità dell’area. Guai ad abbassare la guardia».