il Giornale, 10 marzo 2024
Sulla mostra ferrarese «Mirabilia estensi. Wunderkammer»
«Mirabilia estensi. Wunderkammer» a palazzo dei Diamanti, a Ferrara. Una rivelazione. Storie antiche su cofanetti di pastiglia. Ho fortemente voluto questa mostra di meraviglie, sempre considerate ferraresi, testimoni della singolarità della corte estense, come sue gaudenti estensioni al pari delle vivande di Cristoforo di Messisbugo. Sono particolari e specifiche come la salama da sugo, il panpepato, la Torta Hebraica, il caviale del Po. Non escludo che sulle tavole di Ercole e di Alfonso vi fossero questi cofanetti rivestiti di pastiglia, dorata, dipinta e profumata, penso proprio per contenere confetti, come ornamento, con il loro aspetto di meringhe. D’altra parte la fattura stessa delle cassette ferraresi ha una ricetta, che va da un falegname a un pittore che può essere Cosmè Tura o il meno noto Geminiano Benzoni, a uno stuccatore che mima l’avorio con un composto di gesso, polvere di marmo e colla, uniti a ocra gialla e nero carbone, per ottenere «una sfumatura ambrata, più simile a quella del prezioso avorio», attraverso stampi di metallo. Il nome di questo composto nelle fonti è «pasta di muschio» o «pasta di odore», tanto da far pensare che nella pastiglia vi fossero essenze di muschio, ambra o altri profumi, di cui non si è trovata traccia, salvo che non fossero cosparse sul cofanetto a opera compiuta.
Alta cucina. Degna dell’attenzione di un cuoco di corte, e anche Conte. Non si hanno molte notizie sulla vita di Cristoforo di Messisbugo. Il padre, Antonio, servì i duchi di Ferrara nel 1491 e 1493. Cristoforo nel 1519 era sottosospenditore ducale e seguì Alfonso I d’Este in missioni politiche e diplomatiche. Con Ercole II d’Este divenne Provveditore, conservando l’incarico sino alla morte, nel 1548. Fu nominato conte palatino da Carlo V il 10 gennaio 1533, e prese in moglie la nobile ferrarese Agnese di Giovanni Giocoli. Fu spesso chiamato alla corte dei Gonzaga di Mantova, inevitabile consulente della duchessa Isabella d’Este, committente certa di aromatici cofanetti, memori di storie antiche e di miti. Messisbugo scrisse un libro di ricette, pubblicato postumo nel 1549, Banchetti composizione di vivande e apparecchio generale, in cui sono elencati tutti gli elementi necessari per un banchetto principesco, dall’arredamento agli utensili da cucina, con meticolose ricette. Andrebbero cercate lì notizie dei nostri cofanetti, difficili da pensare altro
che in tavola. Nelle descrizioni dei Banchetti di Messisbugo vi è la prima citazione conosciuta della preparazione del caviale di storione ferrarese, «caviaro per mangiare, fresco, o per salvare».
Preziose e povere insieme, queste cassette sono prove di ingegno che affondano nel gusto dei grandi pittori ferraresi, nelle macchine dei troni più meravigliosi del mondo e nelle loro decorazioni a finti rilievi, come si vede nella pala portuense di Ercole de’ Roberti, o nelle intarsiate composizioni di Ludovico Mazzolino, ricordate da Francesco Traversi. Databili tra la fine del ’400 e i primi decenni del ’500, i cofanetti in pastiglia nascono come contenitori di gioielli, monete, medaglie, lettere, rosari e forse profumi e dolciumi. Toilette di dame, contenitori di doni, per feste e occasioni memorabili. Rivestiti di stoffe o carte preziose nelle pareti interne, avevano tra il coperchio e la scatola le serrature a scatto. Ricordano quelli in osso realizzati, tra XIV e XV secolo, dalla bottega degli Embriachi, di certa destinazione nunziale.
Con la grande pittura ferrarese, ho ritenuto importante celebrare anche questi eroici esempi di produzione industriale, ovvero di arte applicata, visti nel corso di una vita, prima ancora che nei musei (indimenticabile la grande scatola nel museo di Orte), presso collezionisti e antiquari, fino a individuarne molte presso un raffinatissimo amico torinese, Luigi Quaranta, che ne ha raccolte quanto il suo cognome e le ha dotate di un catalogo curato da Claudio Bortolotto, dopo le aperture di Patrick M. De Winter, di soli quaranta anni fa, e del compianto e appassionatissimo Leonardo Foi (con Luciana Martini). Un altro cospicuo gruppo è stato costituito da un capriccioso antiquario ferrarese. Materia, dunque, ancora largamente inedita e poco studiata. Così, intersecandosi, e motivatamente, con Escher, ne ha fatto ragione di motivata e problematica ricerca il curatore Pietro Di Natale il quale, sulla scorta delle ricerche del Bortolotto, sintetizza: «per comprendere il clima culturale nel quale nacquero i cofanetti in pastiglia istoriati è illuminante proprio la figura di Isabella d’Este, primogenita del duca di Ferrara Ercole I e di Eleonora d’Aragona, che si trasferì alla corte di Mantova nel 1490 quando si unì in matrimonio con Francesco II Gonzaga. Com’è noto Isabella, primadonna del Rinascimento italiano, fu, oltre che mecenate, una delle più appassionate, colte e voraci collezioniste del suo tempo. Cofanetti e cassette d’argento, di cristallo, d’ebano,
d’avorio, di legno intarsiato figuravano tra le opere della sua favolosa raccolta riunite, nella Corte Vecchia del Palazzo Ducale, nello Studiolo, impreziosito dai dipinti di Mantegna, Perugino, Lorenzo Costa e Correggio, e soprattutto nella Grotta, dove le rarità artistiche e naturali erano esibite. Vi si potevano ammirare oggetti di ogni tipo, e tutti di altissima qualità: vasi in pietre dure, gemme incise, cammei, medaglie, porcellane, argenti, lavori in filigrana, cristalli, conchiglie trasformate in oggetti d’uso rifiniti in metallo prezioso, oggetti-gioiello di carattere religioso, contenitori di essenze preziose, orologi, reperti archeologici, sculture in marmo (tra cui due Cupidi dormienti, uno attribuito a Prassitele, l’altro a Michelangelo) e in bronzo. (...) Il carattere eclettico della vasta raccolta isabelliana e la mescolanza delle opere nella Grotta saranno elementi distintivi di quel tipo di collezione principesca, diffusosi nella Mitteleuropa già nel primo Cinquecento, denominata Wunderkammer».
I viaggi nei labirinti di Escher, esposti negli stessi spazi a Ferrara, le sue monocrome xilografie e litografie, si rispecchiano nelle mitologie e negli immacolati viaggi di navi con le bianche vele contro cieli dorati sui cofanetti. Le decorazioni geometriche, gli animali fantastici sui coperchi, il Paradiso e l’Inferno, le tassellature, le spirali, tutto si trova nei cofanetti e si ritrova in Escher. Sono storie parallele in contesti incomparabili. Come è prodigioso vederli accostati in quella grande scatola che è Palazzo dei Diamanti, bianco come la pastiglia, insolito come la fantasia di Escher. E quale migliore casa per le Mirabilia ferraresi, in una ideale Wunderkammer? Così ho pensato di portarle tutte qui, a fianco delle specialità ferraresi e in onore di Isabella d’Este. E ho fatto inseguire naturalia e artificialia, diffusa meraviglia, in ogni luogo, da La Rochelle all’Abbazia benedettina di Seitenstetten, da Copenaghen a Dresda, da Vienna a Praga, da Firenze a Londra, a Malplaquet House, da Milano a Parigi, dall’occhio rapace e vorace di Massimo Listri che le ha catturate e sostituite. Esse sono tutte raccolte, da migliaia di chilometri, in Palazzo dei Diamanti, scintillanti fra i profumi delle animate pastiglie, in uno spazio perfetto che evocano e prefigurano.