il Fatto Quotidiano, 15 marzo 2024
La sabbia, l’alloro e le mappe: Moro morì vicino a via Caetani
Come in ogni caso da risolvere, un investigatore partirebbe sicuramente dalla fine: tarda mattinata del 9 maggio 1978, il corpo dell’onorevole Aldo Moro (sequestrato il 16 marzo) viene trovato nel baule di una Renault 4 rossa. Le perizie svolte dai geologi e dai botanici dell’epoca poco dopo il ritrovamento del corpo ci danno indicazioni sul luogo in cui l’autovettura presumibilmente si trovava nel momento dell’omicidio.
Sappiamo cge sia sulle suole, che, in piccola parte, sulle ruote della Renault e, soprattutto, nei risvolti dei pantaloni di Aldo Moro c’era della sabbia. Le analisi la classificarono come proveniente da un tratto di costa a circa 100 metri dal mare tra Marina di Palidoro e Focene (Roma). Ma se la sabbia arriva dalla costa non è necessariamente detto che anche la vittima sia arrivata dalla spiaggia. Le tracce abbondanti di sabbia sulle gomme della macchina non avrebbero infatti alcun senso: come potrebbero essere rimaste attaccate alle ruote dopo un viaggio di oltre 20 km dal mare fino al centro di Roma? Per di più nessuna traccia di sabbia sui parafanghi, l’unico posto dove ci si sarebbe potuti aspettare di trovarne, a meno che la macchina procedeva a una andatura talmente lenta da quasi non lasciare tracce di sabbia sui parafanghi. È verosimile dunque che la sabbia fosse presente nel luogo dell’omicidio e che fosse anche molto vicina al luogo in cui il corpo di Aldo Moro è stato ritrovato.
Qual è uno dei pochi luoghi nel centro di una città come Roma dove fosse possibile trovare sabbia? Semplice: un cantiere. Solo in un cantiere in cui avvengano delle costruzioni o delle ristrutturazioni è perfettamente normale trovare sabbia per uso edilizio. Quella sabbia fu probabilmente prelevata sulla spiaggia romana nei mesi precedenti e accumulata nelle classiche montagnole che spesso si vedono nei cantieri.
Eventualità confermata anche dal bitume, dai pezzi di mattone sbriciolato e di tubature in PVC trovate sotto le scarpe del presidente Moro e sugli pneumatici della Renault. Tutti materiali di origine e natura prettamente edilizia, come viene riportato nella perizia geologica. Anche l’automobile in cui verrà ritrovato il corpo era completamente piena di materiale edile, tra cui pezzi di cavi elettrici.
Da questi elementi è quindi possibile presumere che l’omicidio sia avvenuto in un cantiere nel centro di Roma. I botanici che analizzarono la Renault 4 ci danno un altro indizio: sul corpo dell’onorevole Moro furono ritrovati alcuni steli di piante che crescono generalmente in zone in cui sono presenti dei ruderi. E oltre a ciò nella macchina furono ritrovati numerosi rami e foglie di alloro, pianta che tipicamente può crescere in alcuni giardini interni, talvolta lasciati incolti.
Ed ecco che come in un romanzo giallo d’altri tempi, giunge in soccorso del nostro “investigatore” una mappa che riporta una planimetria stilizzata di alcuni sotterranei. La mappa è stata riscoperta dalla compianta Rita Di Giovacchino, scomparsa nel 2021 e che a lungo collaborò col Fatto Quotidiano.
Come ricorda un articolo dell’8 maggio 2019 (“Aldo Moro, 41 anni dopo resta il mistero sulla prigione: i sotterranei di via Caetani e l’indagine interrotta sul Ghetto”) la mappa è stata attribuita da una perizia calligrafica alla brigatista Adriana Faranda e, forse, quel foglio era ciò che rimaneva degli scritti di un sopralluogo per esaminare il luogo in cui sarebbe dovuto avvenire il rilascio del prigioniero. Infatti si nota una grande attenzione alle metrature, quasi che fosse estremamente importante avere spazio di manovra con la Renault 4 all’interno.
Ebbene, le mappe corrispondono ai resti sotterranei del giardino della Crypta Balbi. Corrispondono infatti le numerose cisterne, le scale e perfino la distanza tra le colonne. Il giardino abbandonato si affacciava esattamente su via Caetani a circa 20 metri dal luogo in cui il corpo è stato ritrovato. Ed era un cantiere dagli anni 60 nel quale, nel corso del tempo, si sono succedute opere di demolizione e ricostruzione mai completate.
Riguardando le fotografie dell’epoca si vede come l’area fosse un cantiere edile che confinava con un giardino incolto pieno di alberi di alloro. Ecco perché i brigatisti potrebbero aver lasciato la macchina in quel punto in fretta e furia. E il modo in cui il presidente Aldo Moro è stato ucciso ci induce ancora di più a pensare che sia stata un’esecuzione impulsiva, non premeditata. È il referto autoptico a dircelo: il presidente della Dc viene colpito inizialmente da tre o quattro colpi con una raffica improvvisa. Una raffica inaspettata anche da Moro, che, da seduto, cerca presumibilmente di proteggersi con entrambe le mani davanti come dimostrerebbe la ferita a un pollice. Qualcuno ha deciso di sparare improvvisamente, mentre altri provano a salvarlo tamponando le prime ferite con dei fazzoletti (riportati nell’autopsia e poi mai più ritrovati).
Poi nel giro di alcuni minuti, probabilmente estremamente concitati (si vedono segni di trascinamento del corpo agonizzante e la sabbia entra nel risvolto dei pantaloni di Moro), i brigatisti decidono di completare il loro brutale assassinio nel baule della Renault 4 sparando altri 8 colpi. Poi la macchina viene lasciata a pochi metri dal luogo dell’omicidio in via Caetani.
Che cosa andò storto quella mattina del 9 maggio 1978? Chi interruppe la trattativa per la liberazione di Aldo Moro? Solo i brigatisti potrebbero dircelo.