Corriere della Sera, 14 marzo 2024
Fenomeno Barbero
C’è una particolare formula di paradosso incarnata nel professore più amato e seguito d’Italia. Questa figura retorica si manifesta quando Alessandro Barbero, reduce da una conferenza che ha radunato al teatro San Carlo di Napoli oltre duemila persone (perlopiù giovani), declina così una legittima richiesta di intervista: «Non sono mica un personaggio pubblico». E chi può dirsi tale se non lui?
Se non uno che sui social network, tra Instagram, YouTube e Facebook catalizza quasi un milione e mezzo di follower? La tesi del medievista più famoso degli ultimi anni è sempre la stessa: «Sono pagine gestite da altri». Verissimo, perché la popolarità di Barbero è uno dei rari casi di «alimentazione per interposta persona»: a caricare i contenuti e a postare video e meme, è un plotone di Vassalli (si chiamano così), barberiani osservanti, che ogni giorno officiano il culto.
E assomigliava a una forma di culto laico quella folla che lunedì scorso ha partecipato alla sua lezione al San Carlo, per gli 800 anni dell’Università di Napoli. Il rettore dell’ateneo, Matteo Lorito, ha sottolineato che il professore «ha accettato di intervenire gratuitamente e di soddisfare la nostra fame di sapere». In un certo senso, era nell’aria.
Quando, due mesi fa, un lunghissimo applauso dei suoi studenti ha accompagnato l’ultima lezione e quindi il suo pensionamento anticipato dall’Università del Piemonte Orientale, il 64enne storico torinese ha lasciato intendere che si sarebbe dedicato alla divulgazione, tra libri, conferenze e podcast. E oggi la verità che traspare dalla cronaca è che Barbero accetta sempre più di frequente inviti che arrivano da piccoli istituti scolastici, magari in occasione di giornate particolari, come è accaduto il 27 febbraio scorso, quando ha incontrato gli studenti del liceo classico Vittorio Alfieri di Torino nella giornata di autogestione. Anche qui, stesso copione: folla, selfie, autografi sotto gli occhi increduli del rappresentante d’istituto che lo aveva invitato, mai immaginando che avrebbe detto sì.
E che cosa è se non un «personaggio pubblico» quello che attira 40mila studenti collegati da ogni parte d’Italia per assistere a una conferenza dal titolo «A che cosa serve la storia?». È accaduto due giorni fa a Milano, nell’evento di Fondazione Corriere della Sera «Insieme per capire». Barbero ha risposto alle domande del giornalista del Corriere Iacopo Gori non solo davanti al folto uditorio virtuale ma anche in una sala Buzzati gremita (160 posti) e con gente in piedi. Gli argomenti? Il Medioevo, le guerre di religione, persino le abitudini degli antichi Sassoni. E quando, il 25 febbraio, è andato al centro sociale Leoncavallo di Milano a parlare delle rivolte popolari nel Medioevo, con la stessa arguzia ha affrontato il tema della lotta di classe e della «gestione dei beni comuni» in una pioggia di applausi che quasi quasi faceva resuscitare la sua vecchia tessera del Pci.
Il Fenomeno Barbero sembra una di quelle creature che il compianto Piero Angela descriveva con competenza e garbo: ama confondersi con l’ambiente circostante e si adatta anche ai climi più caldi, si mimetizza ma senza mai perdere l’istinto della lotta. Perché il prof, ogni tanto, scatena (consapevolmente e con forte spirito critico) qualche polemica, come quando durante la pandemia mosse delle critiche al Green Pass.
Ma forse il vero capolavoro del Fenomeno Barbero è l’abilità con cui domina i meccanismi della comunicazione: è influencer a sua insaputa, la cui fama è nutrita da mani altrui; riempie teatri come il Donizetti di Bergamo (532 posti sold out l’11 gennaio) parlando della Lega Lombarda e a Torino difende il centro sociale Askatasuna («è bene promuovere la convivenza tra pensieri diversi»); partecipa ai festival dei podcaster, in tv racconta Carlo Magno accanto a Paolo Mieli e su La7 ci delizia con In viaggio con Barbero; parla di cose complicatissime come il diritto medievale dalle tende delle rassegne estive e dai microschermi, è sulle copertine dei libri e nei meme virtuali. Ma ribadisce: «Non sono un personaggio pubblico». Però, in uno degli incontri recenti con gli studenti, a un ragazzo che gli chiedeva il segreto del successo, ha risposto così: «Mostro la passione che provo e mi piace stare sul palcoscenico».