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 2024  marzo 14 Giovedì calendario

Quanto sei fragile democrazia

Le democrazie nel mondo non sono molte, e soffrono. SecondoThe Economistdello scorso 15 febbraio: «solo l’8 per cento della popolazione mondiale vive in un sistema pienamente democratico». Le cose sono anche peggiori se si pensa che all’interno di quello stesso 8% molti sistemi democratici sembrano in pericolo o non sono abbastanza difesi da quel “popolo” (demos ) che dovrebbe vedere nella demo-crazia l’incarnazione del suo potere. Basta pensare al livello della contesa negli Stati Uniti o, su scala minore, alla situazione italiana tentata, forse, da una forma di governo definita con tono solo in apparenza scherzoso “capocrazia”. Prima di vedere per quali cause ciò avvenga, si può segnalare un piccolo dato positivo. Lunedì scorso 800 mila italiani sono rimasti fermi ad ascoltare una lezione di livello universitario data in Tv, prima serata, dal prof Luciano Canfora su La7.Una tale attenzione da parte di un numero non trascurabile di italiani è di per sé una buona notizia. Canfora ha discusso e analizzato che cosa sta succedendo ai sistemi democratici, quali possono essere le cause della loro debolezza. Le democrazie barcollano, s’è detto, perché viviamo anni di passaggio epocale dalla cultura della carta a quella digitale con tutte le possibilità di falsificazione che le nuove tecnologie consentono. Molti, interrogati, hanno ammesso di ritenere autentiche le immagini che ritraggono Donald Trump in prigione, oppure, al contrario, stretto nell’abbraccio di un afroamericani che lo festeggiano. La stessa futura regina d’Inghilterra ha pensato di ritoccare una foto di famiglia per scopi finora non accertati.Un altro possibile fattore di pericolo per le democrazie sta nella smisurata potenza finanziaria di alcune grandi società legate o alle nuove tecnologie o al petrolio. Dati attendibili mostrano, per esempio, che i fatturati di Apple, Saudi Aramco, Microsoft sono maggiori del prodotto interno lordo italiano. Non solo, queste società sono in grado di spostare masse di denaro utilizzandolo a grande velocità contro i lunghi tempi decisionali di una democrazia – tanto più, si può aggiungere, in un sistema di bicameralismo perfetto come il nostro dove ogni decisione dev’essere approvata alla virgola da due diverse assemblee.Questa situazione ha portato ad un depotenziamento dell’organo democratico per eccellenza, cioè il Parlamento. Deputati e senatori sono meno motivati di quelli di un tempo anche perché sentono che s’è perduta una parte importante della loro funzione. Anche per ragioni storiche; in Europa, per esempio, ha contribuito l’accresciuta importanza degli organismi direttivi dell’Unione. Basti pensare ai vincoli di bilancio che gravano sui paesi membri obbligandoli a certi comportamenti o a quantità prefissate di rientro da un debito eccessivo. Forse una parte dei cittadinivotanti non è del tutto consapevole di questi meccanismi, tutti comunque si rendono conto che molte cose sono cambiate e che la politica – cioè la democrazia – non funziona più come un tempo. L’immagine delle aule parlamentari vuote durante importanti dibattiti ha contribuito a diffondere sfiducia nel suo funzionamento.L’analisi del professor Canfora è proseguita con le conseguenze della scomparsa dei partiti politici. Nell’Italia del dopoguerra i partiti hanno costituito la nervatura di un Paese che stava cercando una nuova identità repubblicana dopo il disastro del fascismo. I partiti sono serviti a selezionare e ad educare il personale politico, evitando il rischio di vedere dei dilettanti arrivare a importanti responsabilità locali o nazionali per le quali si sono dimostrati chiaramente impreparati. Il crollo delle ideologie ha fatto il resto abbassando il livello di reclutamento di nuove leve per l’attività politica. Quegli orizzonti ideali, utopici che fossero, avevano dato alla politica una ampiezza d’ orizzonte che oggi non c’è più.Tra maggio e luglio 2023, la “Open Society barometer” ha effettuato un ampio sondaggio interrogando su questo tema più di 30 mila persone in 30 paesi. Solo 6 su 4 hanno definito con decisione la democrazia il miglior sistema di governo possibile. Una maggioranza non incoraggiante, se si considera quali sono le alternative. Tanto più che questa disaffezione è particolarmente evidente tra i giovani, Europa compresa, come se gli ottant’anni passati dalla fine delle dittature e della guerra avessero cancellato l’idea stessa dei disastri dai quali le moderne democrazie del continente sono nate.Ultimo fattore preso in considerazione, senza pretesa di averli esauriti tutti, la paura. Molti sono spaventati dalle grandi trasformazioni e dalle grandi migrazioni. Chi è spaventato chiede protezione, la figura di un padre- padrone, autorevole e forte, è ridiventata per molti preferibile a un sistema democratico dove le decisioni sono temperate, discusse,bilanciate. Su questo passaggio s’è svolta la seconda parte del programma che ha visto protagonista il professor Stefano Mancuso; fondatore della neurobiologia vegetale, si batte da anni per la salvaguardia dell’ambiente e del clima. Le sue tesi sono raccontate (con notevole abilità narrativa) nel saggio Fitopolis, la città vivente (Laterza). Nel giro di non molti anni, ha detto, l’aumento della temperatura globale costringerà milioni di persone a lasciare porzioni di pianeta diventate troppo calde e aride, cioè inabitabili. Tanto più che le zone più colpite dal riscaldamento saranno anche le più povere. Il tema della democrazia e del clima trovano qui un evidente punto di convergenza che dovrebbe spingere a unire le forze per contrastare con decisione il fenomeno. Per esempio, sostiene Mancuso, con giganteschi progetti di riforestazione (milioni di alberi) come ha fatto, dando al mondo un esempio virtuoso, la città di Seul. Ci saranno però politici abbastanza lungimiranti da capire che quella è la strada per difendere nello stesso tempo il pianeta e la democrazia? Una risposta potrebbe arrivare dal fatto che nel 2024 andranno al voto più di 4 miliardi di persone, oltre metà della popolazione mondiale. Elezioni vere e finte, libere e programmate, che comunque un segno potrebbero darlo. Di quale natura sarà lo sapremo solo a cose fatte.