la Repubblica, 13 marzo 2024
Freud, tu vuo’ fa’ il latinoamericano
Lo sapevate che Buenos Aires ha la percentuale più alta al mondo di psicoanalisti? Se venite a Londra a vedere la mostra “Freud and Latin America”, aperta fino al prossimo 14 luglio, capirete che non è un caso. Perché questa rassegna su Sigmund Freud, nella sua casa e oggi museo londinese della fogliosa Hampstead dove morì nel 1939 e dove troverete il suo leggendario lettino originale per i pazienti, racconta il fenomenale impatto sull’America Latina del neurologo austriaco e fondatore della psicoanalisi. Qui, in proporzione, il mito e l’influenza di Freud hanno avuto, secondo la mostra, un impatto addirittura più potente che in Europa, dove il maestro nacque nel 1856 (a P?íbor, allora Moravia, oggi Repubblica Ceca) per poi trasferirsi a Vienna da bambino con la famiglia. Insomma, la psicoanalisi non è soltanto eurocentrica.
Benvenuti dunque in questa splendida magione di Londra nord, al 20 di Maresfield Gardens, oggi Freud Museum London. Dove la leggenda del Novecento si è rifugiato dopo esser sfuggito a Hitler post Anschluss in Austria, dove ha vissuto anche la figlia Anna altra pioniera della psicoanalisi infantile, dove in giardino c’è ancora il tavolino dove Sigmund faceva colazione e dove è rimasto intatto anche l’iconico studio dove morì. Non solo. C’è ancora il suo famosissimo e indimenticabile lettino per la psicoanalisi, ma anche la libreria, la scrivania e migliaia di antichità, egiziane e di ogni altra parte del mondo antico, gelosamente collezionate da Freud. Perché la psicoanalisi, per lui, era soprattutto archeologia della mente.
Quando sfuggì alla furia nazista nel 1938, qui Freud riuscì a portare con sé anche 34 dei suoi 62 libri sull’America Latina, molti dei quali si possono ammirare in questa mostra. Oltre a reperti peruviani, testi spagnoli, foto, arte surrealista, editoriali sull’analisi del sonno nei magazine argentini degli anni Quaranta e le corrispondenze con gli psichiatri sudamericani che sparsero incessantemente il suo verbo nel continente. Un’eredità che si perpetua ancora oggi: come racconta la curatrice della mostra Jamie Ruers, «un terzo degli abituali visitatori del Freud Museum London arrivano dal Sudamerica, la maggior parte da Brasile e Argentina». Vagando nella mostra al primo piano, dove c’è una copia identica del divano-lettino dove ci si può stendere, capiamo perché. L’influenza di Freud sull’America Latina fu così profonda che non solo scrisse nel 1884 il libro sulla cocaina (Über Coca) sullo sfruttamento delle piantagioni in Perù e Bolivia. Ma negli anniQuaranta spopolò in Brasile Il mondo dei sogni, un programma radiofonico sulla radio nazionale durante il quale Gastão Pereira da Silva, psichiatra e devoto di Freud, ascoltava i sogni degli ascoltatori, per poi psicoanalizzarli in diretta. Oppure c’è un’urna funeraria di 1600 anni prima, che al guru austriaco venne donata da Honorio Delgado, altro suocollega e seguace peruviano, che Freud chiamò il suo «primo amico straniero» negli anni Venti e che esattamente un secolo fa pubblicò la prima biografia di Sigmund in spagnolo.
Del resto, Freud era affascinato dalla lingua spagnola. Un amore a prima vista, che diventò reciprocò con l’America latina tutta, che pure non visitò mai in vita. Autodidatta da quando il Don Chisciotte di Miguel De Cervantes divenne il suo libro preferito, che lui volle leggere il prima possibile in lingua originale. E quando da ragazzino iniziò a scambiarsi lettere in spagnolo con il suo pen-pal Eduard Silberstein, i due adottarono due soprannomi tratti dal Dialogo dei cani dello scrittore, Cipión e Berganza.
Ma perché Freud diventò così famoso in America Latina? Non solo per l’eco delle sue opere, le connessioni con Delgado e Silverstein, il passaparola, l’influenza crescente di pari passi con il marxismo contro l’oppressione e per la soggettività, come ha raccontato un libro di Bruno Bosteels nel 2012. Ma anche per alcuni incontri speciali. Come quello con Juliano Moreira, figlio di schiavi, che si imbatté nel nome di Freud nel 1913 a un congresso a Londra e travasò la psicoanalisi in Brasile.Tanto che ancora oggi nel Paese sudamericano ci sono centri psichiatrici a suo nome. Lo riflettono, nella mostra, anche i ritagli del quotidiano brasiliano Jornado degli anni Trenta, ai cui lettori veniva chiesto di raccontare i propri sogni per farli analizzare da un certo “Freudiano”. Lo stesso il magazine femminile Idilio, allora una sorta di Cosmopolitan argentino. E poi le opere in onore di Freud dell’artista brasiliano José Borges, di quello messicano Santiago Borja, nonché le fotografie della tedesca Grete Stern, maestra surrealista delle fantasie della donna moderna, come qui vediamo nei fotomontaggi proprio per Idilio che accompagnavano la sezione “La psicoanalisi ti aiuterà” della rivista.
Inoltre, il direttore del Freud Museum London è un italo-britannico, nato nella scozzese Dundee. Si chiama Giuseppe Albano ed è arrivato qui meno di due anni fa dopo esser stato a capo della casa- museo di Keats e Shelley in piazza di Spagna, a Roma: «Questo luogo è fondamentale, perché Freud decise di vivere e morire qui, dopo la diagnosi di cancro di 15 anni prima. La mostra racconta che Freud non solo era in costante contatto con studiosi e intellettuali latinoamericani, ma riuscì a penetrare meravigliosamente anche la cultura popolare del continente. Dove non è mai stato problematico e controverso come in Europa, ma sempre venerato. In Argentina ancora oggi, se hai mal di testa, ti dicono: vai prima dallo psicanalista, e poi dal medico».