Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2024  marzo 13 Mercoledì calendario

L’asse franco-tedesco sconfitto a Bruxelles

A memoria di diplomatico, non era mai successo che l’asse Parigi-Berlino fosse sconfitto in un voto a Bruxelles. Ossia che una decisione passasse nonostante l’opposizione delle due capitali. Secondo le minuziose verifiche dei giornalisti tedeschi, sarebbe addirittura la prima volta da quando la Ue (ma è più preciso dire, la Ceca) è nata. È accaduto questo: nel voto del Consiglio per dare più protezione ai lavoratori della «gig economy», dai raider agli autisti di Uber, Parigi era contraria e Berlino astenuta (ma agli atti pratici, l’astensione vale come un «no»). Per la verità, il ministro Spd in coscienza e cuor suo era favorevole, ma ha dovuto rispettare il veto posto dai liberali. È stato allora che la ministra del Lavoro greco Domna Michailidou che tutti davano per contraria – fiutando l’occasione o presagendo forse la soddisfazione di fare un dispetto ai tedeschi – ha cambiato posizione in «sì», nello «spirito del compromesso» e della democrazia, ha spiegato, facendo scattare l’applauso spontaneo in sala.
Da questo piccolo episodio si possono trarre almeno due lezioni. Che la Germania e la Francia sono battibili in Europa, che c’è spazio per controproposte. E in secondo luogo, che Berlino a forza di esportare a Bruxelles le divisioni del governo Scholz, di ragionare «per partiti» e non come Stato – che è il vero segreto della sua influenza – rischia di dilapidare il suo enorme soft e hard power