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 2024  marzo 11 Lunedì calendario

Intervista a Gianluca Vacchi


«Io sono un uomo che vive senza scheletri nell’armadio. Qualunque cosa venga fuori su di me la affronto. Però le confido che quando ho letto titoloni ovunque in prima pagina Gianluca Vacchi evasore, mi sono chiesto: Se mia figlia avesse dieci anni e leggesse queste cose, io come potrei spiegarglielo?. Ecco perché ora ho deciso di darle questa intervista. Perché sto pensando a mia figlia».
Inizia così la nostra chiacchierata con Gianluca Vacchi, 56 anni, bolognese, imprenditore e influencer italiano tra i più seguiti sui social. Solo su Instagram conta più di ventidue milioni di follower, in questi giorni è finito al centro delle cronache perché accusato, insieme ad altri influencer, di aver evaso il fisco. Così ha deciso di parlare al Giornale e spiegare quello che definisce «un enorme e strumentale equivoco».
Di nuovo al centro delle cronache. Ci racconta come stanno le cose?
«Si parla di evasione legata alla mia attività di influencer, facendo intendere un occultamento di redditi pari a sette milioni di euro. Io dalla Guardia di Finanza ho ricevuto una contestazione che ha portato al pagamento da parte mia di seimila euro. Sa perché? Perché mi hanno spiegato che non erano deducibili i costi legati ai viaggi in aereo».
Ma allora quei sette milioni da dove saltano fuori?
«Come imprenditore ho avuto diverse verifiche fiscali e la cifra in questione riguarda il periodo fra il 2017 e il 2019. Cerco di spiegarlo in maniera comprensibile a tutti».
Sentiamo.
«L’oggetto della contestazione erano dei finanziamenti, fatti alla luce del sole, dalla mia holding verso me stesso che per la Guardia di Finanza erano assimilabili a dei dividendi. Io, per amor di pace, ho convenuto con loro e ho pagato come se fossero dei dividendi. Ecco la storia dei sette milioni. Questa non si chiama evasione».
E come si chiama?
«Differente opinione sulla contabilizzazione fiscale di determinate voci. L’evasione a casa mia è quando tu vendi una cosa in modo occulto. Non era questo il caso. Niente di occulto».
Parliamo allora della sua attività di influencer. Lei in Italia conta il più alto numero di follower. Quanto le frutta questa attività?
«Esagero se dico che sfrutto economicamente i social nella misura del due per cento, ed esagero, rispetto a quanto potrei fare. La mia attività di influencer l’ho utilizzata in maniera quasi ridicola per fini economici».
Però, se non sbaglio, dicono che ogni suo post è valutato circa settantamila euro...
«Probabilmente è il valore che avrebbero se li avessi capitalizzati».
Mi vuol dire che non ha mai percepito un euro con l’attività di influencer?
«Le posso dire che le cose non stanno come vengono raccontate. In tutta la mia attività di influencer, circa dieci anni, le operazioni che hanno fruttato guadagno si contano sulle dita in una mano: ho fatto uno spot per la Seven Up, uno spot per la Banca Nazionale di Georgia, uno spot per un caffè molto importante in Russia. Fatti per curiosità e divertimento. Non ho mai visto le piattaforme social come veicolo di guadagno. Io guadagno con il mio lavoro, che è altro».
L’attività dell’influencer sembra essere presa di mira in questi ultimi tempi.
«Questa attività ha generato moltissime opportunità per tanti giovani che, magari più lesti di altri, sono riusciti a crearsi un lavoro. Ma non può diventare una colpa saper cogliere un’opportunità e metterla a frutto».
Cosa risponde a chi definisce il fenomeno degli influencer diseducativo?
«Probabilmente lo è, ma come tanti altri fenomeni storici avvenuti in altre epoche. La facilità dei guadagni è un grande equivoco. Molti pensano che guadagni molto per una foto che ti porta via trenta secondi del tuo tempo, ma non è così, perché in realtà tu non stai pagando quei trenta secondi. Tu stai pagando i dieci anni che io ci ho messo a diventare un influencer».
Perché allora se la prendono tutti con loro?
«Per la rabbia di non essere stati in grado di cogliere quella opportunità che sembra così facile. L’astio è in realtà l’idea che gli influencer siano lo specchio dell’insuccesso di quelli che avrebbero voluto farlo ma non ce l’hanno fatta».
Lei è spesso al centro di inchieste giudiziarie. Pensa di essere vittima della sua grande visibilità?
«Questo è sicuro, ma ci ho fatto l’abitudine. So perfettamente che la grande visibilità comporta dei pro e dei contro.
Sarebbe assurdo pensare solo ai benefici e a nessuna conseguenza».
Crede di suscitare più ammirazione o antipatia?
«Il confine fra l’invidia, l’emulazione e l’identificazione è sottilissimo. Qui c’è da fare una distinzione fra l’Italia e l’America, dove vivo metà dell’anno. In America se vedono un ricco che ce l’ha fatta lo guardano con ammirazione, in Italia con astio. Pur di attaccarti tirano fuori una non notizia legata ad una vicenda chiusa da anni».
Quella dei sette milioni?
«Certo, la vicenda fiscale che esula dalla mia attività di influencer è stata chiusa quattro anni fa. Quindi se dico che l’Italia nel 2020 ha vinto gli Europei, lei la ritiene una notizia? No. Perché allora dovrebbe esserlo questa?».
Ora qual è la sua attività?
«Sto cercando di capire come investire al meglio il patrimonio ricavato dalla vendita delle quote dell’azienda di famiglia di cui ero azionista. Mi sto guardando intorno».
Mi racconta come ha iniziato la sua attività sui social?
«Era un momento per me molto difficile, perché avevo subito parecchie ingiustizie. E allora mi sono detto: vediamo quali fenomeni nuovi avvengono in America, dove le cose accadono sempre prima. E così ho scelto. E mi sono creato una vita virtuale. Poi, dopo, ognuno vede le cose come vuole. Quelli superficiali vedono il balletto...».
Sono tutti impazziti per i suoi balletti...
«Sì, ma non era una cosa importante e non la faccio neanche tanto bene è solo marketing, prodotto civetta. La sostanza del messaggio è: Vivi come ti pare, perché la vita è tua. Io dico: la vita noi l’abbiamo ricevuta in prestito. È certa la data del prestito, non è certa la data della restituzione».
Ma si paga questo prestito?
«Si paga con tutti i dolori che subiamo giornalmente, le amarezze, le perdite. Sono gli interessi passivi. Poi ci sono gli interessi attivi, che sono il modo nel quale riesci a mettere a frutto questo prestito. Le gioie, i risultati, le nascite, i dialoghi, i successi».
Ma lei sente una responsabilità morale per i milioni di follower che la seguono e che in qualche modo influenza?
«La sento eccome».
E non crede che l’ostentazione della ricchezza possa essere un messaggio negativo per i ragazzi?
«Ognuno deve ricevere i messaggi e interpretarli come vuole. Non sono un tutore. Viviamo in un’era di informazione libera. Non voglio indirizzare o guidare. Un video di ostentazione della ricchezza può essere visto come una cosa eccessiva, ma c’è anche chi lo prende come un incoraggiamento e dice: voglio farcela anch’io».
Si sente Peter Pan?
«Certo non sono una suora di clausura».
Crede di essere un buon padre?
«Cerco di esserlo».
Le hanno mai chiesto di scendere in politica
«Ho poche regole di vita. Una è quella di essere un soggetto apolitico. Per me oggi non dovrebbero esistere più i partiti, o la faziosità, o la memoria alla quale la faziosità si aggrappa, ma dovrebbe esserci solo il buonsenso. E il buonsenso in politica dice che si sta allargando troppo la forbice tra chi è povero e chi è ricchissimo. E il problema è chiudere un pochino questa forbice, facendo prendere l’ascensore sociale ai più poveri. Non si fa gridando fascisti! Oppure gridando: comunisti! Si fa con una tecnica di redistribuzione».
Beh, redistribuzione è una parola un po’ comunista...
«Sì, ma oggi può essere capita anche da chi è molto lontano dall’ideologia comunista. Anche un imprenditore può dire: faccio un po’ meno profitto e pago un po’ di più i dipendenti. Redistribuzione vuol dire attenzione al sociale».
Biden o Trump?
«Né l’uno, né l’altro. Spererei in uno nuovo».
Dovendo scegliere uno dei due?
«Beh, Trump. Sono più vicino ai repubblicani»