la Repubblica, 11 marzo 2024
Sul cronolavoro
ROMA – Francesca è una insonne cronica e per il suo lavoro di grafica rende al meglio dopo l’ora di cena. Marco si sveglia alle 5 tutte le mattine e sostiene che i suoi migliori progetti da architetto li ha disegnati all’alba. Luca è invece un tradizionalista: per lui sedersi alla scrivania alle 8 per alzarsi alle 17 è perfetto. Traduzione non tutti lavorano allo stesso modo. E il mondo si divide in due: gufi contro allodole. Un articolo della Bbc racconta che, specialmente dopo il Covid, la tendenza dei dipendenti è quindi di spingere le aziende a farli lavorare quando sono in grado di dare il meglio.
Coniato originariamente dalla giornalista Ellen C Scott, il “cronolavoro” consente di abbandonare gli orari di ufficio standard e scegliere ritmi che corrispondono invece ai loro cronotipi personali, l’ora naturale in cui i loro corpi vogliono dormire. Ma quanti sono questi cronotipi? Per il “medico del sonno” Michael Breus, sono addirittura quattro, Secondo le sue indagini, il 55% delle persone riscontra il picco di produttività a metà giornata (dalle 10 alle 14); Il 15% è più adatto a partire la mattina presto; il 15% preferisce lavorare fino a tarda notte; e il 10% ha un ritmo circadiano più irregolare, che può variare di giorno in giorno.
Le esigenze delle aziende spingono invece le persone a lavorare a ritmi più tradizionali. Di conseguenza la giornata lavorativa di otto ore dalle 9 alle 17 è ancora la norma. Paladina del diritto alla disconnessione è la statistica Linda Laura Sabbadini: «La formula dello smart working ha reso le persone anche molto sole, io sono per una formula ibrida in cui in parte si può lavorare da soli anche assecondando i propri orari, ritmi ed esigenze e in parte si torni al lavoro in presenza dei colleghi». Anche in Italia si sta iniziando a percorrere la strada del cronolavoro. Spiegano in Robert Walters Italia: «Grazie a questa modalità un professionista non solo guadagna flessibilità nella sua vita personale, ma può anche adattare il proprio orario lavorativo in base a quello che ritiene essere il momento più produttivo della sua giornata. Questo è un modello ricercato soprattutto dai profili senior con responsabilità familiari e dai profili junior del settore tecnologico, che sono sempre più inclini alla flessibilità». E anche il gruppo finanziario- assicurativo Sace ha dato il via a Flex4Future, una nuova organizzazione del lavoro flessibile fondata su fiducia reciproca e responsabilizzazione, che coinvolge per la prima volta i 950 lavoratori. Sace Flex4Future sarà oggetto di studio da parte dell’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano permonitorarne l’efficacia sia in termini di produttività che di benessere.
In un sondaggio condotto su quasi 1.500 lavoratori americani il 94% afferma che vorrebbero cambiare le cose, e il 77% ha affermato che l’orario di lavoro standard imposto ha influito sulle loro prestazioni. A chipiace di più il cronolavoro? Soprattutto a quelli più giovani, piace l’idea di adattare i propri orari alle ore più produttive, ma anche molte aziende cominciano ad esserne entusiaste. Consentire al personale di lavorare quando è al meglio potrebbe aumentare le prestazioni e il benessere, con un effetto positivo sulla fidelizzazione dei dipendenti. «Se i lavoratori sono felici e i loro manager sono d’accordo, è più probabile che rimangano nell’organizzazione», dice un direttore del personale. Al netto degli entusiasmi il cronolavoro non è ancora un fenomeno diffuso. Molte aziende lo trovano non convenzionale o lamentano che non può funzionare per l’organizzazione globale perché non permette di interagire con fattori esterni, come orari di Borsa o rapporti con i clienti. Un esempio di crono produttività ben avviato? Nessuno dei 17 dipendenti della piattaforma di lavoro Flexa con sede a Londra segue lo stesso modello di lavoro. Alcuni iniziano alle 07:30, altri non si collegano prima delle 11:00 e lavorano fino a tarda sera.