Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2024  marzo 10 Domenica calendario

La prima volta che Rocco Siffredi ha visto Supersex è scoppiato a piangere, la faccia tra le mani

La prima volta che Rocco Siffredi ha visto Supersex è scoppiato a piangere, la faccia tra le mani. «Gli ha ricordato quello che ha passato. È un emotivo, anche se non si direbbe», dice la moglie Rózsa Tassi, collegata via Zoom dalla loro casa di Budapest. Supersex, la serie Netflix dedicata al porno attore (in streaming dal 6 marzo), racconta il Rocco che nessuno conosce: l’infanzia nelle case popolari di Ortona, il sesso scoperto sulle pagine dei giornaletti hard, la morte di un fratello appena 12enne, una madre incisa dal dolore. E poi la gioventù, il fratello maggiore Tommaso (Adriano Giannini) che lo guida nei bassifondi di Parigi, le donne, la scoperta di quel “superpotere” che lo renderà celebre, ma anche vittima bulimica del proprio desiderio. 

A interpretare la porno-superstar (1.700 film, 130 premi) è uno straordinario Alessandro Borghi, inquieto. 

«Vedere mio marito impersonato da un altro è stato strano. Come se ti presentassero per la prima volta qualcuno che conosci benissimo», sorride Rózsa dall’altra parte dello schermo. Nata vicino a Budapest quando ancora c’era il Muro «e a Natale si faceva la coda per comprare una banana», è cresciuta da sportiva: allenamenti alle 6 del mattino, pochi fronzoli, molto rigore. Ha incontrato Siffredi a Cannes, 30 anni fa, a un festival di cinema hard: lei era in Francia per girare una pubblicità, lui l’ha coinvolta in un suo film. Di fatto, la loro prima volta è avvenuta sul set. Non si sono più lasciati. 

 

Amore a prima vista. Ma per convincere Rocco a stare con lei c’è voluto un po’. 

«Lui era innamorato, anche più di me, ma molto combattuto. Temeva che non sarei riuscita a stare accanto a un uomo che faceva il suo mestiere, pensava ne avrei sofferto».

 

Non era così?

«No. A me non interessa il lavoro che fai, interessa la persona. Per me c’era solo Rocco, era l’uomo che volevo».

 

Perché lui?

«Perché è sincero, perché è vero. Perché dentro ha luci e ombre e non le nasconde, e se crede davvero in qualcosa si lancia. Un mese dopo che ci eravamo messi insieme si è fermato di fronte a una gioielleria di Riccione e mi ha trascinato dentro a comprare l’anello di fidanzamento».

 

Come si preserva una relazione quando il corpo del tuo uomo è anche di altre?

«Un corpo è un corpo. L’anima è un’altra cosa. E quella di Rocco è mia».

 

«Tu sai cos’è il sesso, ma non sai come si fa l’amore», dice Rózsa a Rocco in Supersex. È fiction?

«No, è tutto vero. All’inizio, nell’intimità con me, Rocco si comportava come sul set: girati di qua, mettiti così. Ci ho messo un anno a trovare il coraggio di dirgli che non mi piaceva, che volevo altri gesti, altre tenerezze. Ha capito».

 

Avete trovato il vostro centro. Là fuori però c’è il mondo, gli sguardi degli altri. Quanto pesa essere “la moglie del porno attore”?

«All’inizio ha pesato. Soprattutto quando vivevamo in Italia, i primi anni di matrimonio, prima di trasferirci a Budapest. Ricordo che un giorno a Roma andai in banca e il cassiere ci provò con me. Avrà pensato: “Questa sta con Siffredi, ci starà con tutti”. Tornai a casa turbata, Rocco era furioso».

 

Il lavoro di suo marito accende l’immaginazione.

«Come se a casa facessimo i festini, le orge, chissà che. E invece il lavoro è lavoro, il privato è un’altra cosa. Noi abbiamo sempre avuto una vita normale, quasi noiosa. Al centro ci sono sempre stati Lorenzo e Leonardo, i nostri figli». 

 

Come li ha cresciuti?

«Con la stessa disciplina che ho vissuto io: si studia, si fa sport, non si perde tempo in stupidaggini. Dicevo: “Basta tv, leggetevi un libro”. Lorenzo è laureato in Economia e lavora nella società del padre, Leonardo studia Ingegneria meccanica ed è un bravo atleta. Sono bravi ragazzi».

 

Suo marito ha detto: «Spesso mi sono sentito un padre inadeguato per via del mio mestiere. Come potrei parlare di sesso ai miei figli? Mi riderebbero in faccia». 

«Su certe cose era insicuro, così sono intervenuta. Quando Lorenzo ha avuto la ragazza gli ho spiegato quanto fosse importante la prima volta, quanta attenzione ci vuole con una donna. Senza tabù: i primi preservativi glieli ho comprati io».

 

La visione dei film hard da parte dei giovanissimi è un problema: non ha mai avuto paura che i suoi figli confondessero il porno con l’amore?

«No. È una cosa che sia io sia Rocco abbiamo sempre chiarito: avete presente il film d’azione, dove c’è uno che ammazza quell’altro a colpi di machete? Ecco, è la stessa cosa, è tutto finto. I film porno sono fatti per eccitare, ma non è quello il sesso che si fa con chi si ama. E comunque, chissà perché, le scene con la gente sgozzata non sono un problema per nessuno, mentre sul mondo hard c’è uno stigma. Che poi, io un film porno non l’ho neanche mai visto».

 

Prego?

«È vero. Quando davo una mano a mio marito sul set restavo fino a un attimo prima del ciak e poi me ne andavo. Non m’interessa».  

 

Stare con Rocco non è stato facile. Nel 2004, dopo aver lasciato il set, suo marito si scoprì sessodipendente: «Ero come un diavolo, cercavo donne ovunque. Sono andato con mille prostitute in un anno». Lei come lo scoprì?

«Da una telefonata. Mentre era con una donna, gli partì per sbaglio una chiamata a me. Lo affrontai e mi confessò tutto il resto. Ero ferita, molto. Aveva infranto il nostro patto: sul lavoro fai ciò che vuoi, fuori no. “Devi curarti”, gli dissi».

 

Ha pensato di lasciarlo?

«Sì, perché aveva tradito la mia fiducia. Ma Rocco ci ha lavorato tanto. Ci abbiamo lavorato, insieme. Se c’è una cosa che abbiamo in comune è il fatto di essere cocciuti».

 

Alessandro Borghi ha incontrato più volte suo marito per prepararsi a questo ruolo. In cosa è riuscito a renderlo vero?

«Ha compreso la sua sensibilità. E poi quella risata con la testa all’indietro, è proprio lui».

 

Il Rocco di Supersex è cupo, tormentato. È così anche il suo uomo, nella realtà?

«Meno di quanto appaia sullo schermo. Però sì, mio marito ha vissuto una grande malinconia: la morte del fratello lo ha segnato, è cresciuto in una famiglia povera, che faceva fatica a tirare fine mese. La carriera è stata la sua rivalsa».  

 

Come immagina la vostra vita da qui a vent’anni?

«Da qualche parte al mare, al caldo, con dei nipotini. Rocco non vede l’ora di diventare nonno».

 

Suo marito ha detto: per avere tutto quello che ho avuto, un prezzo l’ho pagato. Cosa?

«Ha visto sua madre soffrire, avrebbe voluto starle più vicino, aiutarla di più. Se n’è andata troppo presto».

 

E lei, Rózsa, a cosa ha rinunciato?

«Io? A niente».