la Repubblica, 9 marzo 2024
Intervista a Michele Placido
Michele Placido, la Piovra le ha cambiato la vita?«Non vidi la prima puntata. Ero in scena a teatro. Tornando a Roma all’indomani mi fermai per fare benzina. Il benzinaio appena mi vide perse il controllo della pompa, chiamò a sé i colleghi, “aho, ce sta Cattani”,mi ritrovai circondato da alcuni automobilisti che erano scesi festanti dalle loro auto».Era domenica 11 marzo 1984, quarant’anni fa. Lei quanti ne aveva?«Trentasette. Non ero un pivello».Cioè?«Avevo già trentaquattro film alle spalle».Però era venuto il momento che ogni attore sogna.«Quel giorno in macchina con me c’erano Florinda Bolkan, Remo Girone, Fabrizio Bentivoglio.Osservarono la scena al distributore con meraviglia e un po’ di invidia».Era nato un divo?«Di colpo mi ritrovai sulle copertine dei giornali di gossip. I paparazzi stazionavano stabilmente sotto casa – vivevo a Formello – mi seguivano persino mentre accompagnavo mia figlia Violante a scuola».Perché il regista Damiani scelse proprio lei?«Mi aveva visto inUn uomo in ginocchio,dove recitavo la parte del killer. Allora Giuliano Gemma e Franco Nero erano più famosi di me, più poliziotti, ma lui voleva un commissario della porta accanto, moderno, inquieto...».Lei era inquieto?«Eh! A Damiani piacquero anche le mie origini del Sud. A lungo gli parlai della mia famiglia, ad Ascoli Satriano, nel Foggiano. Mio padre era stato nell’Azione cattolica, e poi era morto giovane, a 54 anni. Mia madre, vedova a 42 anni, aveva cresciuto da sola otto figli. Io l’accompagnavo a messa, recitavo con lei il rosario...».Vide in lei un figlio del Sud?«Di quel Sud. Infatti mentre recitavo la Piovra a Palermo volli conoscere Leonardo Sciascia. Mi presentai trepidante nella sua casa in viale Scaduto, nell’ora che chiacchierammo fumò dieci sigarette».Sciascia era un siciliano silenzioso.«Mi ascoltò senza dire una parola. Gli consegnai la sceneggiatura diMery per sempre, un libro che mi aveva stregato. Quando ci congedammo tornò indietro, da uno scaffale prese le Novelle di Pirandello e me le mise in mano».Perché?«Forse aveva colto un rovello. Il segnalibro era inserito prima de La carriola,l’ho poi rappresentata non so più quante volte».Quella Sicilia era terribile.«In stato di perenne allerta. Le comparse venivano reclutate dalla mafia, un giorno venne a trovarci, sgommando, Giovanni Falcone. Volle stringermi la mano. Disse: “Per sconfiggere la mafia ci vorranno generazioni”».Come spiega il successo della Piovra?«Rivelò al grande pubblico cos’era la mafia. Con Damiani andammo a presentarlo al circolo della Vela di Palermo, i notabili ci aggredirono...».Si erano sentiti diffamati?«Dissero che stavamo infangando i siciliani. Anni dopo Berlusconi disse a Putin che davo una cattiva immagine dell’Italia: i russi erano pazzi per la Piovra. Su spinta di Gorbaciov mi chiamarono pure a Mosca perinterpretare un generale sovietico inAfghanistan Breakdown».La Piovra è stata venduta in 80 Paesi.«Sono stato due volte persino in Vietnam».Divenne ricco?«Per fare la prima stagione mi diedero 20 milioni di lire. Poi, visto il successo, mi chiesero di fare anche la seconda. Damiani però mi spiegò che lui voleva t ornare al cinema. “Ti seguo” gli promisi».Perché ci ripensò?«La Rai mi offrì 80 milioni. Ne parlai con i miei fratelli e mia madre, nel pranzo che facevamo ogni domenica. Per una vita mia madre mi avevadetto che ero troppo buono, troppo fesso...».Cosa accadde in quel pranzo?«Può immaginare. I miei fratelli mi dicevano, “compriamo una casetta a mamma a Roma!”, “Michele non essere stupido!” Eh, le famiglie meridionali». (Ride)Gliela comprò la casa?«Sì, settanta metri quadri in via Ostia».Che rapporto ha avuto con sua madre?«Ci parlo ancora adesso che non c’è più».E cosa le racconta?«Le dico delle cose che faccio, della vecchiaia che avanza, spesso chiedoconsiglio».Che tipo era sua madre?«Sapeva tutto di noi. Una volta dissi a Damiani che molti colleghi andavano dall’analista. “Dovresti andarci anche tu!” Ma io parlo già con mia madre, gli risposi».Sua madre analista?«Nei nostri chiassosi pranzi litigavamo di continuo. Mia madre non prendeva mai posizione. Era il suo modo di difendere il nido. Nello scontro poi le tensioni magicamente si componevano».Com’era crescere ad Ascoli Satriano?«Ho pochi ricordi. A nove anni scelsi di andare in collegio dai preti».È religioso?«Non più. Però mi è rimasto il piacere di sostare nelle chiese, d’estate, con un libro o una sceneggiatura».E perché?«Ho bisogno del silenzio. Ma forse sto divagando. Dove eravamo rimasti?».Al successo della Piovra.«Ah, ecco. Lo sa che quando vado al mercato, qui al Trionfale, mi approcciano ancora in siciliano?Parlano al commissario Cattani».La quarta Piovra venne vista da 17 milioni di spettatori, poi però lei muore.«Lo feci morire. Fu un suicidio. Non ne potevo più di chinarmi sui cadaveri».Non era piacevole essere un sex symbol?«Un attore non deve solo piacere al pubblico, deve anche dispiacere».Un attore deve avere anche un dolore?«Per forza. Cattani aveva qualcosa di dostoevskiano».Lei ha avuto cinque figli da tre donne diverse.«Ma con tutte sono rimasto in buonissimi rapporti. Con la mia prima moglie, Simonetta Stefanelli, ci vediamo a pranzo».Perché vi separaste?«Io ricorrevo sempre al farmacista per la pressione alta, Simonetta per vari malanni. Un giorno lui mi prese in disparte: “Inutile che veniate da me, vi dovete lasciare!” Aveva ragione».Come ha conosciuto sua moglie, Federica Vincenti?«Mi invitarono a recitare al suo paese, a Parabita, nel Leccese. Il sindaco, dopo lo spettacolo, mi disse che c’era una ragazza di 19 anni che voleva entrare alla Silvio D’Amico. Qualche giorno dopo venne a Roma, con i genitori. Mi limitai a darle qualche consiglio».E poi?«Non seppi più niente. Un anno dopo mi invitò per assistere al suo saggio finale: ce l’aveva fatta».Colpo di fulmine?«Eh! Solo che io avevo 53 anni, e lei 20. Non osavo propormi...».Suvvia.«Ci ritrovammo con le rispettive famiglie contro...».Non pesa la differenza di età?«A una certa età si tiene il bene che è nato tra due persone. Federica è la donna della mia vita. Abbiamo un figlio che quest’anno farà la maturità. Oltre che attrice, è diventata anche una bravissima imprenditrice teatrale e produttrice cinematografica».Lei da giovane ha fatto il poliziotto, l’ha mai usato il manganello?«Una volta, alla Sapienza. Rincorsi in un bar una studentessa, la stavo per colpire, lei mi guardò atterrito, “ma cosa fai?”, il barista mi aggredì.Balbettai “sono ordini!”, ma mentre lo dicevo mi vergognavo...».Come finì?«Il barista mi offrì il caffè, la ragazza mi diede il suo numero di telefono».Perché il mondo dello spettacolo ha così paura di esprimersi sul potere di destra?«Perché siamo anche imprenditori.Ma io penso che bisogna continuare a fare film scomodi, pur nel dialogo con le istituzioni».Pensa di avere realizzato i suoi sogni di ragazzo?«Quando vedo i figli crescere penso che sono servito a qualcosa».Ha paura della morte?«Ma no. La vita mi ha saziato».