la Repubblica, 9 marzo 2024
Intervista a Rose Villain
Rose Villain, lo sa da cosa partiamo, no?«Da Sanremo?».No, dalla sua moto: prima rubata e poi ritrovata grazie ai fan.«Che gioia! Hanno setacciato Milano come in una puntata diCsi!».Ha dovuto fare un “cavallo di ritorno”, pagare un riscatto per riaverla?«Ma no, assolutamente no».In moto da sempre?«Dai quattordici anni. Mi sposto solo su due ruote».Per l’uscita del suo secondo album – “Radio Sakura”, è disponibile da ieri – ha provato più ansia o più gioia?«Niente ansia, faccio musica per essere felice. E lo sono ancora di più da quando ho fatto pace con una cosa: non piacerà a tutti».Va in moto da sempre come da sempre fa musica.«Ho iniziato ballando, il mio strumento era il corpo. Poi ho frequentato il conservatorio di musica contemporanea a Los Angeles, specializzazione in canto.Lì ho imparato a suonare un po’ tutto. Ma suono tutto male, eh! Sul disco lascio fare aipro».A Los Angeles ha avuto anche la sua prima band.«The Villains. Eravamo punk, facevamo cover delle Hole, dei Nirvana. Ma anche qualcosa dei Led Zeppelin ePsycho killer dei Talking Heads».E oggi scrive le canzoni da sola.«Sì, testi e melodie sono miei. Per la produzione ho sempre collaborato.E quello con le idee più simili alle mie l’ho anche sposato».Il produttore Sixpm. Come va la convivenza?«Non litighiamo mai ma in studio siamo iperesigenti. Ci provochiamo a vicenda. Forse sono io che tengo un po’ il broncio anche fuori dalla sala di registrazione. Ma si sa, noi donne...».Chiacchiere da bar, capitolo uno: “Rose Villain ha successo perché è bella”.«Che cazzata gigantesca. Sa quante ce ne sono più belle di me che non hanno successo? E poi guardi che sono un maschiaccio, ai live si va con jeans e felpone».Chiacchiere da bar, capitolo due: “Si è potuta permettere tutto perché ha il papà, noto imprenditore, alle spalle”.«L’assurdità è che quando una donna ha successo bisogna sempre andare a trovare l’uomo che glielo ha fatto ottenere. Mio padre è unimprenditore, sì, ha inventato le copertine per le moto, ottimo, grande papà. Mi ha aiutata a studiare all’estero, verissimo e non senza sacrifici. Lo ringrazierò sempre perché ha creduto in me.Ma non è lui che scrive le mie canzoni».Ha fatto uscire il disco per la Festa della donna...«Perché l’ho dedicato alle donne della mia vita. Mi hanno insegnato che la resilienza e la fragilità sono una forza».Sulla copertina del disco impugna una spada da samurai.«Svelo la mia intimità e le mie debolezze ma sono anche pronta a difendermi».Nella prima canzone – “Hattori Hanz?”, citazione da “Kill Bill” di Tarantino a proposito di spade – c’è Madame.«Ho voluto aprire il disco con lei per sancire il fatto che noi donne non siamo in competizione. Ci siamo viste dopo il femminicidio di Giulia Cecchettin per parlare della condizione femminile. Hattori Hanz? è nata da quelle riflessioni».Paola Cortellesi ha detto che l’otto marzo è un giorno di festa ma anche di lotta. È d’accordo?«Certo. E sarebbe meglio se a lottare ci fossero insieme uomini e donne».Nel suo disco ci sono tanti riferimenti cinematografici.«Per me la linea di demarcazione tra musica e cinema è sottile. La canzone è una storia. Ci deve essere un turning point».Come c’era in “Click boom!” che ha portato all’Ariston. Che tipo di storie le piacciono?«Quelle che rendono “pop” la violenza. Fincher e Tarantino per restare al cinema. La vita è violenta e quando traduci quella violenza in una canzone o in un film la rendi più comprensibile. Comprendi meglio il male».In “Brutti pensieri” parla di disagio, di quando si pensa di non avere più energie per reagire.«Amici, persone che conosco: quella tematica mi ha sfiorato da vicino. È un po’ il mio elefante nella stanza. Con Thasup, con me nella canzone, diciamo che è normale avere dei “brutti pensieri”. E che si può reagire e relativizzarli. C’è bisogno di tanto lavoro per aiutare i ragazzi. Ma l’esigenza della terapia, di un impegno quotidiano e capillare la stanno percependo in tanti. Meno male».A proposito di ragazzi, capitolo uno: è stata giudice per “La nuova scena”, talent Netflix dedicato all’hip hop.«Con Geolier e Fibra non volevamo spezzare cuori. Certo è un gioco, ci sono i voti, ma io ho voluto dare soprattutto consigli».Se dovesse consigliare un libro?«La città dei vividi Nicola Lagioia».A proposito di ragazzi, capitolo due: i manganelli a Pisa.«Quelle immagini mi hanno spezzato il cuore. Ma come siamo messi? Chiedi pace e ti spaccano la faccia? Che schifo. Ora vorrei vedere genitori e ragazzi manifestare insieme».Ha un piano b?«No. Ho solo la musica».Aprirà i concerti italiani dei Coldplay.«Voglio vederli nel backstage a cantare le mie canzoni! No, seriamente: mettere un piede all’estero con la mia musica è il sogno più grande che ho».E il suo primo concerto?«A Milano, scuola di canto. Ero afona davanti a 400 persone.Dovevo fare Gli uomini non cambiano di Mia Martini. Ci riuscii solo grazie all’adrenalina».Restiamo negli stadi e nella sua Milano. Segue il calcio?«Prima ero sfegatata. Adesso un po’ meno».Inter o Milan?«Mi sa che quest’anno, forse, parteciperò a una gran bella festa. Stellata».