la Repubblica, 9 marzo 2024
Eredità Agnelli I pm contestano i giorni di Marella fuori dalla Svizzera
TORINO – Quattro pagine compilate fronte e retro con la precisione di una segretaria, quella di Marella Caracciolo. Riepilogano «in forma schematica» i giorni in cui la vedova dell’avvocato Gianni Agnelli sarebbe stata in Italia e quelli trascorsi all’estero, dal 2005 al 2019. Ed è emblematico, per gli inquirenti, come è stato chiamato l’ultimo foglio: «Una vita di spostamenti». È tra i documenti «senza dubbio di maggior rilievo» quello finito nelle mani della procura. Ed è anche grazie a questo che i pm ritengono «di aver acquisito riscontri alla presenza effettiva di Marella Caracciolo in Italia, a dispetto della residenza estera». Anche perché «dallo schema in questione» supportato «da documentazione allegata», emergerebbe in modo «nitido» che Donna Marella «quantomeno dal 2015 abbia dimorato in Italia per la maggior parte dei giorni». Una vita intensa, la sua, prima che l’aggravarsi della malattia ne limitasse le forze. Impegni, viaggi e spostamenti tra l’Italia, la Svizzera, il Marocco e non solo, si traducono, per gli investigatori, in piccoli numeri. Capaci però, per l’accusa, di cambiare le sorti di un impero. Nel 2015 Marella sarebbe stata in Svizzera solo 67 giorni e in Italia ne avrebbe trascorsi 298. L’anno dopo il conto all’estero sarebbe salito di sole 72 ore, nel 2017 avrebbe passato più tempo in Marocco che in Svizzera, mentre nel 2018 i giorni trascorsi sul suolonazionale sarebbero stati 227: 44 in più rispetto ai 183 necessari per legge a stabilire la residenza reale.
Il documento, è scritto nel decreto dei pm, porta le contestazioni anche agli anni 2015, 2016, 2017, quelli non ancora coperti da prescrizione. E si aggiunge ad altre presunte prove: i passaporti di Marella, cartelle cliniche, le dichiarazioni dei testimoni ascoltati dai pm Giulia Marchetti, Mario Bendoni e dall’aggiunto Marco Gianoglio. A corredare l’indagine anche intercettazioni telefoniche degli ultimi mesi. Tutti elementi che hanno portato ad ampliare le accuse di dichiarazioni fraudolente contestate a John Elkann, al commercialista Gianluca Ferrero e al notaio svizzero Urs Von Gruenigen, che sarebbero avvenute a Torino tra il 2016 e il 2020. Accuse negate dalla difesa che ha sostenuto che Elkann abbia «sempre pagato le imposte dovute». Per i pm, sarebbe stata omessa non solo la dichiarazionesulla rendita vitalizia da 8 milioni all’anno che la figlia Margherita versava alla madre, ma anche quella sui profitti da 30 milioni all’anno generati dal fondo Bundeena. Alla morte di Marella, il 23 febbraio 2019, il patrimonio di quel fondo sarebbe passato ai tre nipoti, che avrebbero ereditato 734 milioni su cui non sarebbero state pagate le tasse di successione: da qui la contestazione estesa anche ai fratelli di John, Lapo e Ginevra, di truffa ai danni dello Stato. Una costruzione, quella dell’accusa, che si regge tutta sulla residenza che «ha avuto una duplice e concorrente finalità: da un lato, sotto il profilo fiscale, evitare l’assoggettamento a tassazione in Italia di ingenti cespiti patrimoniali e redditi; dall’altro, sotto il profilo ereditario, sottrarre la successione». Quella residenza però, presa negli anni ‘70, è già stata al centro di battaglie «nelle aule giudiziarie italiane ed estere da vent’anni», hanno detto i difensori secondo cui «insinuazioni e dubbi trovano risposte chiare in comportamenti assolutamente leciti».