il Fatto Quotidiano, 10 marzo 2024
Oliver Bearman, il ragazzino che sostiuisce Sainz
Ha la faccia del ragazzino che si risveglia, ma continua a sognare. I suoi occhi brillano di stupore e di felicità. Oliver Bearman è già nella storia della Ferrari, ma ha davvero l’espressione del bambino più felice del mondo per un altro motivo: sta sognando a occhi aperti. I meccanici stanno mettendo il numero 38 sulla carrozzeria della SF-24 che lui finora ha provato solo al simulatore. Lui guarda tutto, tocca tutto quasi per esser sicuro di essere sveglio. Nessuno ha mai guidato una rossa in un gran premio alla sua età, a 18 anni e 305 giorni. Ricardo Rodriguez ne aveva poco più di 19, Leclerc addirittura 21 (ieri 2° tempo dietro il poleman Verstappen). Oliver, Ollie per gli amici, è nato l’8 maggio 2005, nel giorno in cui Fernando Alonso chiudeva dietro a Raikkonen il Gran premio di Spagna. È meglio che non lo faccia notare a Fernando che vorrebbe entrare in una macchina del tempo per non invecchiare mai.
Dopo aver fatto la pole in Formula 2, ieri aveva la gara, ma alle due di pomeriggio, poco prima di prepararsi, ha ricevuto una telefonata di Fred Vasseur: ragazzo abbiamo bisogno di te, lascia perdere la Formula 2 e vieni qui. Carlos Sainz era finito sotto i ferri, i problemi gastrointestinali che gli avevano fatto venire la febbre l’altro giorno, si sono rivelati un attacco di appendicite. E mentre Bearman prendeva le misure dell’abitacolo della sua Ferrari, lui veniva operato a Gedda. La tua sfortuna si trasforma in fortuna di qualcun altro. La Formula 1 non è diversa dal resto del mondo. Solo che qui l’occasione ti passa davanti molto più velocemente che da altre parti e l’attimo è molto più che fuggente.
Bearman ha la baby face, ma non è pilota di riserva della Ferrari per caso. Nel 2021 aveva vinto il campionato italiano e quello tedesco di Formula 4, poi aveva cominciato la classica trafila in Formula 3 e Formula 2 dove è il compagno di
squadra di un altro ragazzo con il futuro in tasca, Kimi Antonelli. L’anno scorso la Haas lo aveva mandato in pista in Messico e ad Abu Dhabi nelle prove dedicate ai giovani. La Ferrari lo ha messo al lavoro sul simulatore e gli ha fatto guidare in pista delle vetture ormai pensionate. Ma era la prima volta che vedeva la SF-24. La prima volta che si trovava a che fare con auto che vanno decisamente più veloci della sua, oltretutto in una pista dove se sbagli finisci contro un muro. Il suo miglior tempo in F2 era stato di 1’422, la pole di Max ha fermato i cronometri sull’1’28171, quasi 14 di differenza. Prima delle qualifiche ha avuto a disposizione solo 21 giri in Fp3, solo tre con le gomme più morbide. È come buttare nella vasca degli squali uno che ha appena imparato a guidare. Ma a guardarlo in faccia non sembrava preoccupato. Era molto più agitato papà David al box con le cuffie. Lui che è un top manager delle assicurazioni, ceo di Aventum, faceva delle facce tutte da raccontare. Eppure il suo motto è «Dove gli altri vedono delle difficoltà noi vediamo delle sfide e delle opportunità per fare meglio». Proprio quello che stava facendo suo figlio in pista. Ha superato il taglio in Q3, poi si è fermato a 36 millesimi da Hamilton, restando fuori dalla Q3. Ha chiesto scusa via radio: «Sorry». Poi ha detto di aver pasticciato un po». Vasseur lo ha promosso: «Ha fatto un ottimo lavoro». Oggi sarà divertente vederlo partire accanto a Hamilton, futuro pilota in rosso. Potrebbe essere suo padre.