il Fatto Quotidiano, 10 marzo 2024
Navalny e lo scambio di prigionieri
La notte prima che Alexey Navalny morisse, nel carcere di massima sicurezza Ik-3 al circolo polare artico, un suo collaboratore venne messo al corrente: il presidente Vladimir Putin aveva ricevuto un’offerta per liberarlo. La trattativa, di cui scrive per la prima volta i giornale tedesco Bild il 19 febbraio scorso, la racconta in una precisa ricostruzione dalla Cnn che spiega che l’oligarca Roman Abramovich stava mediando direttamente con il presidente russo per ottenere la libertà di Navalny a fronte di uno scambio di prigionieri russi detenuti negli Stati Uniti e in Germania.
I negoziati andavano avanti da due anni e avrebbero avuto un’importante accelerazione negli ultimi mesi dopo il coinvolgimento diretto di Abramovich. La controparte americana era l’ex Segretaria di Stato Hillary Clinton. Questa era stata avvicinata nell’estate del 2022 ad Aspen, durante un festival, da Christo Grozev, storico collaboratore di Navalny. Secondo le dichiarazioni fatte da Grozev alla tv statunitense, Clinton aveva seguito il caso dell’avvelenamento dell’oppositore russo. Il 20 agosto 2020 le mutande di Navalny furono contaminate con il Novichok, un agente nervino usato dai servizi segreti di Mosca. Durante l’incontro con Grozev l’ex capa della diplomazia statunitense si era resa disponibile per far da tramite con l’amministrazione Biden. Il suo compito era proporre lo scambio di Navalny con due russi: un contrabbandiere di armi imprigionato negli Usa e un uomo collegato con Fbs, servizi segreti russi, condannato per omicidio in Germania. Uno dei due, il trafficante, Viktor Bout è stato liberato nel dicembre del 2022 in cambio della giocatrice di basket Brittney Griner, imprigionata a Mosca per possesso di cannabis. Secondo i collaboratori di Navalny, durante questi anni di negoziati le parti hanno allungato e accorciato più volte la lista dei prigionieri coinvolti. Non ci sarebbe mai stata un’offerta ufficiale. Secondo una fonte riportata dalla Cnn in questo tipo di negoziati con il Cremlino non si fa nulla di formale fino a quando non si è chiuso l’accordo. La svolta sarebbe arrivata solo recentemente con l’arrivo di Abramovich come mediatore. L’oligarca è sanzionato dall’occidente e vive negli Emirati Arabi. È stato considerato per anni come un uomo chiave nel dialogo con il Cremlino, ha infatti rapporti personali con Putin. Per il rilascio di Navalny, Abramovich aveva incontrato un funzionario Usa ed era stata stilata una lista di sette nomi. Poi si sarebbe recato a Mosca la sera del 16 febbraio per incontrare Putin, poche ore dopo Navalny è morto in Siberia. Circa una settimana dopo il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, interrogato dai cronisti sul possibile coinvolgimento di Abramovich in un negoziato ha risposto: “Dovete chiedere a lui”. Fonti interne Usa hanno detto che le possibilità di raggiungere un accordo, su una scala da 1 a 10, “arrivavano a 7 o 8. Tra le persone che Putin vorrebbe far tornare in Russia il più importante è Vadim Krasikov, citato da Bild, ceceno, arrestato a Berlino e all’ergastolo per l’omicidio di due cittadini Usa. Secondo i tedeschi si tratta di un killer del Fsb. Nell’intervista del mese scorso a Tucker Carlson, Putin ha parlato della possibile liberazione di un “patriota” che scontava un ergastolo per “aver liquidato un bandito”. L’accordo, sempre leggendo tra le righe delle dichiarazioni del presidente russo, avrebbe compreso il rilascio di Evan Gershkovich, giornalista del Wall Street Journal che Mosca ha accusato di spionaggio. Il reporter è in carcere dal 29 marzo 2023, deve scontare 20 anni. Gli Usa volevano includere nello scambio, oltre a Gershkovich e Navalny, anche Paul Whelan. Ex marine, con quattro nazionalità (Usa, Irlanda, Canada e Regno Unito) condannato a 16 anni di prigione da Mosca per spionaggio, è in carcere dal 2018. Nonostante la morte di Navalny i negoziati potrebbero essere ancora in corso.