il Fatto Quotidiano, 9 marzo 2024
Antonio Franchini: “La letteratura è come il pugilato: un’estrema lotta”
“La detesto da sempre, da quando la mia vita ha cominciato a staccarsi dalla sua”. Antonio Franchini, classe 1958, torna in libreria per Marsilio con una viscerale invettiva contro la propria madre. Il fuoco che ti porti dentro trascina il lettore in una voragine di sentimenti deteriori al ritmo di frasi risentite come “mi fa schifo chi mi ha messo al mondo”.
Angela Izzo, nata a Benevento e trasferitasi bambina a Napoli, è una donna misantropa e tirannica che “ha bisogno di odiare come di respirare”. Il figlio Antonio, costretto a sfasciare porte e finestre per non colpirla durante le loro dispute, vede riflesse nella madre le perversioni delle sue stesse radici meridionali: “Il qualunquismo, il razzismo, il classismo, l’egoismo, l’opportunismo, il trasformismo, la mezza cultura peggiore dell’ignoranza”. Si affida al disdegno intellettuale per non soccombere al plagio materno: “Così la ferocia che lei riversa contro il mondo assolvendo sé stessa io comincio a scaricarla soltanto contro di lei, assolvendo il mondo”. Qual è il fuoco che si porta dentro questa donna paranoica e frustrata che, sia pure istruita, affonda nella sottocultura plebea in opposizione al decoro borghese del marito Eugenio, commercialista e bibliofilo? Scrive Franchini: “Lei voleva essere anticonformista, ha sempre perseguito una sua idea di diversità… L’attraeva l’idea di una madre e di un figlio che si amano mandandosi affanculo”. Ecco allora perché “ha forzato i toni, ha calcato la mano”. Si affaccia un riscatto, una umana pietas che spiega e accoglie il “sacrificio” di Angela: imprimersi nella memoria del figlio come un mostro di disamore per eternarsi come antieroina di carta.
Franchini, “che rispetto alla scena del mondo, sta meglio dietro che davanti”, aggiunge fatalmente la madre al suo campionario letterario di personaggi singolarissimi. Nelle sue pagine c’è sempre un paradossale equilibrio: la pienezza della vita è mostrata attraverso destini incapacitanti o fallimentari. Basti pensare agli estremi di Giancarlo Siani e di Dante Virgili. Il primo, giornalista freelance del Mattino ucciso dalla camorra nel 1985, è protagonista di L’abusivo (Marsilio, 2001). Il secondo è un controverso scrittore – autore di La distruzione, opera filonazista pubblicata nel 1970 – raccontato attraverso la sua odissea editoriale in Cronaca della fine (Marsilio, 2003). Debitore della lezione, tra gli altri, di Capote e di Kapuscinski, i suoi sono testi ibridi, capaci di centrifugare in una narrazione sempre spuria romanzo, saggio, memoir. Come dimostrano Quando vi ucciderete, maestro? (Marsilio, 1996) e Gladiatori (2005). Fedeli alla passione personale dell’autore per gli sport di combattimento, sono libri che raccolgono le parabole ora eroiche ora disilluse di pugili e di maestri delle arti marziali come metafore preziose della letteratura intesa come sfida con i propri limiti: “Il pugilato è letterario perché estremo, perché è sempre contiguo alla disfatta ma non esclude il miraggio della gloria, e perché, come la scrittura, è un’apoteosi della solitudine”.
L’identità di autore di Franchini (dai racconti del suo esordio Camerati a quelli mutuati dalla poetica di Hemingway di Il vecchio lottatore) si fonde con il suo trentennale ruolo di editor di narrativa italiana prima in Mondadori e dal 2015 in Giunti-Bompiani. Giovane laureato in Lettere, approda alla Reader’s Digest e poi a Segrate all’inizio degli anni 90. È il suo fiuto a propiziare quella fortunata fabbrica di successi che è stata la Mondadori degli anni Zero. Scopre e impone Gomorra di Saviano e La solitudine dei numeri primi di Giordano. Così come accompagna i debutti tra gli altri di Piperno e D’Avenia. Mentre ripropone le opere principali di Moresco, è il “regista” di svariati premi Strega: Mazzantini, Ammaniti, Pennacchi. Ogni tanto il suo pur eccezionale intuito fa cilecca e futuri best-seller migrano altrove come nel caso di Tre metri sopra il cielo di Moccia. “Cinico sentimentale” come da sua stessa ammissione in Leggere possedere vendere (Marsilio, 2022), Franchini, sollecitato in un’intervista a scegliere tra la scrittura dei propri libri e l’editing dei libri degli altri, ha pronunciato la risposta che sintetizza vocazione e missione della sua intera esistenza: “È più bello leggere”.