Domenicale, 3 marzo 2024
Montale e Genova
Un rapporto difficile, quello di Montale con la sua città natale. Un amor de lonh. Per festeggiare i suoi 70 anni, e risarcire il poeta di una dimenticanza-lontananza di oltre 40 anni, il 14 marzo 1967 Genova aveva organizzato, in lieve sfasatura di ricorrenza (il compleanno era stato il 12 ottobre precedente) una solenne cerimonia a Palazzo Tursi. Ma il compleanno del suo più celebre concittadino era iniziato il giugno precedente, con la nomina del poeta “non laureato” a senatore a vita e la consegna delle insegne di Cavaliere di Gran Croce al Gabinetto Vieusseux. E sarebbe continuata l’anno seguente, con la traduzione da Gallimard di tutte le poesie e la laurea honoris causa a Cambridge. Genova non poteva essere da meno, ma nelle parole del sindaco echeggiava più rammarico che orgoglio: «Siamo qui a renderLe omaggio e a festeggiarLa, forse buoni ultimi nel ricordare il suo settantesimo compleanno, che altrove è stato in modo così nobile e solenne ricordato»; l’ing. Augusto Pedullà aveva poi ricordato come la poesia fosse incentrata su «un distaccato stoicismo carico di un valore morale». Distaccato, invece, era stato proprio Montale, che nella breve replica aveva ricordato come non si fosse «mai sentito un “ghibellin fuggiasco” cui Genova avesse dato l’ostracismo»: «sono rimasto fuori per lavoro, certo, ma anche per inerzia; ma ho sempre saputo che Genova aveva, dietro di sé, una tradizione culturale di artisti, di poeti, di pittori a cui io avrei potuto, dovuto e voluto riallacciarmi, ciò che ho fatto nella misura modesta delle mie forze».
Alla cerimonia Montale – che a Genova non sarebbe più tornato – era giunto con un giorno di anticipo, accompagnato dalla nipote Bianca, che avrebbe poi ricordato quel memorabile pomeriggio: la visita all’istituto Vittorino da Feltre dei padri Barnabiti, frequentato da bambino (ma non la scuola in cui aveva preso il diploma da ragioniere, figlio cadetto, che non era stato destinato all’università, come la sorella Marianna), la stazione superiore della funicolare di Sant’Anna alla ricerca della antica “vaccheria” e delle case in cui era nato (Corso Dogali) e cresciuto (via privata Piaggio in Circonvallazione a Monte): «un errare a caccia di fantasmi». Il giorno seguente, ritardando (o forse non era stata prevista…) l’auto blu del Comune che avrebbe dovuto portarlo al Teatro Duse, Montale e Bianca erano stati costretti a chiamare un taxi. Al tassista, che aveva domandato il perché di tanta folla assiepata davanti al teatro, il festeggiato aveva commentato: «È un funerale». Il Comune gli aveva consegnato il Grifo d’oro e il primo di dieci volumi di Annali genovesi di Caffaro e dei suoi continuatori (pubblicati “a cura del Municipio di Genova” nel 1923). Dopo otto anni il Premio Nobel. Il sindaco aveva inviato un telegramma di felicitazioni (ma il consiglio comunale non era stato interrotto a commentare l’evento).
Questo, e altri documenti rari o inediti, sono stati esposti nella mostra curata da Andrea Aveto e Stefano Verdino: «Genova per Montale (1967-2023)», allestita presso le Biblioteca della Scuola di Scienze Umanistiche tra il 23 novembre e il 15 dicembre 2023, che – non solo a titolo di “risarcimento” – ricostruisce quasi mezzo secolo di vita culturale, non solo genovese, sub specie montaliana.Il catalogo, pubblicato da Genova University Press, introdotto dal nipote Giorgio Montale e dedicato alla memoria di Bianca Montale, continua e amplia la mostra (e non ultimo merito della Collana Novecento Letterario Italiano è la confezione tipografica: Il Cielo in una Stampa, che ha rilegato il volume, è un laboratorio di stampa e legatoria allestito presso la casa Circondariale di Genova-Pontedecimo). Un libro tutto da sfogliare, ricco di immagini, ritagli, riproduzioni di autografi, cui varrebbe la pena dare anche una “terza vita” digitale, come molte mostre prima reali poi virtuali, fanno sempre più spesso.
Il catalogo è una vera e propria miniera di notizie. Per gli 80 anni Genova gioca di anticipo, organizzando già dal febbraio 1976 una serie di «conferenze didattiche in scuole e fabbriche [sic!], dibattiti, tavole rotonde, una raccolta di testimonianze in versi di poeti (su idea di Sanguineti) e un volume di saggi critici», con non modico importo di spesa: 10 milioni di lire di allora. Ma Montale a Genova non si presenta, declinando l’invito e chiedendo (con lettera dattiloscritta, riprodotta nel catalogo), che a causa della sua possibile assenza, dovuta a ragioni di salute «forse (e me ne scuso) le manifestazioni dovranno essere ridotte al minimo». Alle autorità, che avevano portato l’omaggio in via Bigli il 2 ottobre, sembra poi avere commentato: «Quanto ci costo alla mia città». Ma pochi giorni prima della solenne chiusura degli incontri, il 19 novembre, si era recato a Firenze per ricevere la cittadinanza onoraria e aprire il primo convegno a due anni dalla scomparsa di Palazzeschi, incrociando proprio uno dei promotori delle iniziative, Sanguineti, il cui volume in versi, prima tipograficamente troppo “dimesso”, poi – ristampato l’anno dopo – troppo “elitario”, innesca ineffabili polemiche. Ma splendide sono le testimonianze degli autografi, dai Versi scritti per tenere allegro Montale, abbozzati da Luzi su un’agenda del 1976 a quelli di Betocchi e Caproni, riprodotti dagli originali custoditi presso l’Archivio Contemporaneo A. Bonsanti del Gabinetto Vieusseux. Icastica e profetica la quartina di Caproni, C’è un Montale per tutti, datata “sett. ’76”: «Ciascuno ha il suo Montale, / ritagliato a misura, / vale quello che vale, / secondo natura e statura».