il Fatto Quotidiano, 6 marzo 2024
Wikileaks e quei 4.189 file che svelarono come Washington intervenisse sulle faccende italiane
“Siamo convinti che è un posto eccellente per fare i nostri affari politici e militari”. Questa frase dell’ambasciatore americano Mel Sembler, inviato a Roma dall’Amministrazione di George W. Bush, riassume con efficacia come gli Usa guardavano all’Italia tra la fine del 2001 e il febbraio del 2010. È riportata nei 251.287 cablo della diplomazia Usa, rivelati da WikiLeaks, che sono tra i documenti segreti del governo americano per cui Julian Assange non ha più conosciuto la libertà dal 2010 e rischia di perderla per sempre se la giustizia inglese lo estraderà negli Stati Uniti, dove rischia 175 anni in una prigione di massima sicurezza. La sentenza della High Court del Regno Unito è attesa in qualsiasi momento, a partire da questa settimana.
Piattaforma di lancio delle guerre Usa
L’Italia rivelata dai cablo era una democrazia dal guinzaglio molto corto, dove i politici subivano grandi pressioni: 4.189 file sul nostro Paese e sul Vaticano documentavano come dalla guerra in Afghanistan al nostro cibo, che ci rende ammirati nel mondo, gli Stati Uniti intervenivano massicciamente sulle faccende italiane. E la classe politica italiana o si impegnava automaticamente nel loro interesse, come scrivevano letteralmente di Silvio Berlusconi, o era “amico degli Stati Uniti e porta risultati”, come definivano Ignazio La Russa, oppure, anche quando i nostri politici entravano in rotta di collisione con Washington, come nel caso del centrosinistra, erano deboli, divisi, inefficaci.
I cablo lasciavano emergere un potente affresco di come l’Italia, dopo l’11 settembre, fosse diventata “la piattaforma di lancio delle guerre americane”, come lo definì nel 2013 il Guardian.
Conflitti internazionali e basi militari
Uno dei documenti più potenti riguarda l’invasione dell’Iraq, che ha causato almeno 600 mila morti civili, 9,2 milioni di rifugiati e sfollati e ha innescato la barbarie dell’Isis. La guerra aveva generato una fortissima opposizione in tutto il mondo. Ma l’Italia, guidata dal governo Berlusconi, aveva rotto l’isolamento e garantito il suo appoggio, nonostante l’opinione pubblica fosse visceralmente contraria e nonostante l’articolo 11 della nostra Costituzione, che ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli.
“Il governo italiano ha fatto la scelta strategica di mantenere la sua politica allineata con gli Stati Uniti e vi ha tenuto fede, nonostante l’intensa pressione politica interna affinché desistesse” scriveva l’ambasciatore americano Sembler nel maggio del 2003. E spiegava: “Quando il presidente [Carlo Azeglio] Ciampi sembrava sul punto di sollevare dei dubbi sulla [legittimità] costituzionale di un dispiegamento della 173ª Brigata Aviotrasportata dell’esercito degli Stati Uniti, direttamente dal suolo italiano, il governo ha elaborato delle tattiche con noi per affrontare le sue preoccupazioni. Il supporto logistico alle forze armate americane è stato eccezionale. Abbiamo ottenuto tutto quello che abbiamo chiesto”. Sembler spiegava: “Aeroporti italiani, porti e infrastrutture dei trasporti sono stati messi a nostra disposizione”. Ma come c’erano riusciti, visto l’articolo 11 della Costituzione? L’ambasciatore lo raccontava, convinto che tanto i cablo non sarebbero mai diventati pubblici, se non 30 o 40 anni dopo, quando ormai quei fatti non interessavano quasi più a nessuno, se non agli storici: quel dispiegamento era stato “il più grande spostamento di truppe da combattimento per via aerea dalla Seconda guerra mondiale”. E il governo Berlusconi era stato la chiave: “Se al potere ci fosse stata un’altra coalizione – in particolare una guidata dal centrosinistra – il percorso sarebbe stato più accidentato”. Poi la conclusione soddisfatta: “Pur riconoscendo che l’Italia può apparire un posto arcano e bizantino fino alla frustrazione, siamo convinti che è un posto eccellente per fare i nostri affari politici e militari”.
Pressioni continue per l’Afghanistan
Quanto all’Afghanistan, era un continuo chiedere e insistere: più truppe, più carabinieri, più fondi, più libertà dai vincoli imposti ai soldati italiani (caveat). E poco importa che, come documentavano i file segreti rivelati da WikiLeaks, la guerra in Afghanistan era un fallimento completo, tanto che i servizi segreti italiani erano sospettati di pagare mazzette ai talebani per evitare gli attacchi ai nostri soldati, come scriveva l’ambasciatore americano Ronald Spogli nei cablo.
Anche le pressioni per aumentare la spesa militare dell’Italia erano costanti, come costante la loro competizione con la spesa sociale: “Una forte vittoria del centrosinistra riporterebbe al potere i sindacati e i tradizionali ‘partner del sociale’ con prevedibili richieste di aumentare la spesa per lo stato sociale, che potrebbe erodere gli impegni nel settore degli esteri e della difesa”, scriveva la diplomazia Usa alla vigilia delle elezioni dell’aprile 2006.
Il Partito democratico per contenere la sinistra
Ecco perché, quando emerge una nuova forza come il Pd gli Stati Uniti vedono un’opportunità: per loro, il Pd può fare da operazione di contenimento della sinistra in Italia, tanto che nel settembre del 2008, l’ambasciatore americano Spogli scriveva: “Nel lungo termine, un Pd forte è nell’interesse dell’America, perché è un partito di centrosinistra che isola gli elementi dell’estrema sinistra più populisti e insistenti, che sono stati regolarmente un problema nei governi di centrosinistra”.
E con politici Pd come Enrico Letta, queste speranze non sembravano mal riposte. Quando nel 2006, l’ambasciatore Spogli gli disse che “nulla danneggerebbe in modo più rapido e grave le relazioni [Italia-Usa] della scelta del governo italiano di inviare i mandati di arresto dei presunti agenti Cia associati al caso Abu Omar”, Letta ebbe qualcosa da obiettare nei riguardi di pressioni così esplicite? Stando ai cablo, no. “Letta” recitano i documenti “prese nota e suggerì di discutere personalmente la questione con il ministro della Giustizia Mastella”.