la Repubblica, 5 marzo 2024
Intervista a Giovanni Pellegrino
Giovanni Pellegrino, lei che è stato presidente della Commissione stragi, ha letto l’intervista diRepubblica al generale Jucci?«Intervista piena di verità. Il generale dice con chiarezza che Francesco Cossiga avrebbe voluto salvare Aldo Moro e il dubbio di non aver fatto abbastanza l’ha tormentato tutta la vita. Gli venne anche la vitiligine…».Ma obiettivamente poteva fare di più se era circondato, come racconta Jucci e come sapevamo tutti dai documenti, da uomini della Loggia P2?«Quando Jucci dice che nei comitati di crisi la P2 era ampiamente rappresentata dice il vero. C’era chi pensava da subito a un esito diverso del sequestro da parte delle Br. Moro non doveva essere salvato. E non a ogni costo».Almeno un nome e cognome di chi non voleva salvarlo?«Vincenzo Cappelletti dell’ Enciclopedia italiana. Ci spiegò con feroce razionalità che a Moro, come già accaduto durante la Resistenza, o con i martiri cristiani, ai quali avrebbe dovuto ispirarsi, toccava accettare la morte.Cappelletti è l’emblema del livore che sta all’origine della mancata salvezza».Ma al di là di questo, esiste un fatto concreto che rende Moro “sacrificabile”?«Certo, fu il fatto che nei comitati di crisi si aveva la certezza, grazie ai comunicati delle Brigate rosse, che un documento segreto su Gladio, la rete creata dalla Nato per la reazionemilitare in caso d’invasione, fosse stato trafugato dal Ministero e dato alle Br».Spieghi meglio, per favore.Innanzitutto, trafugato da chi? Da “amici” di Moro?«Sì, certo. La fotocopia di questo documento importantissimo viene trovata a Milano, nel covo di via Monte Nevoso, e l’originale si trova sepolto a Genova, nel giardino del covo di via Fracchia».Poi ci torniamo, ma perché trafugarlo e darlo ai terroristi?«Gli amici di Moro, quelli che lo volevano vivo, s’illusero che poteva essere un pezzo del riscatto. Per loro si trattava di un grande segreto cruciale per l’Alleanza atlantica, ma per i brigatisti rappresentava un segreto da quattro soldi».Per il generale Jucci, la lista della P2 scoperta da Colombo e Turone a Castiglion Fibocchi non era completa…«Concordo. La P 2 non era il regno del male descritto dalla Commissione Anselmi e nemmeno una combriccola di allegri affaristi come emerso dalle indagini della magistratura. Ogni tanto, quando ascoltavamo i testimoni, domandavo: “La P2 poteva essere un centro di irradiazione dell’oltranzismo atlantico?”. E che altro possiamo pensare che fosse, èla risposta comune. Jucci lo dice benissimo. Infatti la P 2 non rappresenta l’Alleanza atlantica, ma l’oltranzismo».Con iscritti molti militari…«Chiedevano in tanti di iscriversi perché la P2 era come avere un super Nulla osta di sicurezza. Lo stesso generale Dalla Chiesa si iscrisse perché si sentiva debole per la concorrenza interna all’Arma. La storia italiana, se la si guarda con serenità, nelle linee generali è chiarissima, sui particolari invece è facile perdersi».Non bisogna essere giallisti per comprendere che Jucci ha ragione quando spiega che per salvare Moro andavano pedinate alcune persone…«Bastava seguire, oltre ai “postini” della famiglia Moro, alcuni dell’Autonomia operaia v icini ai socialisti, se li avessero controllatigli investigatori sarebbero arrivati alle Brigate rosse. Ma a un certo punto emerge che non dovevano fare più niente, restare immobili. E Cossiga ha sofferto di questo».È in questo quadro che i vari leader della politica e dell’intelligence apprendono che c’è un documento di Gladio in mano alle Brigate rosse, giusto?«Moro, attraverso il suoentourage,aveva rivelato l’esistenza di Gladio a dei marxisti-leninisti rivoluzionari.Era dunque un traditore dell’Alleanza e non meritava di essere salvato».Ma perché nemmeno dall’Unione sovietica attraverso l’agente del Kgb Giorgio Conforto?«In quel mondo diviso in due, Moro non era gradito all’oltranzismo atlantico, ma nemmeno a chi stava oltre la cortina di ferro. Erano contrari al comunismo di EnricoBerlinguer e all’ipotesi di un governo Dc con il Pci. Insomma, ècronaca di una morte annunciata».Torniamo al documento di Gladio.«Me ne parlò l’ammiraglio Fulvio Martini, ex capo del Sismi, il servizio segreto militare, quando stavo lasciando il Senato. Mi volle incontrare a casa sua, mi offrì un ottimo whisky torbato e mi parlò di uno scontro con il ministro della Difesa Attilio Ruffini. Il quale aveva detto una frase del tipo “Possiamo stare tranquilli”, mentre Martini non lo era affatto e aveva risposto.“Tranquilli come, se dalla cassaforte del ministero è scomparsa la comunicazione della strategia della rete Nato Stay Behind ?”. E cioè il documento di 17 pagine che stava in via Fracchia».Via Fracchia, 28 marzo 1980, dopo le confessioni di un brigatista pentito arrivano gli uomini del generale Dalla Chiesa. Vengono uccisi tre brigatisti e la padrona di casa…«Già, i carabinieri sparano con i fucili a pompa e però uno solo di questi brigatisti, Riccardo Dura, si ritrova con un colpo alla nuca».Che cosa vuol dire?«Faccio un’ipotesi. Se nel giardino spunta il documento di Gladio, chi lo sapeva? Di certo Dura. Quando ho sentito Dalla Chiesa, ripeteva che il loro obiettivo era trovare le carte di Moro. Non credo che il memoriale fosse così interessante, ma se pensiamo a un documento segretissimo della Nato…».