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 2024  marzo 05 Martedì calendario

I 98% degli abiti di Stella McCartney è ecosostenibile


DALLA NOSTRA INVIATA
Parigi Ci sono papà Paul e «zio» Ringo: un pezzo di storia della musica. Poi c’è il sole e il cielo azzurro: una bella giornata come non se ne vedevano da tempo. Infine l’obiettivo è quasi raggiunto: il 98 per cento degli abiti che sfilano sono sostenibili. «Come posso non essere felice?», dice Stella McCartney sorridendo e guardando negli occhi le decine e decine di persone che l’hanno presa d’assalto dopo uno show fra i più belli presentati dalla designer inglese in venti anni e più. Un guardaroba completo e cresciuto per una giovane donna che lavora e vive e rispetta il mondo attorno: i tailleur dalle giacche con le spalle importanti («ci ho messo tre anni per metterle a punto») con i pantaloni maschili («solo una donna sa come farli cadere bene su di un’altra donna») o (per le più temerarie) con gli short da runner (sempre in tweed), ai jeans tempestati di paillettes o tutti un’apertura laterali, pullover ibridati con il tweed, pastrani di maglia con lo strascico o pellicce di lana voluminose o le nuove Falabella giganti in edizione limitata.
Lo show è anche un manifesto, lanciato da Stella in prima persona con un vocale spedito agli invitati, al grido di «fucking time», «fottuto tempo». Poi un manifesto letto dalle celebri attrici premio Oscar Olivia Colman e Helen Mirren – pronunciato dalle labbra di eco attivisti sugli schermi sostenibili collocati tutto intorno alla sala nel Parc André Citroën. Un appello della Madre Terra, all’essere umano, sintetizzabile così: «Io ti amo, tu mi ami ancora? Dimostramelo». Da sempre la designer figlia di Paul dei Beatles ma anche di Linda, storica attivista «verde» ha fatto sua questa missione. Alla rabbia di tanti risponde con i fatti e la fiducia: «Mi sento grata. Non voglio arrabbiarmi. Questa sfilata celebra tutte le creature di questa terra. Ci ricorda di essere grati e connetterci l’un l’altro. Parla di energia positiva e di rispetto. Arrabbiarsi per quello che succede non serve. Preferisco cercare delle soluzioni. Mi sento ottimista riguardo i cambiamenti che stiamo facendo».
Corsetti, busti, lingerie, abiti di raso e chiffon e tacchi a spillo e una carica di erotismo di quelle che non se ne vedevano da tempo sulle passerelle. Così lo show di Mugler by Casey Cadwallader alla Fashion Week di Parigi. Uno spettacolo in quattro «atti», scanditi da sipari che cadono di volta in volta, interpretato da top come Precious Lee e Paloma Elsesser, Kristen McMenamy, Eva Herzigova e Farida Khelfa e tante altre che entravano in scena «aggredendo» e flirtando con sguardo e passo le telecamere che le seguivano ovunque.
Anche per Chitose Abe di Sacai «la moda è l’armatura per sopravvivere alla realtà della vita quotidiana», prendendo a prestito una frase del fotografo Bill Cunningham. Ma lei al contrario di Casey protegge le donne con abiti che coprono e avvolgono, over e di tessuti ibridati (pelle, tweed e piumino, per esempio): trench e caban, picot e cappotti. Sotto sempre stivali delle sette leghe che sono doppiati pelle con la gamba dei pantaloni. Da Zimmermann l’inverno (australiano) è più colorato e leggero: così abiti e gonnellone di chiffon a fiori ma anche jeans e blouson e tanta pelle raccontata attraverso lo street: la gonna cargo o le bermuda di maglia con il cardigan che sono il nuovo completo. Da Marine Serre sfilano in tute aderenti con l’iconica mezza luna e abiti trasparenti le donne (nonne, mamme e figlie) e anche fake : in passerella una modella in completo di pelle e camicia bianca, è scambiata da tutti (con post vari) per Kate Moss, ma non lo è. Ma il senso?