il Fatto Quotidiano, 5 marzo 2024
La nascita di Wikileaks
Il modo per risolvere la situazione è sparare in modo illegale a quel figlio di puttana”. Quando il 28 novembre 2010 WikiLeaks iniziò a rivelare i cablo della diplomazia americana, scosse l’intera politica mondiale, dal presidente americano, Barack Obama, all’allora primo ministro russo Vladimir Putin, giù giù fino agli opinionisti americani, come Bob Beckel, che, sul canale televisivo Fox News, invitò a risolvere il caso una volta per tutte, sparando a quel “son of a bitch” di Julian Assange. E dai repubblicani ai democratici, le minacce, fisiche o legali, fioccarono.
Da quel lontano 2010, il fondatore di WikiLeaks non ha più camminato per la strada da uomo libero. Mentre scriviamo, si trova nel carcere più duro del Regno Unito, Belmarsh, da cinque anni, senza processo: è in attesa della decisione della High Court sulla sua estradizione negli Stati Uniti, dove rischia 175 anni in una prigione di massima sicurezza per rivelazioni come i cablo.
I documenti secret, vietati agli stranieri
I cablo erano documenti che arrivavano fino al livello di classificazione secret/noforn, ovvero segreti e che non potevano essere rilasciati a cittadini di nazionalità non americana. Si trattava delle corrispondenze che 260 ambasciate e consolati americani, presenti in ben 180 nazioni, avevano inviato al Dipartimento di Stato a Washington – l’organo del governo degli Stati Uniti responsabile per la politica estera e le relazioni internazionali. Andavano dalla fine del 2001 fino a febbraio 2010.
Da sempre i cablo rimangono classificati per decenni e, di norma, quando la segretezza decade, sono passati trenta-quarant’anni o anche più, quindi a quel punto i fatti che rivelano sono così lontani nel tempo che interessano solo agli storici di professione.
Ma per la prima volta nella storia, grazie a WikiLeaks e alla sua fonte, Chelsea Manning, fu possibile leggere quelle corrispondenze attualissime, scoprendo come il segreto di Stato veniva usato non per proteggere la sicurezza dei cittadini, ma per coprire scandali, violazioni dei diritti umani, pressioni politiche in ogni nazione del mondo.
Molti dei cablo rivelavano vicende a dir poco esplosive, come l’ordine di raccogliere intelligence sui funzionari di più alto livello delle Nazioni unite, tra cui l’allora segretario generale Ban Ki-moon. Tra le informazioni richieste c’erano i loro dati biometrici – che potevano includere il Dna, le impronte digitali e le scansioni dell’iride – e anche informazioni tecniche sui loro sistemi di comunicazione, tra cui le password e le chiavi di cifratura.
Putin, tra organizzazioni criminali e servizi segreti
Alcune delle rivelazioni più interessanti erano quelle sulla Russia, che la diplomazia americana dipingeva, dal suo punto di vista, ovviamente, a tinte molto fosche, riportando non solo le accuse di grave corruzione, ma anche le analisi del procuratore antimafia spagnolo José Grinda González, che descriveva Russia, Bielorussia e Cecenia come nazioni virtualmente in mano alla mafia. “Per ciascuno di questi paesi”, affermava, “non era possibile distinguere tra le azioni dei governi e quelle dei gruppi della criminalità organizzata”. Il procuratore spagnolo, che la diplomazia americana considerava un professionista “rigoroso con una profonda competenza in materia”, era arrivato a dire agli americani di concordare con una “tesi” di Aleksandr Litvinenko, l’ex spia russa avvelenata nel 2006 a Londra con una dose di polonio.
Secondo Litvinenko, i servizi segreti come l’Fsb, erede del Kgb, l’intelligence militare Gru e quella per l’estero, Svr, “controllano la criminalità organizzata in Russia”. Il magistrato spagnolo Grinda González aveva concluso: “La strategia del governo russo è usare la mafia per fare quello che non può fare in modo accettabile come governo”.
Il leviatano del complesso militare-industriale
Se il ritratto della Russia era a tinte fosche, quello degli Stati Uniti, che affiorava dalle parole e dalle azioni degli stessi diplomatici americani, non era di certo edificante. Dalla Germania all’Italia, da Haiti all’Afghanistan, i documenti permettevano di scoprire le pressioni politiche per garantire l’impunità agli uomini della Cia, responsabili di torture e gravissime violazioni dei diritti umani; con quali sistemi gli Stati Uniti si garantivano l’appoggio per le loro Forever Wars; il modus operandi del complesso militare-industriale americano, e infine la brutalità del loro capitalismo, supportato dalla diplomazia più potente del mondo. Uno degli esempi di questa brutalità affiorava dai cablo su Haiti, dove i diplomatici statunitensi dettero una mano alle aziende tessili locali – che lavoravano per conto delle multinazionali statunitensi dell’abbigliamento, come Levi’s o Fruit of the Loom – a impedire l’aumento dei salari a 62 centesimi all’ora. Si trattava di uno stipendio che avrebbe garantito un salario minimo di 5 dollari al giorno, in un paese in cui un nucleo familiare di tre persone, in cui una lavorava e le altre due erano a carico, aveva bisogno di almeno 12,50 dollari al giorno solo per sopravvivere.
La democratizzazione dell’informazione
I cablo, come tutti i documenti di WikiLeaks, rimangono accessibili sul sito dell’organizzazione, in modo che giornalisti, ricercatori, studiosi, giuristi, attivisti e cittadini comuni possano cercare i fatti a cui sono interessati, utilizzare i documenti per chiedere giustizia in tribunale e anche verificare come i giornalisti li hanno riportati nei loro articoli: ne hanno scritto fedelmente oppure li hanno distorti, esagerati o censurati? Questo processo di democratizzazione dell’informazione ha dato potere ai lettori comuni: non erano solo recipienti passivi di quello che riportavano giornali, televisioni, radio, ma per la prima volta avevano accesso diretto alle fonti primarie e questo diminuiva l’asimmetria tra chi aveva questo privilegio, come i reporter, e chi no.
Quattordici anni dopo la loro pubblicazione, gli Stati Uniti non hanno mai portato un solo esempio di individui uccisi, feriti, incarcerati a causa della pubblicazione dei cablo e dei documenti segreti del governo americano per cui Julian Assange rischia 175 anni.