Il Messaggero, 5 marzo 2024
Facebook chiude le news
ROMA Il governo australiano è già sul piede di guerra. Ma non sarà un’impresa facile spingere Facebook a fare un passo indietro sulla decisione di disinvestire nelle news anche in Australia e Stati Uniti, dopo la scelta già agli atti in Germania, Francia e Uk. Nel dettaglio, la piattaforma del gruppo Meta chiuderà dal prossimo aprile la sezione Notizie lanciata dal social media nel 2019 dopo accordi con diversi gruppi editoriali tra cui il New York Times, il Wall Street Journal e la Cnn. Non è un affare da poco visto che Facebook si era impegnata tre anni fa a pagare un miliardo di dollari ai media di tutto il mondo per l’uso dei suoi contenuti di notizie. E ora che questi accordi in scadenza non verranno rinnovati si rischia una valanga sull’editoria di questi Paesi, che temono la perdita di posti di lavoro. Senza contare che la questione considerata cruciale di tributare un compenso agli editori tiene banco da tempo in tutti i Paesi, compresa l’Italia.
I PERICOLI In realtà il servizio Facebook News non è mai stato lanciato nel nostro Paese. Meta aveva pianificato di portarlo in Brasile e in India ed evidentemente non lo farà più. Ma la rotta presa dal gruppo che controlla anche Instagram e WhatsApp rischia di scrivere una pagina buia nel capitolo dei rapporti tra i Big tech e gli editori che producono informazioni di qualità. Ecco perché questa vicenda «preoccupa» anche il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’informazione e all’editoria, Alberto Barachini. E questo principalmente per due ragioni. «Primo, perché i social fanno parte ormai dei canali di distribuzione dell’informazione tradizionale e delle abitudini di fruizione dei cittadini e si profilerebbe, quindi, una riduzione della diffusione dei contenuti giornalistici su larga scala», ha spiegato ieri al Messaggero. Non solo. «Analizzando la scelta di Meta», ha continuato il sottosegretario, «sembra esserci un collegamento non virtuoso con le norme che impongono alle piattaforme di compensare gli editori per la riproduzione degli articoli». Di qui gli effetti indiretti che minacciano l’intero comparto dell’editoria. Questo, ha spiegato infatti Barachini, «crea una forte apprensione anche per il futuro degli accordi con l’Italia e per l’ecosistema complessivo dell’informazione». E dunque, «mi auguro che, comprendendo l’impatto reputazionale del comparto news, Meta torni sui propri passi», ha concluso.
LO SCONTRO CON CANBERRA Tornando all’ultimo affondo in Australia, il primo ministro, Anthony Albanese, ha definito la decisione di Meta «insostenibile» annunciando anche provvedimenti precisi contro il colosso tecnologico. Del resto, non deve essere un caso se la scelta di Facebook è arrivata proprio nel momento in cui la piattaforma di Mark Zuckerberg è entrata in rotta di collisione col governo australiano per gli effetti di una legge del 2021 che costringe i colossi del web, tra cui anche Google, a compensare gli editori per la riproduzione di articoli, vista la diffusione sulle loro piattaforme di contenuti giornalistici e un beneficio sulle entrate pubblicitarie. «Le notizie rappresentano meno del 3% di ciò che le persone di tutto il mondo vedono», ha puntualizzato la società che fa capo al gruppo Meta, facendo presente che la decisione «fa parte di uno sforzo continuo per allineare meglio gli investimenti ai prodotti e ai servizi che le persone apprezzano di più».
In un post ufficiale Facebook ha poi spiegato che il numero di persone che usavano la sezione Notizie in Australia e Usa è crollato dell’80% nell’ultimo anno e che le news, in genere, «sono solo una piccola parte dell’esperienza sulla piattaforma per la maggior parte degli utenti». Meta ha fatto sapere inoltre che non verrà meno il suo impegno a rendere affidabili le informazioni che circolano sul social grazie agli accordi con i fact checkers e che gli utenti potranno comunque visualizzare i collegamenti agli articoli di notizie su Facebook. Il gruppo ha precisato però che «non stipulerà nuovi accordi commerciali, nè in futuro offrirà nuovi prodotti specifici per gli editori». Infine, ha detto, la decisione «non impatterà sugli accordi esistenti con gli editori in Australia, Francia e Germania». Mentre si sono già chiusi quelli negli Usa e Regno Unito.